La difesa del torrente Alberone e del suo territorio, una storia che vorrai conoscere

Aran Cosentino è un ragazzo di 16 anni che dopo aver scoperto per caso l’esistenza di un progetto per la costruzione di una centralina idroelettrica proprio sul torrente vicino casa sua, fonda un comitato e raccoglie quasi un migliaio di firme. Alla fine, l’azienda si ritira. Un esempio che anche tu puoi seguire per difendere la tua zona.
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Giulia Dallagiovanna 30 Gennaio 2019

A volte per difendere l'ambiente non serve scagliarsi contro le grandi opere pubbliche, ma basta guardare ciò che succede dietro casa tua. È questa la storia di un ragazzo, Aran Cosentino, e del comitato "Amici del torrente Alberone", che grazie a una serie di proteste e raccolta di firme, hanno contribuito a fermare per ben due volte la costruzione di una centralina idroelettrica, che avrebbe messo a repentaglio la fauna e la flora della zona, senza portare benefici concreti.

Un piccolo torrente in un piccolo comune

L'Alberone è un torrente che nasce dal monte Matajur, al confine tra il Friuli-Venezia Giulia e la Slovenia, e scorre per circa 8 chilometri, bagnando anche il comune di Savogna, in provincia di Udine. È in questo piccolo centro urbano, e più precisamente nella frazione di Ieronizza, che abita Aran Cosentino, un ragazzo di 16 anni che ha fondato il comitato "Amici del Torrente Alberone".

Nell'agosto del 2016, all'età di 14 anni, sta navigando sul sito della regione Friuli, quando scopre che proprio sotto casa sua un'azienda locale, la Sunex2 srl, aveva in progetto di costruire una centralina idroelettrica che avrebbe dovuto sfruttare la corrente dell'Alberone. Un corso d'acqua con la portata massima di soli 798 litri al secondo, troppo poca per giustificare un impianto simile.

Il comitato inizia a informarsi sul tipo di impatto ambientale che avrebbe potuto procurare la centralina. "Abbiamo effettuato uno studio grazie a persone competenti e abbiamo scoperto che c’erano altri comitati che avevano o avevano avuto lo stesso problema: aziende che sfruttavano la scusa di costruire centraline per produrre energia da fonti rinnovabili, ma che in realtà miravano soprattutto a ottenere gli ecoincentivi previsti dal governo", ha spiegato Aran.

Una produzione troppo scarsa

Tra i tecnici contattati dal comitato, c'è anche il geologo Dario Tosoni, referente per il Friuli Venezia Giulia del Coordinamento nazionale tutela fiumi (Free Rivers Italia). È lui a spiegare a Ohga come la scarsa produzione assicurata da questo tipo di impianti non giustifichi l'impatto ambientale che inevitabilmente hanno:

"Leggendo il rapporto statistico del Gestore Servizi Elettrici del 2016 risulta che la produzione elettrica di queste centraline è davvero insignificante: nell’anno 2016 tutti i 2745 impianti collocati sul territorio italiano hanno prodotto 2,639 TWh, che corrispondono solamente allo 0,8% del totale dell’energia consumata in quell'anno, pari a 314,3 TWh".

Non solo, ma mentre il numero delle centraline è continuato a salire, non si può dire altrettanto del volume della loro produzione che è rimasto invariato, quando non è addirittura diminuito. "L’arco temporale compreso tra il 2003 e il 2016 – si legge ancora nel rapporto – è stato caratterizzato soprattutto dall'installazione di impianti di piccole dimensioni; la potenza installata in Italia è cresciuta secondo un tasso medio annuo dello 0,7%". Non solo ma rispetto al 2015 la capacità di produzione degli impianti "è rimasta pressoché invariata".

E questo dipende anche dal fatto che, come ti sarai accorto anche tu, la quantità di pioggia annuale sta diventando sempre più bassa, purtroppo. Come puoi vedere, la scusa di contribuire a ridurre le emissioni di CO2 non sembra reggere.

Nel grafico disegnato dal geologo Dario Tosoni, puoi vedere come all’aumento del numero di centraline idroelettriche (in rosso) non abbia corrisposto una maggior produzione di energia (in blu)

L'impatto sull'ambiente

Finora ti ho parlato di piccoli torrenti, piccoli comuni e piccole centraline. Non sono piccoli, invece, i danni all'ambiente della zona che un impianto del genere avrebbe potuto provocare. Quello più evidente è sicuramente la deturpazione del paesaggio e l'impossibilità di sfruttare il corso d'acqua in estate per fare il bagno. E non è un fatto da poco, se consideri che oggi solo il 2% di tutti i fiumi italiani si trova ancora in condizioni di elevata naturalità.

Ma scendendo più nel dettaglio, le ripercussioni avrebbero potuto essere ben più gravi. Costruire una centralina, significa convogliare l'acqua in una serie di tubi e, di conseguenza, svuotare il letto del torrente. Secondo la direttiva europea sulle acque del 2000, bisogna assicurare che un decimo dell'acqua rimanga nel bacino e lo mantenga in vita. Ma un prelievo massiccio in un torrente così piccolo sconvolgerà comunque l'ecosistema.

Per prima cosa, aumenterà la sua temperatura perché l'acqua si scalderà più facilmente. I primi ad avvertire questo cambiamento saranno i pesci, che inizierebbero a riprodursi con meno frequenza. Non solo, ma l'Alberone è anche uno dei pochi torrenti dove ancora si può trovare il gambero d'acqua dolce, una specie protetta a livello europeo.

Il gambero d’acqua dolce, specie protetta a livello europeo

Devi anche tener presente che un fiume dalla portata ridotta avrà anche meno capacità autopulenti. Significa in sostanza che farà più fatica a disperdere le sostanze inquinanti che vi potrebbero essere riversate. Un habitat che non sarebbe più favorevole nemmeno per le piante che crescono sulle sue sponde.

La costruzione di queste centraline comporta naturalmente dei lavori. Scavi di chilometri di gallerie, scavi lungo le sponde per sistemare i tubi e le opere di captazione dell'acqua, ricerca delle aree di deposito del materiale. Azioni che se non vengono compiute in modo attento, possono anche portare all'aumento del rischio di frane e smottamenti.

Ma i problemi non sarebbero concentrati solo nella zona dove scorre l'Alberone: "Diminuendo la corrente, verrebbe anche ridotta la quantità di detriti che il torrente, che poi confluisce nel fiume Natisone e arriva al mare, trasporta a valle. Ad aumentare sarebbe invece l'azione erosiva delle onde che, non trovando barriere, si abbatterebbe interamente sulle coste sabbiose", spiega Tosoni.

Gli incentivi sulle fonti rinnovabili

E arriviamo al punto cruciale di tutta la vicenda, gli incentivi che il decreto legge sulle rinnovabili assicura anche a impianti con la potenza inferiore a  1 MW, al fine di ridurre le emissioni provenienti dalla produzione di energia da fonti fossili.

Sarebbe questa, secondo il comitato "Amici del torrente Alberone", la ragione che ha spinto la Sunex2 a presentare il progetto alla Regione. Forse non lo sapevi, ma si tratta di soldi che in parte versi anche tu, tramite le aliquote inserite nella bolletta del consumo di energia elettrica.

"È giusto ridurre le emissioni – precisa Tosoni – ma se si dà un incentivo, bisogna che questo sia davvero efficace. In modo che il sacrificio fatto dal paese e dai cittadini, che lo pagano nella bolletta elettrica, sia ricompensato in termini di difesa dell’ambiente e di riduzione delle emissioni".

E come ti ho spiegato prima, un impianto così piccolo non produce sufficiente energia per registrare un impatto concreto sulle emissioni inquinanti. Meglio sarebbe invece destinare questi fondi al potenziamento e all'ammodernamento di grandi centrali idroelettriche: "Un esempio è la centrale di Soverzene, in provincia di Belluno, nella quale sono stati sostituiti le turbine e l'alternatore e la produzione è cresciuta del 10%, raggiungendo una quantità pari a quella di circa una ventina di piccole centraline", aggiunge il geologo.

E naturalmente, meglio ancora sarebbe destinare i finanziamenti ad altri tipi di interventi che possono alleggerire l'impatto dell'essere umano sul Pianeta, come l'efficientamento energetico delle case, il potenziamento della rete dei mezzi di trasporto e del car sharing, l'aumento della produzione di prodotti a chilometro zero.

La petizione del comitato

Il progetto per la costruzione della centralina idroelettrica non viene presentato in Regione una sola volta. Il primo tentativo avviene infatti nel 2016 e il comitato si mobilita immediatamente, riuscendo a raccogliere 390 firme. Arriva così uno stop che però non equivale per nulla a una vittoria.

A gennaio 2018 viene infatti presentato un nuovo piano, molto simile a quello già bocciato in precedenza. In questa occasione, le firme raccolte sono più di un migliaio e alla mobilitazione partecipano anche i comitati di zone vicine al comune di Savogna. La petizione vede l'adesione addirittura di Legambiente, Greenpeace e Arpa Friuli.

I tecnici della Regione hanno così modo di rendersi conto che l'impianto non avrebbe rispettato le norme per la tutela dell'ambiente imposte dalla direttiva europea e lasciano all'azienda sei mesi di tempo per le modifiche necessarie. La Sunex2 decide però di rinunciare definitivamente al progetto e, questa volta, sembra davvero una vittoria definitiva.

Secondo il comitato, i cambiamenti che la ditta avrebbe dovuto inserire sarebbero stati troppo dispendiosi a livello economico e non le avrebbero più permesso di guadagnare grazie agli incentivi ottenuti.

Abbiamo provato a contattare l'azienda e il 10 giugno 2019 è arrivata una loro mail di risposta che confermava il ritiro dal progetto: "Rispetto agli ultimi sviluppi nel settore specialmente in quello idroelettrico e negli annunciati tagli sia normativi che di incentivi previsti nella bozza del decreto FER disatteso dal 2016, le faccio presente che a fine 2018 abbiamo ritirato il progetto abbandonando l'iniziativa".

Ma al di là delle ragioni dietro al ritiro della Sunex2, quello che conta di più in questa storia è come un gruppo di abitanti che aveva a cuore la propria zona sia riuscita a difendere il territorio in cui vive. Una piccola vittoria che, sommata ad altre piccole vittorie simili, potrebbe invece rappresentare il punto di partenza per la lotta a favore del rispetto dell'ambiente.

"Il comitato "Amici del torrente Alberone" nasce con la partecipazione della famiglia, degli amici e di chiunque abbia a cuore la nostra zona – conferma Aran – ma si vuole estendere in tutti i campi della difesa dell'ambiente. Abbiamo ad esempio partecipato alla marcia per il clima, a Udine. Il nostro sguardo quindi è anche verso i problemi del Pianeta".

Credits: in Aran Cosentino, foto di Stefania Degan