La resilienza: perché è importante e come si può allenare

La resilienza è una capacità che ciascuno di noi ha già dentro di sé, ma che può essere riscoperta e allenata. È molto importante poter contare su questa forza interiore perché ti permette di affrontare gli eventi più stressanti o traumatici senza che sentirti schiacciato sotto il peso degli eventi che ti capitano.
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Dott.ssa Samanta Travini Psicologa Psicoterapeuta
2 Aprile 2021 * ultima modifica il 02/04/2021

In psicologia la resilienza definisce la capacità delle persone di riuscire ad affrontare gli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà.

Cos’è

La resilienza è in altri termini la capacità di autoripararsi dopo un danno, di far fronte, resistere, ma anche costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante situazioni difficili che fanno pensare a un esito negativo.

Essere resilienti non significa solo saper opporsi alle pressioni dell’ambiente, ma implica una dinamica positiva, una capacità di andare avanti, nonostante le crisi, e permette la costruzione, anzi la ricostruzione, di un percorso di vita.

La letteratura scientifica dimostra che la resilienza è un fenomeno ordinario nell’essere umano e non straordinario. Le persone comunemente e generalmente si dimostrano resilienti. Con il trascorrere del tempo, le persone trovano il modo di adattarsi bene a situazioni oggettivamente drammatiche come incidenti, lutti, calamità naturali ed eventi traumatici in generale. In tal senso, il costrutto di resilienza evidenzia l’importanza delle risorse di un individuo rispetto alle proprie capacità di autoriparazione per la sopravvivenza.

Essere resilienti non significa che la persona non si senta in difficoltà o non esperisca una certa quota di distress; il dolore emotivo, la tristezza e altre emozioni negative sono frequenti e comuni in coloro che vivono delle avversità o delle situazioni traumatiche.

La resilienza non è un tratto stabile e immodificabile della personalità, ma viceversa implica una serie di comportamenti, pensieri e atteggiamenti che possono essere appresi, migliorati e sviluppati in ciascun individuo.

Resistenza e resilienza: le differenze

La resilienza non deve essere confusa con la resistenza, ossia con la capacità di una persona di resistere – quindi di opporsi, non di adattarsi – a particolari fattori, pur sempre di natura negativa o comunque in grado di perturbare le condizioni di normalità.

Tipi di eventi negativi

Gli eventi negativi e traumatici che possono mettere a dura prova l'individuo nel corso della vita sono molteplici.

Fra gli eventi negativi che possono perturbare la vita di una persona adulta, ricordiamo: la morte del coniuge o di un famigliare stretto; il divorzio o la separazione; l'insorgenza di gravi malattie; la perdita del lavoro e la prigionia.

Fra gli eventi traumatici che possono perturbare in maniera marcata la vita di giovani e bambini, ritroviamo, invece: la morte di uno o entrambi i genitori; la morte di un fratello o una sorella; il divorzio dei genitori; l'incarcerazione di un genitore; l'allontanamento dalla propria famiglia; la presenza di patologie gravi o deformità congenite chiaramente visibili.

Naturalmente, quelle sopra citate sono solo alcune delle condizioni in grado di creare forti stress e impattare negativamente sulla vita di adulti e bambini, poiché gli eventi traumatici capaci di perturbare la tranquillità di un individuo sono molti e possono variare anche in funzione del contesto sociale in cui esso vive.

Ad ogni modo, gli individui resilienti sono in grado di trovare la forza per affrontare le situazioni di cui sopra, uscendone vincitori e, talvolta, anche migliorati.

Il profilo psicologico

Se volessimo tracciare un profilo della persona resiliente, questa dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche:

  • Sopporta i dolori senza lamentarsi e regge le difficoltà senza disperarsi
  • Ha il coraggio di intraprendere con consapevolezza una via che sa essere tortuosa o, comunque, non la più semplice
  • Ama la vita per quello che è nel presente, e coltiva una propria spiritualità e virtù che moderano i timori di morte
  • Ricorda di essere esposta al pericolo in quanto mortale, e nel contempo affronta ciò che lo ostacola per cercare di superarlo con saggia audacia

Le caratteristiche

Coloro che possiedono un alto livello di resilienza riescono a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti. Si tratta, sostanzialmente, di persone ottimiste, flessibili e creative, che sono in grado di lavorare in gruppo e attingono spesso alle proprie e altrui esperienze.

La resilienza è, dunque, una funzione psichica che si modifica nel tempo in rapporto all’esperienza, ai vissuti e, soprattutto, al cambiamento dei meccanismi mentali che la sottendono.

Le persone più resilienti, e che quindi spesso riescono meglio a fronteggiare le avversità della vita, presentano:

  • Impegno, ovvero la tendenza a lasciarsi coinvolgere nelle attività;
  • Locus of control interno, la convinzione di poter dominare gli eventi che si verificano al punto da non sentirsi in balia degli stessi;
  • Gusto per le sfide, ossia predisposizione ad accettare i cambiamenti non vivendoli come problematici.

Impegno, controllo e gusto per le sfide sono caratteristiche della persona di cui si può avere consapevolezza e perciò possono essere coltivati e incoraggiati. Per questo, la resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo; come già descritto precedentemente essa presuppone comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque.

Avere un alto livello di resilienza non significa non sperimentare affatto le difficoltà o gli stress della vita, significa avere le risorse per riuscire ad affrontarli senza farsi sopraffare dagli eventi stessi. Avere un alto livello di resilienza non significa essere infallibili ma disposti al cambiamento quando necessario; disposti a pensare di poter sbagliare, ma anche di poter correggere la rotta.

Fattori protettivi e di rischio

La considerazione dei fattori protettivi è fondamentale in un ottica di esplicazione multifattoriale dei processi di sviluppo caratterizzati da patologia o meno. I bambini dotati di fattori protettivi crescono adeguatamente nonostante siano esposti a condizioni di rischio e sono considerati resilienti. I bambini che mancano di fattori protettivi o in cui questi non sono adeguatamente sviluppati possono presentare difficoltà sul piano emotivo, comportamentale o difficoltà di apprendimento e sono descritti come vulnerabili.

Gli individui resilienti trovano in loro stessi, nelle relazioni umane, e nei contesti di vita, quegli elementi di forza per superare le avversità, definiti fattori di protezione contrapposti ai fattori di rischio, che invece diminuiscono la capacità di sopportare il dolore.

Tra i fattori di rischio che espongono a una maggiore vulnerabilità agli eventi stressanti, diminuendo la resilienza, secondo Werner e Smith (1982) troviamo:

  • fattori emozionali (abuso, bassa autostima, scarso controllo emozionale), interpersonali (rifiuto dei pari, isolamento, chiusura)
  • fattori familiari (bassa classe sociale, conflitti, scarso legame con i genitori, disturbi nella comunicazione)
  • fattori di sviluppo (ritardo mentale, disabilità nella lettura, deficit attentivi, incompetenza sociale)

Tra i fattori protettivi, invece, gli stessi autori ne individuano di individuali e familiari. Tra i primi, l’essere primogenito, un buon temperamento, la sensibilità, l’autonomia, unita alla competenza sociale e comunicativa, l’autocontrollo, e la consapevolezza e fiducia che le proprie conquiste dipendono dai propri sforzi (locus of control interno). A questi si aggiunge una risorsa di estrema importanza: il comportamento seduttivo, che consente di essere benvoluti e di riconoscere e accettare gli aiuti che vengono offerti dall’esterno.

I fattori protettivi familiari comprendono l’elevata attenzione riservata al bambino nel primo anno di vita, la qualità delle relazioni tra genitori, il sostegno alla madre nell’accudimento del piccolo, la coerenza nelle regole, il supporto di parenti e vicini di casa, o comunque di figure di riferimento affettivo.

Come allenare la resilienza

Esplorando i fattori protettivi, è possibile individuare cinque componenti che contribuiscono a sviluppare la resilienza (Cantoni, 2014).

  1. L’ottimismo. La disposizione a cogliere il lato buono delle cose, è un’importantissima caratteristica umana che promuove il benessere individuale e preserva dal disagio e dalla sofferenza fisica e psicologica. Chi è ottimista tende a sminuire le difficoltà della vita e a mantenere più lucidità per trovare soluzioni ai problemi.
  2. L’autostima si accoppia all’ottimismo. Avere una bassa considerazione di sé ed essere molto autocritici, infatti, conduce a una minore tolleranza delle critiche altrui, cui si associa una quota maggiore di dolore e amarezza, aumentando la possibilità di sviluppare sintomi depressivi.
  3. La robustezza psicologica. Essa è a sua volta scomponibile in tre sotto-componenti, il controllo (la convinzione di essere in grado di controllare l’ambiente circostante, mobilitando quelle risorse utili per affrontare le situazioni), l’impegno (con la chiara definizione di obiettivi significativi che facilita una visione positiva di ciò che si affronta) e la sfida, che include la visione dei cambiamenti come incentivi e opportunità di crescita piuttosto che come minaccia alle proprie sicurezze.
  4. Le emozioni positive, ovvero il focalizzarsi su quello che si possiede invece che su ciò che ci manca.
  5. Il supporto sociale, definito come l’informazione, proveniente da altri, di essere oggetto di amore e di cure, di essere stimati e apprezzati. E’ importante sottolineare come la presenza di persone disponibili all’ascolto sia efficace poichè mobilita il racconto delle proprie sventure. Raccontare è liberarsi dal peso della sofferenza, e l’accoglienza gentile e senza rifiuti o condanne da parte degli altri segnerà il passaggio da un racconto tutto interiore e solitario alla condivisione partecipata dell’accaduto.

In definitiva, ciò che determina la qualità della resilienza è la qualità delle risorse personali e dei legami che si sono potuti creare prima e dopo l’evento traumatico. Parlare in termini di resilienza vuol dire modificare lo sguardo con cui si leggono i fenomeni e superare un processo di analisi lineare, di causa ed effetto, per cui non è più corretto ragionare dicendo per esempio: “È stato gravemente ferito, quindi è spacciato per tutta la vita!

Laureata in psicologia clinica dello sviluppo e neuropsicologia, si occupa di sostegno psicologico per individui, coppie e famiglie con particolare attenzione altro…