La rabbia: guardiamo da vicino questa emozione e proviamo a capire come trasformarla a nostro vantaggio

La rabbia è una delle emozioni di base, dunque è normale provarla ogni tanto e a qualsiasi età o in qualunque circostanza. Si collega all’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova, reagendo a un’ingiustizia, reale o solo percepita. Potresti aver notato spesso questa reazione anche nei tuoi bambini: vediamo allora qualche consiglio per gestirla al meglio.
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Dott.ssa Samanta Travini Psicologa Psicoterapeuta
2 Ottobre 2020 * ultima modifica il 02/10/2020

La rabbia è una delle emozioni di base, un’emozione universale, che appartiene all’esperienza umana comune e condivisa a prescindere dall’età, dalla cultura e dall’etnia di appartenenza. La funzione adattiva della rabbia risiede nell’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova e nel rispondere a un’ingiustizia, un torto subito o percepito, alla percezione della violazione dei propri diritti. La rabbia è un’emozione che si manifesta negli individui e in alcuni casi porta all’attuazione di agiti, mentre in altri è repressa o inibita in termini di espressione e agiti comportamentali.

Cos'è la rabbia

La rabbia è uno stato affettivo intenso che si attiva nell’individuo in risposta a stimoli sia interni sia esterni e alla loro interpretazione cognitiva. È un processo che segue alcune fasi (inizio, durata, attenuazione) cui si accompagnano modificazioni fisiologiche e comportamentali che hanno spesso una funzione di adattamento dell’individuo all’ambiente.

Come tutte le emozioni a valenza edonica negativa o positiva, anche la rabbia può essere funzionale e avere appunto una funzione adattiva. La funzione adattiva della rabbia o collera risiede nell’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova e-o nel rispondere a un’ingiustizia-torto subito o percepito, alla percezione della violazione dei propri diritti.

Numerosi sono i motivi per cui è possibile perdere la calma, per esempio quando consideriamo un’altra persona responsabile per averci procurato un danno, un fastidio; oppure, se non dovessimo trovare un responsabile diretto è possibile arrabbiarsi con se stessi. Spesse volte ci arrabbiamo con le persone a cui siamo più legati, come i genitori, i coniugi, in quanto proprio da loro ci aspettiamo di essere capiti e ascoltati, ma questo non si verifica sempre.

Le emozioni di base, fra cui la rabbia, hanno una base innata e una funzione adattiva, tuttavia possono diventare causa di sofferenza quando la loro intensità è molto elevata e si protrae nel tempo. La rabbia diviene disfunzionale per la persona se la sua manifestazione ne compromette le relazioni sociali o la spinge a compiere azioni dannose verso sé, gli altri, oppure verso cose. Lo stato emotivo e la relativa sofferenza sono determinati dal significato che la persona attribuisce agli eventi, infatti, come già anticipato, la persona prova rabbia nel momento in cui percepisce e dunque interpreta un determinato evento come un torto subito o una violazione dei suoi diritti.

Le tipologie di reazione alla rabbia sono tante e diverse, alcuni la interiorizzano, tenendosi dentro ogni rancore, altri cercano di non pensare all’oggetto della rabbia e altri ancora la sfogano con parole o comportamenti molto spesso inadatti alla situazione in cui si trovano. Infine ci sono gruppi di soggetti che stanno male per il fatto di pensare costantemente alla situazione o alla persona che genera ira, mantenendo sempre viva questa emozione.

Non è necessariamente negativa

Una delle convinzioni più diffuse è che la rabbia sia un’emozione negativa, in qualche modo  nociva per noi in quanto porta inevitabilmente ad uno stato di malessere. In realtà la rabbia è un’emozione come tutte le altre ed in quanto tale ha un valore importante ed una sua utilità. Il suo scopo è quello di aiutarci a percepire un’ingiustizia e di conseguenza a fronteggiarla, quindi ha l’obiettivo di fungere da segnale in particolari circostanze, come avviene ad esempio per la paura nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un pericolo.

La rabbia è diversa dall’aggressività: queste due esperienze sono decisamente differenti. Innanzi tutto la rabbia è un’emozione e può essere provata in differenti situazioni e con diversi livelli di intensità. Ad esempio possiamo essere arrabbiati con il marito o la moglie perché non ha fatto la spesa come stabilito, piuttosto che essere arrabbiati nei confronti di una persona che tratta con crudeltà un animale. L’aggressività invece riguarda un comportamento messo in atto per colpire qualcosa o qualcuno. Può essere un comportamento fisico come picchiare o spingere qualcuno piuttosto che verbale come nel caso degli insulti rivolti contro la persona con la quale si è arrabbiati. Quindi se la moglie non va a fare la spesa come stabilito e tocca a noi farlo possiamo provare rabbia nei suoi confronti, ma se la insultiamo per questo o la maltrattiamo fisicamente stiamo attuando un comportamento aggressivo. È importante fare questa distinzione perché nella maggioranza dei casi l’emozione di rabbia sperimentata non è seguita da un comportamento aggressivo.

Allora la domanda che ci si può porre a questo punto è: come mai alcune persone si arrabbiano più spesso o con maggiore intensità rispetto ad altre?

Questo tipo di persone non sono persone a cui capita più frequentemente di trovarsi in situazioni che suscitano rabbia ma hanno una maggiore propensione a trovare nelle situazioni che vivono, caratteristiche che suscitano la rabbia. Dipende cioè da come interpretano le situazioni e da che significato danno loro. Ad esempio se qualcuno ci supera nella coda alla cassa del supermercato possiamo pensare  che l’abbia fatto di proposito e voglia fare il furbo e quindi ci arrabbiamo oppure possiamo pensare che non ci abbia visto e quindi non irritarci.

La rabbia scatta nel momento in cui la nostra interpretazione della situazione o del comportamento altrui ci porta a considerarli spiacevoli, ingiusti, intenzionali, evitabili.

In linea generare quindi si può parlare di una rabbia disadattiva, disfunzionale o patologica, quando appunto crea sofferenza individuale, oppure compromette le relazioni sociali e spinge a compiere azioni dannose verso persone o cose o se stessi.

Come gestire la rabbia

Bisogna imparare a gestire la rabbia quando questa diventa un malessere cronico e perde il suo ruolo di liberazione occasionale, dovuta a stress o eccessiva emotività.

  • Un buon modo per allentare la tensione è quello di praticare attività fisica, come andare in palestra, fare sport o anche soltanto fare il tifo per la squadra del cuore. Potete anche prendere a calci o pugni un cuscino e fare attenzione a cosa accade alla vostra rabbia dopo aver concluso tali attività. Potete anche scegliere un luogo sicuro in cui gridare ed esprimervi senza che nessuno vi senta; potete dire a voce alta tutto ciò che vi aiuti a liberarla, sapendo che nessuno ne risentirà.
  • Cambiare prospettiva. Invece di andare subito all’attacco di chi ha prodotto un danno, ci si potrebbe chiedere quali siano state le motivazioni dell’altro. Magari non era sua intenzione fare del male o farci arrabbiare.
  • Ridurre la “personalizzazione”. La persona che ha fatto arrabbiare si comporta così con tutti? Si comporta così sempre oppure oggi è particolarmente difficile averci a che fare? Magari è stressata per un episodio specifico, che non ci riguarda direttamente.
  • Valutare le responsabilità: discriminando tra i danni provocati direttamente dal colpevole e quelli legati alle proprie reazioni. Siamo sicuri di non avere nessuna responsabilità in quanto successo e di essere solo vittime di un torto?
  • Imparare a riconoscere i segnali premonitori della rabbia sia a livello somatico che cognitivo. Quando ci arrabbiamo il corpo lancia segnali specifici: tensione, battito cardiaco accelerato, pugni chiusi e denti digrignati. Inoltre, sentiamo un senso di ingiustizia e vogliamo reagire in qualche modo. Conoscere questi indizi permette di “prepararsi” e mantenere la calma.
  • Sostituire i comportamenti problematici con condotte più funzionali.

Quando, tuttavia, si tratta di un malessere cronico e ormai consolidato è necessario l’aiuto di uno psicologo, che ti aiuterà a capire il valore e il significato che si dà alle diverse situazioni della vita, cosa fa arrabbiare e come ci si sente quando noi stessi o qualcosa in cui crediamo viene messo in discussione.

Come gestire la rabbia nei bambini: 6 consigli

  1. Non gridare e non perdere la calma: I bambini assimilano molto dal comportamento dei genitori. Avere dei genitori sereni, che non perdono la calma e non urlano mai li aiuterà ad imparare a gestire la rabbia. Con calma e senza alzare la voce spiegano ai bambini in cosa hanno sbagliato e come avrebbero dovuto comportarsi. In questo modo i bambini non reagiscono in modo rabbioso e mantengono la calma.
  2. Empatia: Cerca sempre di metterti nei panni del tuo bimbo. Cerca di capire perché è arrabbiato e spiegaglielo. Spesso i bambini sono arrabbiati ma non capiscono il perché. Spiegarglielo con calma, lo aiuterà a razionalizzare e a relativizzare il problema. In questo modo non solo il tuo bimbo si calmerà ma imparerà anche a riconoscere le sue emozioni ed a gestirle.
  3. Mettiti al livello del tuo bambino: Non solo quando il tuo bimbo è arrabbiato, ma sempre, dovresti cercare di parlare con lui mettendoti al suo livello. Sederti vicino a lui con il viso alla stessa altezza del faccino del tuo bimbo faciliterà la comunicazione. Il tuo bimbo si sentirà più a suo agio e questo lo aiuterà a calmarsi e a confidarsi con te.
  4. Spiega sempre il perché: Quando lo sgridi oppure quando gli dici di fare qualcosa devi sempre spiegarli il motivo. Spiegagli sempre il perché di una regola, lo aiuterai ad accettarla, a non viverla come un abuso o una limitazione della sua libertà. In questo modo avrai non solo un bimbo meno arrabbiato ma anche più ubbidiente.
  5. Cerca di negoziare: Se il tuo bimbo si è fissato perché vuole qualcosa a tutti i costi, cerca di accontentarlo in parte. Se vuole un gelato prima di cena, promettiglielo per dopo cena. Se vuole un gioco costoso, promettiglielo per Natale o per il compleanno oppure trova una soluzione più economica magari fatta in casa. Ovviamente mantieni sempre le promesse fatte o perderai la sua fiducia!
  6. Non reprimere la rabbia: La rabbia è un’emozione e va vissuta. Dobbiamo imparare e poi insegnare ai nostri bimbi come gestirla ma non reprimerla. La rabbia repressa può essere addirittura peggio di un sano scatto di rabbia. I bambini devono imparare a conoscere, capire e gestire le loro emozioni.

Come utilizzare la rabbia a proprio vantaggio

L’altra faccia della rabbia è quella funzionale e costruttiva. Quella che ci spinge ad affermare ciò che pensiamo o desideriamo, a difendere i nostri diritti e valori quando vengono calpestati. Potremmo definirla come una riserva di energia, che se espressa in maniera funzionale, ci consente di raggiungere i nostri obiettivi ed essere rispettati. La rabbia aiuta a essere determinati e motivati, a patto che si riesca a incanalarla. La versione positiva di un comportamento aggressivo è un comportamento assertivo. Le persone assertive sono in grado di affermare i propri bisogni e diritti in maniera chiara, senza scivolare in atteggiamenti passivo-aggressivi, senza rinunciare ai propri bisogni e confrontandosi in modo sano con gli altri.

Il prerequisito essenziale è definito “alfabetizzazione emotiva”. Questa espressione indica l’abilità di identificare la comparsa di un’emozione, comprenderne il significato personale ed esprimerla in modo coerente al contesto. La buona notizia è che con un po’ di allenamento si può imparare a riconoscere e gestire le emozioni.

Laureata in psicologia clinica dello sviluppo e neuropsicologia, si occupa di sostegno psicologico per individui, coppie e famiglie con particolare attenzione altro…