In arrivo fondi per compensare le perdite di pere e kiwi: perché il raccolto è stato così basso

La grande sete non è finita per il Paese: gli effetti del riscaldamento globale minacciano i raccolti degli agricoltori. In arrivo nuovi aiuti statali.
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Francesco Castagna 16 Febbraio 2024

Un crollo catastrofico, una caduta a terra senza atterraggio. Così si può descrivere il calo della produzione delle pere, kiwi altri frutti negli ultimi cinque anni, secondo il quadro descritto dall'Alleanza Cooperative Agroalimentari con il supporto di Nomisma. Stando alle stime, l'Italia avrebbe perso circa il 75% del suo raccolto, con una produzione totale che si ferma a 180mila tonnellate rispetto alle 926mila di 12 anni fa.

Per cercare di arginare una situazione già critica il Governo italiano ha stanziato ulteriori fondi per compensare le perdite di kiwi e pere: secondo quanto si apprende da "Il punto di Coldiretti", il giornale dell'associazione di categoria, dal 14 marzo sono attivi gli aiuti ed è possibile presentare domanda per ottenerli. Le risorse disponibili per gli agricoltori ammontano a 23 milioni, di cui 18 sono destinati a chi coltiva pere, mentre i restanti cinque riguardano i produttori di kiwi. Questo è quanto è stato stabilito dal decreto del ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare del 13 novembre 2023, secondo cui le domande possono essere presentate dal 14 marzo e fino al 15 aprile del 2024.

Soffrono le Regioni del nord, principali coltivatrici del frutto in Italia, che purtroppo non riescono più a garantire al Paese il primato di in Europa. Solo nel 2023 infatti il raccolto di pere è crollato nuovamente del 60%, sulla produzione hanno pesato sicuramente i forti eventi atmosferici che hanno colpito il nord Italia, specialmente le due alluvioni in Emilia-Romagna.

Come le pere, anche le mele (-50%) e le ciliegie (-50%) e i kiwi, che secondo Coldiretti vedono una "riduzione della produzione nel 2023 pari al 15% rispetto all'anno precedente". E per l'Italia è un segnale davvero poco incoraggiante, essendo tra i tre produttori a livello mondiale di kiwi insieme alla Cina e alla Nuova Zelanda, con il Lazio come regione in testa per la coltivazione, seguita dall'Emilia-Romagna.

L'allarme era già stato lanciato nel 2020 dall'Arsal, l'Agenzia regionale per lo Sviluppo e l'innovazione dell'agricoltura del Lazio, che aveva ripreso i dati del Centro Servizi Ortofrutticoli (CSO) di Ferrara, mostrando come "Al 30 novembre 2020 le giacenze rilevate a partire dalla raccolta sono quantificate in 203.079 tonnellate su 232.642 di prodotto disponibile contro le 218.590 dell’anno precedente, mentre il volume delle vendite riferito alla campagna 2020/21 si è fermato a 29.563 tonnellate (12,6% del raccolto), contro le 40.301 (15,6%) registrate esattamente un anno prima, quando la quantità di prodotto commercializzabile era pari a 258.891 tonnellate". Numeri in continua decrescita dunque, che mettono a serio rischio la leadership italiana nell'Unione Europea e provocano anche la scomparsa di centinaia di posti di lavoro di contadini da sempre abituati a lavorare questo prodotto.

Dati alla mano dunque, nel 2023 l'Italia ha contribuito alla produzione europea di kiwi con 365.137 tonnellate, pari al -15% rispetto all’anno precedente. Tutte le agenzie territoriali che le associazioni di settore, come Coldiretti e Confagricoltura, segnalano che il motivo non è da ricercare in una variazione delle preferenze degli italiani, bensì nei fenomeni atmosferici dovuti al riscaldamento globale: forte caldo, assenza di piogge, proliferazione di insetti che con il caldo si riproducono maggiormente e attaccano le coltivazioni fruttifere.