Ogni violenza subita lascia cicatrici. Sul corpo, nell’anima, ma anche nel proprio patrimonio genetico. A dimostrarlo è uno studio pilota, intitolato “Epigenetica per le donne” (Epigenetics for WomEn), condotto dall'Istituto superiore di sanità (Iss) in collaborazione con l'Università Statale di Milano.
Lo studio, pubblicato recentemente su Healthcare, era stato anticipato lo scorso novembre in occasione della Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, ma le conclusioni a cui si è arrivati, sono sorprendenti.
I ricercatori hanno studiato un campione di 62 donne che avevano subito violenza e un campione di 50 donne che non l'aveva subita. Dal confronto è emerso che la violenza in ambito fisico e sessuale provoca la modifica (ipermetilazione) di tre geni legati al funzionamento della memoria, dell'apprendimento e della risposta allo stress, dove la riduzione dell'espressione di questi geni è anche collegata alla manifestazione di almeno un sintomo di stress post traumatico.
In pratica, secondo l’Istituto superiore di sanità le cosiddette "cicatrici molecolari" impresse sulle donne che hanno subito violenza, "possono aiutare a identificare strategie per prevenire gli effetti degli abusi, aumentare la resilienza e contrastare l'eventuale insorgenza di malattie croniche nelle donne sopravvissute alla violenza”.
Lo studio ha l'obiettivo di sviluppare un approccio multidisciplinare per contrastare la violenza sulle donne, un'emergenza sociale che negli ultimi anni sembra essersi quasi cronicizzata. Basta guardare i dati forniti dallo stesso Iss, per cui quasi un terzo delle donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni, dichiara di essere stata vittima di qualche forma di violenza fisica o sessuale.