
La paura del rifiuto è caratterizzata da una intensa preoccupazione per situazioni, reali o presunte, in cui si è esposti al rifiuto o alle critiche. Ciò comporta una iper-vigilanza rispetto ai segnali sociali e una estrema sintonizzazione sugli stati emotivi altrui.
In contesti sociali, come gruppi o conversazioni, coloro che temono il rifiuto provano uno stato di allarme. Ciò li rende iper-sensibili a qualunque cenno di disapprovazione.
La conseguenza di questa iper-sensibilità è il generarsi di un circolo vizioso che peggiora l’interazione. Infatti, la forte aspettativa di essere rifiutati spinge la persona a mantenersi distante e silenziosa. Questo genera nell’altro una reazione speculare di distanza. A quel punto, la persona che teme il rifiuto leggerà la distanza dell’altro come la prova di non essere apprezzata aumentando il grado di ritiro dalla relazione.
In chi teme il rifiuto, la sofferenza dell’altro è causata dalla propria inadeguatezza e, pertanto, è interpretata come un rifiuto. In tal senso il nucleo del problema sembra essere la difficoltà di generare spiegazioni alternative allo stato emotivo dell’altro.
Il timore di essere rifiutati può essere considerato un adattamento psicologico volto a prevenire l’esclusione dal gruppo.
Infatti il bisogno di appartenenza ha giocato, e gioca, un ruolo fondamentale nella sopravvivenza della specie. Esso nasce dalla necessità degli esseri umani di formare gruppi che facilitino la sopravvivenza. I gruppi, infatti, possono condividere cibo e risorse, fornire mutua assistenza nella crescita dei figli e aumentare la capacità di difesa dalle minacce.
Non sorprende, quindi, che il timore di essere giudicati negativamente sia uno dei timori maggiormente provati dall’essere umano. In un ambiente ostile, come le foreste in cui vivevano i nostri progenitori, il giudizio negativo poteva significare esclusione dal gruppo ed esporre la persona al pericolo.
In questa ottica, la sensibilità al rifiuto ha il preciso scopo di garantire buoni rapporti con gli altri membri della comunità. Infatti, l’iper-vigilanza ai segnali sociali permetterebbe di individuare precocemente indizi che predicono un rifiuto e di mettere in atto adeguate strategie di sopravvivenza.
Di seguito alcuni semplici consigli per far fronte al rifiuto (reale o temuto) da parte degli altri.
Il primo passo per superare un rifiuto è accogliere il dolore. Concederci il tempo per stare male, ci aiuta ad elaborare il rifiuto, a farcene una ragione.
Cercare di “non pensarci” o, al contrario, continuare a rimuginare sul rifiuto ricevuto, non fa altro che peggiorare la situazione. Lottare con il dolore, cercare di evitarlo, farà durare la nostra sofferenza ancora di più.
Infine, dopo esserci concessi di stare male, lasciamo andare il dolore investendo attenzioni ed energie verso qualcosa di utile che possa arricchire la nostra vita: un interesse, un hobby, un’amicizia.
Cerchiamo di rendere questo rifiuto una crescita personale, chiediamoci: cosa ho imparato da questo rifiuto?
Possiamo imparare attraverso l’esperienza dolorosa, che non possiamo piacere a tutti, oppure un rifiuto può rivelarci qualcosa di utile su di noi.