Le centrali idroelettriche sono ferme a causa della siccità: il problema diventa sempre più serio

L’idroelettrico è la fonte rinnovabile più sfruttata in Italia, ma la grave siccità che sta interessando le regioni del Nord ha fermato gran parte delle centrali. Un calo nella produzione che arriva in una fase di revisione della dipendenza energetica dalla Russia e di transizione ecologica. Un ostacolo la cui colpa è di nuovo da ricercarsi nella crisi climatica.
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Giulia Dallagiovanna 24 Marzo 2022

Se vivi in una regione del Nord non potrai non esserti accorto di non aver dovuto usare l'ombrello almeno da gennaio. E probabilmente ti avrà anche fatto piacere goderti un po' di sole in un periodo in cui di norma il cielo è grigio e nuvoloso. Ti capiamo, ma c'è un problema: questa situazione non è solo anomala, è anche grave e pericolosa. A Milano tra dicembre e gennaio ci sono stati solo 7 giorni di pioggia. In Piemonte non si vede una goccia d'acqua dall'8 dicembre. E anche i mesi di ottobre e novembre non sono stati sufficientemente piovosi. Le prime conseguenze da immaginare sono semplici: manca l'acqua per irrigare i campi. Ma c'è di più: le centrali idroelettriche sono ferme perché i fiumi sono vuoti. Un cane che si morde la gola, insomma. Mentre la crisi climatica e il riscaldamento globale ci lasciano senz'acqua, le fonti rinnovabili sono rese inutilizzabili.

L'idroelettrico in Italia

Le centrali idroelettriche sono forse tra le prime forme di produzione di energia rinnovabile che abbiamo accolto in Italia. In Lombardia esistono fin dalla fine dell'Ottocento e sfruttano le pendenze di Alpi e Appennini, nonché le loro riserve idriche, garantite anche dalle scorte di neve invernale che a fine marzo iniziano a sciogliersi andando a ingrossare fiumi e laghi. Il loro numero è cresciuto soprattutto fino agli anni '60 del Novecento, subendo poi un arresto dopo il disastro del Vajont.

Più del 17% della produzione di energia elettrica in Italia deriva dall'idroelettrico

Secondo i dati di Terna relativi al 2020, quindi a un anno in cui c'è stato un calo nella produzione e nel consumo di energia elettrica, l'89,3% dei 301,2TWh utilizzati era frutto della produzione nazionale. Di questo 89%, il 17,6% era merito dell'idroelettrico (il 57,6% del termoelettrico non rinnovabile e il 24,7% da eolico, geotermico, fotovoltaico e bioenergie). Toni Federico, Responsabile del gruppo di lavoro Energia e Clima di Asvis, ci aveva poi spiegato che il 42% della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili deriva da impianti idroelettrici.

Centrali ferme

In Italia ci sono ad oggi più di 4.600 centrali idroelettriche, per la maggior parte costruite nelle regioni del Nord. L'assenza di acqua non permette loro di avere la forza sufficiente per far girare le turbine che producono energia e dunque hanno dovuto fermarsi. Il che significa che quel 17,6% di energia non verrà prodotto, in un periodo storico in cui siamo già alle prese con il problema della dipendenza energetica dalla Russia che ha invaso l'Ucraina. In una fase, cioè, dove "fonti rinnovabili" fa spesso rima con pace o quanto meno con la possibilità di non finanziare regimi autoritari e dittatoriali.

Non possiamo ancora sapere fino a quando proseguirà questa depressione, ma il fatto di andare verso la primavera e poi l'estate di certo non aiuta. È probabile che il fermo duri almeno fino a quest'autunno quando, speriamo, dovrebbero riprendere le regolari precipitazioni. Le previsioni meteo, inoltre, non danno pioggia prima di aprile.

La siccità nel Nord Italia

Ma come mai non piove da tre mesi? E soprattutto era già successo in passato? Sì, probabilmente ti ricorderai di altre annate siccitose in cui i telegiornali mostravano le immagini dei fiumi in secca. E in effetti è normale che vi siano periodi in cui le precipitazioni risultino più scarse. Il problema, però, è che questi eventi dovrebbero essere estremi. In altre parole, rari. Gli episodi precedenti invece risalgono solo al 2019 e al 2017, quando in alcune regioni si dovette ricorrere addirittura ai razionamenti. "In questo modo recuperare è difficile. Siamo di fronte a un trend che probabilmente peggiorerà", ci aveva spiegato Rolando Manfredini, agronomo di Coldiretti. "Siamo abituati a considerare la siccità come un evento estremo, perché nel nostro Paese arrivano a cadere fino a 300 miliardi di metri cubi di acqua all'anno, grazie alla barriera formata dalla dorsale appenninica e da quella alpina. Quest'anno però ha piovuto poco e nevicato ancora meno", aveva aggiunto.

E che la situazione sia seria appare chiaro guardando i nostri corsi d'acqua. L'area del fiume Po sta conoscendo una siccità che non sperimentava da oltre 30 anni. Secondo le ultime rilevazioni dell'Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po, il deficit di pioggia ha raggiunto il 92%, con la portata che è ben al di sotto della soglia di emergenza. Sono i livelli più bassi dal 1972. Le province più in difficoltà sono Piacenza e Cremona, con un calo della risorsa idrica pari rispettivamente a -70% e a -62%. Ma anche la zona Piemontese è in difficoltà. A Pontelagoscuro, nei pressi del Delta, il deficit è comunque del 56%. Una carenza che provoca un secondo problema: la cosiddetta risalita del cuneo salino. Attualmente l'acqua del mar Adriatico è già riuscita a percorrere 15 chilometri del letto del fiume, non trovando una corrente sufficientemente forte a ostacolarla. E come potrai immaginare, questa situazione mette ulteriormente in pericolo l'agricultura.

Altri segnali della siccità sono, ad esempio, il lago piemontese di Ceresole che oggi si presenta come una distesa asciutta, oppure le Alpi, dove gli unici spazi bianchi sono le piste da sci ricoperte da neve artificiale. Le uniche nevicate, infatti, si sono registrate a dicembre, dopodiché un aumento anomalo delle temperature, come quello che si è registrato attorno a Capodanno, ha favorito la prematura fusione dei pochi fiocchi che erano caduti.

Il principale indiziato è un anticiclone che da dicembre è bloccato sull'area ovest dell'Europa. Le perturbazioni quindi sono bloccate e non riescono a superare la barriera, scaricandosi quasi solo sul Nord Europa, anche in modo insolitamente violento. Anticicloni anomali e correnti alterate sono frutto del cambiamento climatico. Lo stesso che ha fatto arrivare un'ondata di calore al Polo Nord in pieno inverno. E ora, paradossalmente, sta anche peggiorando la crisi, minando la nostra possibilità di ricorrere alle fonti rinnovabili.