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Il primo incontro con uno psicologo: come superare l’imbarazzo e chiedere semplicemente aiuto

Durante il primo incontro, lo psicologo accoglierà e ascolterà i motivi che ti hanno portato a chiedere il suo intervento, darà informazioni sulle modalità e sui costi delle sue attività, per poi valutare liberamente insieme le strade da percorrere. Quindi metti da parte ansia e incertezze e preparati a una semplice conversazione.
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Dott.ssa Samanta Travini Psicologa Psicoterapeuta
29 Novembre 2019 * ultima modifica il 29/11/2019

Ti sei mai sentito così in difficoltà da aver bisogno di chiedere un aiuto? Niente paura, è umano e capita a più persone di quanto tu possa immaginare. Tutti nella vita ci siamo trovati di fronte a momenti difficili da affrontare: una separazione, una crisi di coppia, un forte disagio, un tradimento, un lutto o in generale situazioni emotive che fanno stare male.

Quando si decide di chiedere aiuto a uno psicologo spesso si prova ansia, incertezza e, probabilmente, una serie di preoccupazioni che vanno dalla paura di non trovare posto, a quella di trovarlo, a quella di dover andare davvero a parlare di te, oppure semplicemente di non trovarti bene. È normale, non temere. Nessuno affronta questi primi momenti con leggerezza. È un passaggio delicato che ha bisogno di tutto il tuo coraggio e della tua forza di volontà. Come in tante situazioni importanti nel corso della vita, infatti, il primo contatto con uno psicologo porta con sé una scia di emozioni contrastanti tra loro, non facili da gestire.

Come si svolge il primo incontro

Il primo colloquio con lo psicologo è un momento delicato. Ricordati che l’ansia, che nel frattempo non ti avrà lasciato in pace, potrà portarti a provare preoccupazione per la situazione incerta, o per il fatto che dovrai parlare di te non sapendo bene cosa dire, oppure potrebbe capitarti di sentire tristezza o rabbia perché stai facendo fatica ad adattarti all’idea che stai chiedendo aiuto a qualcuno.

Durante il primo incontro lo psicologo ti chiederà la ragione per cui hai sentito il bisogno di cercare aiuto e farà altre domande per avere una visione più chiara possibile del tuo vissuto. Ricordati che lo psicologo non è lì per giudicare, ma per ascoltarti e accoglierti. Il primo colloquio non è altro che una conversazione, di circa un’ora, in cui il paziente espone liberamente il suo problema e  lo psicologo cerca di capire insieme a lui la situazione generale.

Nessun giudizio da parte del terapeuta, nessuna insistenza su ciò che il paziente vuole o non vuole dire di sé. Parlare con un professionista dei tuoi problemi e intraprendere un percorso di comprensione può sollevarti da un grande peso, ritrovando armonia nella tua vita personale e professionale. Ricorda che lo psicologo, oltre a essere un professionista, è una persona e per questo non sempre a prima vista potrebbe andarti a genio. Le prime sensazioni sono importanti, ma dovresti darti tempo prima di renderle definitive.

A cosa serve il primo colloquio

Lo scopo principale del primo colloquio è quello di conoscere, a grandi linee, la persona che si ha davanti e il problema che l’ha spinta a venire da noi. Per questo le domande, se necessarie, riguarderanno la situazione di vita attuale della persona più ancora della sua storia individuale e familiare (che verrà approfondita nei colloqui successivi). Dopo aver “conosciuto” meglio la persona le domande saranno incentrate sul sintomo (ove presente) o sul disagio che viene portato. Lo scopo sarà quello di definire meglio possibile i contorni del problema e di capire anche che tipo di cure/soluzioni la persona ha tentato prima di rivolgersi allo psicologo e che tipo di esito hanno avuto.

Al termine del primo incontro lo psicologo ti fornirà alcune prime impressioni. Una singola seduta non è sufficiente a mettere a fuoco la situazione e il problema, quindi ti verrà indicato chiaramente come si potrà proseguire. In questa fase è importante che anche tu esprima le tue impressioni, o le tue perplessità.

Se hai bisogno di chiarimenti chiedili. Lo psicologo ti avrà probabilmente fornito alcune informazioni circa la sua pratica clinica, il suo orientamento ed eventualmente le tecniche che utilizza, ma tu fai pure le domande che ritieni importanti.

Proviamo adesso a riflettere su alcuni dei “miti falsi e più falsi” diffusi rispetto alla figura dello Psicologo, poiché ci potrà essere molto utile per capire cosa realisticamente egli fa e rappresenta e cosa invece non fa:

"Dallo psicologo vanno solo i matti/i deboli"

Dallo psicologo vanno le persone, per una gamma molto vasta di problematiche, necessità e desideri, cui seguiranno risposte e tipologie di lavoro anche molto diverse tra di loro, commisurate a necessità e obiettivi. La scelta di rivolgersi ad uno psicologo quando se ne percepisce l’esigenza non è sinonimo di “matto”, ma al contrario di persona presente a se stessa, nel pieno della sua coscienza, né di “debole”, trattandosi anzi di una scelta di grande coraggio e responsabilità."

"Lo psicologo lavora più che altro con il disagio"

Di nuovo, lo psicologo lavora con le persone, con quello che hanno dentro e con una domanda, un bisogno, che esse portano. In primo luogo è da chiarire che lo psicologo non interviene sempre o solo su una sofferenza già in atto, ma opera anche in termini di prevenzione e/o di crescita e sviluppo personale: promuove cambiamenti, supporta svolte decisionali, aiuta la persona ad acquisire consapevolezza su qualcosa che ha dentro, che riguarda se stessa o le sue relazioni.

Lo scopo non è quello di aderire a un’etichetta e lavorare su etichette, bensì di giungere a una comprensione della sofferenza che la persona stessa esprime, attraverso le sue stesse parole; definire un problema e un bisogno, e giungere a una descrizione dinamica delle modalità di funzionamento della persona, con le sue risorse e difficoltà.

"Lo psicologo si occupa comunque più di disagio, mentre altre figure offrono una semplice consulenza su un problema circoscritto"

In aggiunta a quanto già descritto, la consulenza su un problema, che sia circoscritto o più ampio, riguardante la sfera psicologica e relazionale, è stretta competenza dello psicologo. Posto che per migliorare noi stessi, per acquisire consapevolezza, per crescere interiormente, per risolvere un problema (ecc.), si può ricorrere a svariate esperienze o tipologie di relazioni, qualora si percepisca il bisogno di un aiuto professionale, è da sapere che lo psicologo è il professionista peculiarmente e legalmente formato per fare tutto questo. Contrariamente a ciò che si può immaginare, la sua formazione, a partire da quella universitaria, non coinvolge solo lo studio della sofferenza psicologica, ma, in primis, lo studio del funzionamento psicologico di base e delle sfide evolutive che naturalmente il vivere ci pone lungo l’intero arco di vita.

"Il percorso psicologico richiede tempi troppo lunghi"

Il lavoro da affrontare, le fasi e i tempi di cui necessita, dipendono dall’obiettivo che ci poniamo. Il tutto viene concordato nel contesto degli incontri iniziali: dopo una prima fase di conoscenza reciproca e di definizione dei bisogni e obiettivi della persona, è possibile pianificare insieme un percorso di lavoro stringendo un’ “alleanza”, di cui l’unico fine, condiviso, è il benessere della persona. Sarà poi possibile anche rivedere e ridefinire in itinere, il piano di lavoro, ma in buona parte esso viene concordato inizialmente, ed il tempo di cui necessiterà dipende appunto dalla qualità degli obiettivi prefissati e dei risultati che vogliamo ottenere.

"Lo psicologo mi dirà come devo essere e/o cosa devo fare"

Lo psicologo non fornisce, in nessun caso, né giudizi di valore né direttive sul modo di essere e di agire delle persone. Non compie scelte al loro posto, non si sostituisce ad esse, a ciò che provano, pensano, o scelgono di fare, in alcun modo. Lo psicologo accoglie una persona esattamente per ciò che essa è, attraverso un ascolto empatico, ovvero un ascolto del suo mondo “come se” fosse il proprio, senza mai dimenticare, tuttavia, il “come se”.

Come già accennato, la persona è e resta l’unica esperta-artefice di se stessa e della propria vita, mentre lo psicologo offre strumenti professionali di ascolto, comprensione e intervento riguardo a processi psicologici e relazionali.

Accorgerti che il tuo corpo ha bisogno di un medico è abbastanza semplice, capire quando è la tua psiche ad avere bisogno di aiuto è molto più difficile.

È consigliabile iniziare una psicoterapia quando:

  • il malessere interferisce con le nostre incombenze quotidiane, quando facciamo fatica a concentrarci, lavorare o stare bene con le persone care;
  • ci sentiamo particolarmente preoccupati o molto tristi senza una reale motivazione o magari abbiamo dei comportamenti inspiegabili;
  • evitiamo situazioni o luoghi per il timore che possano crearci dei profondi disagi (prendere un aereo, frequentare luoghi affollati);
  • il disagio psicologico, originato da eventi particolari (un lutto, una separazione o un cambiamento inaspettato) si protrae nel tempo e non si riesce più a razionalizzarlo;
  • abbiamo bisogno di un incontro, di un confronto per chiarirsi le idee e interpretare in modo più sereno gli eventi della nostra vita.

Psicologo, psichiatra e psicoterapeuta

Come si evince dalla radice psychè, comune alle tre parole, si tratta di professionisti che si prendono cura della psiche (parola che oggi utilizziamo soprattutto come sinonimo di mente ma che nel greco antico indicava l'anima). Le differenze riguardano principalmente i percorsi formativi e quindi le modalità con cui queste figure professionali inquadrano e curano la sofferenza psichica.

Lo psichiatra è un medico, iscritto all'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, con una successiva specializzazione in Psichiatria. Può prescrivere farmaci ed è principalmente (anche se non esclusivamente) questa la modalità attraverso cui cura.

Lo psicologo ha conseguito una laurea in Psicologia (dopo un percorso di studi della durata di 5 o 3+2 anni) ed è iscritto alla sezione A dell'Albo Professionale dell'Ordine degli Psicologi. Non può prescrivere farmaci; individua e tratta la sofferenza psicologica attraverso colloqui clinici e strumenti psicodiagnostici.

Sia i medici, anche non psichiatri, che gli psicologi possono diventare psicoterapeuti accedendo alle apposite scuola di specializzazione di durata almeno quadriennale. La formazione in psicoterapia consiste nell'approfondimento di un modello teorico e clinico del funzionamento mentale (come quello sistemico-relazionale) e in un lavoro sulla persona del terapeuta che è indispensabile abbia buona consapevolezza di sé prima di poter essere d'aiuto agli altri.

Cosa succede dopo il primo colloquio

Lo scopo non è quello di pervenire ad un’etichetta e lavorare su di essa, bensì di giungere a una comprensione della sofferenza che la persona stessa esprime, attraverso le sue stesse parole.

Una volta individuata la sofferenza e il nodo problematico portato dal paziente lo analizziamo e poi insieme allarghiamo progressivamente il campo di osservazione. Mettiamo in discussione le ipotesi costruite inizialmente e prendiamo in considerazione elementi nuovi e non previsti. A questo punto diventa per me possibile restituire al paziente una descrizione dei fatti da lui condivisibile e basata su quello che ha detto, ma fondata su premesse incompatibili con quelle da cui lui era partito.

Il lavoro terapeutico serve dunque a rinarrare le storie che i pazienti portano, trovando altre significati, altre possibili spiegazioni, nuova visone che accrescono la consapevolezza. Attraverso domande, differenti idee e riflessioni si cerca così di giungere a un’altra visione del problema a una nuova prospettiva attraverso cui osservare le cose.

Laureata in psicologia clinica dello sviluppo e neuropsicologia, si occupa di sostegno psicologico per individui, coppie e famiglie con particolare attenzione altro…