“La mia bambina era come un’estranea”: Sabrina, mamma di Anita e Gioele, racconta la sua depressione post partum

Se non indicato espressamente, le informazioni riportate in questa pagina sono da intendersi come non riconosciute da uno studio medico-scientifico.
All’idea di aspettare un bambino, Sabrina era felice, ma spaventata. Dopo il parto, la depressione è arrivata come uno tsunami con crisi e atti di autolesionismo. Oggi Sabrina è mamma di due bambini, Anita e Gioele, ha affrontato questo disturbi nervoso e creato un gruppo Facebook per supportare altre mamme in difficoltà.
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Gaia Cortese 11 Novembre 2021

"Lui è venuto a casa e ha trovato mia figlia chiusa nel bagno. Nella culla, chiusa nel bagno. E io da sola che guardavo la televisione, ad alto volume, per non sentire il pianto. Sarà durato 5 minuti non sarà durato di più. Forse l’ho fatto apposta come gesto provocatorio per dire: “Guarda che io non ce la faccio più. Guarda cosa posso fare”.

Questo è il racconto di Sabrina, mamma di Anita e Gioele che per ben due volte ha sofferto di depressione post partum, una particolare forma di disturbo nervoso che può manifestarsi qualche settimana dopo il parto con uno stato di malinconia che può diventare un vero e proprio stato depressivo che rende difficile condurre una vita normale.

Come ti sei sentita dopo la nascita di Anita?

Mi sentivo un mostro perché tutti dicevano: "Che bello, sei mamma! Sarai felicissima!". E io, non lo ero. Io non ero felice di essere mamma. Vedevo questa bambina come se fosse un’estranea. Non riuscivo a riconoscerla come mia figlia. Avevo paura addirittura di farle del male. Il male invece lo facevo su di me. Ero arrivata all’autolesionismo. Quando arrivavo a quelle crisi forti, arrivavo a tagliarmi per calmarmi o a sbattere la testa contro il muro fino a farmi veramente male.

Mio marito ha dovuto smettere di lavorare perché io non riuscivo a stare da sola. Non riuscivo a prendermi cura di me stessa e nemmeno di lei. Poi tutti mi dicevano che era bellissima e io la vedevo brutta, la vedevo proprio brutta. Eppure era bellissima. È difficile parlarne perché rivivi quel momento lì.

Com'era la tua vita prima di diventare mamma?

Avevo una vita molto libera. La mia vita in effetti era tutta una discoteca, perché lavoravo di giorno come impiegata, ma nel weekend lavoravo in discoteca: facevo la trasformista. Quando ho saputo di essere incinta ero felice, ma nello stesso momento piangevo perché sapevo che da quel momento lì la mia vita sarebbe stata stravolta.

Di cosa avevi paura?

La cosa più difficile era quella di non rispecchiare le aspettative della società. Essere mamma per tutti era un dizionario di frasi fatte: "Che bello sei mamma! Come sei fortunata, pensa a tutte le persone che non riescono ad avere figli!". Io non mi sentivo fortunata, mi sentivo spaventata.

La differenza invece c’è stata con il secondo figlio. Quando ho saputo di aspettare Gioele, 15 giorni prima avevo deciso con mio marito che non volevamo più figli. Ero molto spaventata perché avendo subito una forte depressione post partum con Anita avevo paura di ricaderci; ma questa volta era diverso, perché sapevo a cosa andavo incontro. Io e mio marito ci siamo proprio guardati in faccia e ci siamo detti: "Questa volta però sarà tutto diverso, questa volta chiederò aiuto!".

È stato un passo davvero importante che ho fatto perché adesso sono consapevole di essere una brava mamma.

Quando hai superato la tua depressione post partum?

Ho questa foto in cui Gioele aveva un anno e Anita quattro. In questa foto io avevo completamente superato la mia depressione post partum. Anita e Gioele sono la mia vita. È banale, è scontato, ma è così. Capisco ora quanto sono fortunata.

Sono tante le donne che si trovano ad affrontare questo problema?

Siamo bombardati da esempi mamme felici. La televisione, la pubblicità… Basta. Bisogna uscire allo scoperto, bisogna dire che è normale non essere sempre felici di essere diventata mamma. Per questo ho creato un gruppo Facebook, coinvolgendo alcuni amici psicologi. Si chiama Mamme alla ricerca della felicità e ho scoperto che non ero l’unica a sentirmi un mostro. Questo gruppo ha l’obiettivo di supportare e di supportarci a vicenda per gridare al mondo “Ehi mamma non sei sola, non sei un mostro sei normale”.

Secondo te cosa si può fare?

Prima di tutto parlarne, alzare la mano e dire: "Io non ce la faccio". Alle mamme vorrei dire di lasciar perdere la casa, non fa niente se è in disordine, non importa. Allentate, allentate la presa, e se non ce la fate a pulire la casa chiedete aiuto. Se non ce la fate a uscire di casa perché avete paura, chiedete aiuto. Una cosa voglio dire alle amiche: andate a trovare una mamma, prendete il bambino e ditele di andare dal parrucchiere. Uscite, non sentitevi in colpa. Vi sentite più felici voi e date più energia ai vostri bambini.