
In psicologia la resilienza definisce la capacità delle persone di riuscire ad affrontare gli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà.
La resilienza è in altri termini la capacità di autoripararsi dopo un danno, di far fronte, resistere, ma anche costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante situazioni difficili che fanno pensare a un esito negativo.
Essere resilienti non significa solo saper opporsi alle pressioni dell’ambiente, ma implica una dinamica positiva, una capacità di andare avanti, nonostante le crisi, e permette la costruzione, anzi la ricostruzione, di un percorso di vita.
La letteratura scientifica dimostra che la resilienza è un fenomeno ordinario nell’essere umano e non straordinario. Le persone comunemente e generalmente si dimostrano resilienti. Con il trascorrere del tempo, le persone trovano il modo di adattarsi bene a situazioni oggettivamente drammatiche come incidenti, lutti, calamità naturali ed eventi traumatici in generale. In tal senso, il costrutto di resilienza evidenzia l’importanza delle risorse di un individuo rispetto alle proprie capacità di autoriparazione per la sopravvivenza.
Essere resilienti non significa che la persona non si senta in difficoltà o non esperisca una certa quota di distress; il dolore emotivo, la tristezza e altre emozioni negative sono frequenti e comuni in coloro che vivono delle avversità o delle situazioni traumatiche.
La resilienza non è un tratto stabile e immodificabile della personalità, ma viceversa implica una serie di comportamenti, pensieri e atteggiamenti che possono essere appresi, migliorati e sviluppati in ciascun individuo.
La resilienza non deve essere confusa con la resistenza, ossia con la capacità di una persona di resistere – quindi di opporsi, non di adattarsi – a particolari fattori, pur sempre di natura negativa o comunque in grado di perturbare le condizioni di normalità.
Gli eventi negativi e traumatici che possono mettere a dura prova l'individuo nel corso della vita sono molteplici.
Fra gli eventi negativi che possono perturbare la vita di una persona adulta, ricordiamo: la morte del coniuge o di un famigliare stretto; il divorzio o la separazione; l'insorgenza di gravi malattie; la perdita del lavoro e la prigionia.
Fra gli eventi traumatici che possono perturbare in maniera marcata la vita di giovani e bambini, ritroviamo, invece: la morte di uno o entrambi i genitori; la morte di un fratello o una sorella; il divorzio dei genitori; l'incarcerazione di un genitore; l'allontanamento dalla propria famiglia; la presenza di patologie gravi o deformità congenite chiaramente visibili.
Naturalmente, quelle sopra citate sono solo alcune delle condizioni in grado di creare forti stress e impattare negativamente sulla vita di adulti e bambini, poiché gli eventi traumatici capaci di perturbare la tranquillità di un individuo sono molti e possono variare anche in funzione del contesto sociale in cui esso vive.
Ad ogni modo, gli individui resilienti sono in grado di trovare la forza per affrontare le situazioni di cui sopra, uscendone vincitori e, talvolta, anche migliorati.
Se volessimo tracciare un profilo della persona resiliente, questa dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche:
Coloro che possiedono un alto livello di resilienza riescono a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti. Si tratta, sostanzialmente, di persone ottimiste, flessibili e creative, che sono in grado di lavorare in gruppo e attingono spesso alle proprie e altrui esperienze.
La resilienza è, dunque, una funzione psichica che si modifica nel tempo in rapporto all’esperienza, ai vissuti e, soprattutto, al cambiamento dei meccanismi mentali che la sottendono.
Le persone più resilienti, e che quindi spesso riescono meglio a fronteggiare le avversità della vita, presentano:
Impegno, controllo e gusto per le sfide sono caratteristiche della persona di cui si può avere consapevolezza e perciò possono essere coltivati e incoraggiati. Per questo, la resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo; come già descritto precedentemente essa presuppone comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque.
Avere un alto livello di resilienza non significa non sperimentare affatto le difficoltà o gli stress della vita, significa avere le risorse per riuscire ad affrontarli senza farsi sopraffare dagli eventi stessi. Avere un alto livello di resilienza non significa essere infallibili ma disposti al cambiamento quando necessario; disposti a pensare di poter sbagliare, ma anche di poter correggere la rotta.
La considerazione dei fattori protettivi è fondamentale in un ottica di esplicazione multifattoriale dei processi di sviluppo caratterizzati da patologia o meno. I bambini dotati di fattori protettivi crescono adeguatamente nonostante siano esposti a condizioni di rischio e sono considerati resilienti. I bambini che mancano di fattori protettivi o in cui questi non sono adeguatamente sviluppati possono presentare difficoltà sul piano emotivo, comportamentale o difficoltà di apprendimento e sono descritti come vulnerabili.
Gli individui resilienti trovano in loro stessi, nelle relazioni umane, e nei contesti di vita, quegli elementi di forza per superare le avversità, definiti fattori di protezione contrapposti ai fattori di rischio, che invece diminuiscono la capacità di sopportare il dolore.
Tra i fattori di rischio che espongono a una maggiore vulnerabilità agli eventi stressanti, diminuendo la resilienza, secondo Werner e Smith (1982) troviamo:
Tra i fattori protettivi, invece, gli stessi autori ne individuano di individuali e familiari. Tra i primi, l’essere primogenito, un buon temperamento, la sensibilità, l’autonomia, unita alla competenza sociale e comunicativa, l’autocontrollo, e la consapevolezza e fiducia che le proprie conquiste dipendono dai propri sforzi (locus of control interno). A questi si aggiunge una risorsa di estrema importanza: il comportamento seduttivo, che consente di essere benvoluti e di riconoscere e accettare gli aiuti che vengono offerti dall’esterno.
I fattori protettivi familiari comprendono l’elevata attenzione riservata al bambino nel primo anno di vita, la qualità delle relazioni tra genitori, il sostegno alla madre nell’accudimento del piccolo, la coerenza nelle regole, il supporto di parenti e vicini di casa, o comunque di figure di riferimento affettivo.
Esplorando i fattori protettivi, è possibile individuare cinque componenti che contribuiscono a sviluppare la resilienza (Cantoni, 2014).
In definitiva, ciò che determina la qualità della resilienza è la qualità delle risorse personali e dei legami che si sono potuti creare prima e dopo l’evento traumatico. Parlare in termini di resilienza vuol dire modificare lo sguardo con cui si leggono i fenomeni e superare un processo di analisi lineare, di causa ed effetto, per cui non è più corretto ragionare dicendo per esempio: “È stato gravemente ferito, quindi è spacciato per tutta la vita!”