L’araba fenice, simbolo di resilienza: l’uccello che muore per risorgere dalle sue ceneri

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Forse per la sua capacità di rinascere ogni volta dalle proprie ceneri, l’araba fenice è il simbolo più accreditato per rappresentare la resilienza. Ed è sempre più gettonato come tatuaggio, soprattutto nel momento in cui una grande prova di vita è stata superata.
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Gaia Cortese 29 Marzo 2020

Non c’è creatura vivente al mondo che possa essere più resiliente dell’araba fenice. Questo perché fin dai tempi di Erodoto, si credeva che questo mitico uccello, unico al mondo, potesse bruciarsi da sé ogni cinquecento anni per poi risorgere dalle proprie ceneri. Da qui il proverbio latino post fata resurgam (“risorgerò dopo la morte”) che allude proprio al presunto potere della fenice di morire e risorgere.

Andando a ritroso nella storia troviamo tuttavia l’araba fenice anche nella cultura degli antichi egizi che erano soliti raffigurarla con la corona Atef o con l’emblema del disco solare: si trattava di un uccello simile a un passero o a un airone che risorgeva dalle acque.

Per i greci invece, l’araba fenice era una splendida aquila reale che si distingueva per le lunghe piume del capo e per i suoi sgargianti colori tra cui il rosso, l’oro, l’azzurro e il rosso porpora. Prima di morire, la fenice costruiva il suo nido sulla cima di un albero, mettendo insieme una catasta di piante balsamiche. Qui si stendeva in attesa che il sole facesse bruciare tutto. Dal cumulo delle ceneri, nasceva una piccola larva che, accudita dal calore del sole, si trasformava nella nuova Fenice.

Tra miti e leggende, oggi la fenice è il simbolo più riconosciuto per rappresentare la resilienza, ossia la capacità di superare una sconfitta, una delusione o una difficoltà, uscendone ancora più forti. Tra le atlete che rappresentano lo sport italiano a livello internazionale, Federica Pellegrini ha tra i suoi numerosi tatuaggi un'araba fenice sul lato sinistro del collo.