La siccità nel Nord Italia rischia di peggiorare nei prossimi anni, ma potrebbe esserci una soluzione

A soffrire dell’eccezionale carenza idrica sono le regioni dalle quali proviene il 70% del prodotto agroalimentare italiano. I fiumi sono in secca, i laghi hanno percentuali di riempimento minime e la neve sulle Alpi praticamente non è caduta. Per mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici esistono già alcune soluzioni. Ne abbiamo parlato con Rolando Manfredini, agronomo di Coldiretti.
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Giulia Dallagiovanna 7 Febbraio 2022

"Abito proprio di fronte al Monte Cimone, dove di solito cadono fino a 6 metri di neve. Quest'anno ci saranno al massimo 50 o 60 centimetri. Sono livelli da giugno, ma siamo ancora a febbraio. Se consideriamo che queste riserve di acqua sono utilizzate da tutta l'area della provincia di Modena, Reggio Emilia e Parma, possiamo avere un'idea della siccità che dovremo affrontare quest'anno".  In una sola immagine, Rolando Manfredini, agronomo di Coldiretti, riassume l'impatto del cambiamento climatico nel Nord Italia. Il Po è in secca, i laghi più grandi hanno percentuali di riempimento che non superano il 20%, e sulle Alpi è caduto il 60% in meno di neve. Un siccità "fortissima" colpisce le regioni dalle quali proviene il 70% del prodotto agroalimentare del nostro Paese. "Se continua cosi, e difficilmente ci sarà un'inversione di tendenza, si potrebbero innescare meccanismi problematici che arriverebbero a compromettere alcuni tipi di colture".

"Frutta e verdura hanno bisogno di acqua – prosegue. – Cocomero e melone, tanto per fare un esempio, ne sono costituiti all'80 o al 90%. Ma anche il mais può subire danni e ridurre la produzione di granoturco fino al 70%. Gli alberi da frutto lasciano cadere i fiori per non sprecare le riserve d'acqua e si avranno ripercussioni anche sull'industria casearia, se gli animali non bevono adeguatamente. L'intero sistema è penalizzato dalla carenza idrica".

Dall'ultimo monitoraggio effettuato proprio da Coldiretti emerge come all'altezza del Ponte della Becca, in provincia di Pavia, il livello idrometrico del fiume più lungo d'Italia sia sceso a meno 3 metri e risulti addirittura inferiore a quello di Ferragosto. In poche parole: siamo in inverno, ma per le nostre riserve idriche è come se fosse già piena estate.

"Siamo abituati a considerare la siccità come un evento estremo, perché nel nostro Paese arrivano a cadere fino a 300 miliardi di metri cubi di acqua all'anno, grazie alla barriera formata dalla dorsale appenninica e da quella alpina. Quest'anno però ha piovuto poco e nevicato ancora meno". Non è una situazione nuova, ma il problema è la frequenza con cui oggi si ripete. L'ultimo episodio è accaduto non più tardi del 2019 e, prima ancora, potremmo ricordare il lungo inverno secco del 2017. "In questo modo recuperare è difficile. Siamo di fronte a un trend che probabilmente peggiorerà", dichiara Manfredini.

Quando a un periodo di siccità seguono piogge violente, vengono rimossi gli strati più superficiali e fertili del terreno

E c'è un altro pericolo da considerare: le cosiddette bombe d'acqua. Quando la pioggia si abbatte con particolare violenza su un suolo arido, vengono rimossi gli strati più superficiali e fertili del terreno, si genera del dissesto idrogeologico e viene compromesso il successivo uso agricolo.

La domanda a questo punto sorge spontanea: esistono soluzioni? La risposta è sì e una di queste è un progetto che Coldiretti sta portando avanti assieme ad Anbi (Associazione nazionale bonifiche irrigazioni miglioramenti fondiari): creare dei piccoli invasi che aumentino la disponibilità idrica, captando più dell'attuale 11% di acqua che arriva all'agricoltura e mitigando le conseguenze delle piogge violente. Laghetti artificiali di diverse dimensioni, costruiti con la terra e non con il cemento, per ridurre al minimo il loro impatto ambientale e sull'estetica del paesaggio. La loro funzione è quella di raccogliere le piogge, anche quelle intense e improvvise, trattenendo l'acqua in modo che possa essere usata in un secondo momento.

L'associazione degli agricoltori chiede che una parte dei fondi del Pnrr sia destinata alla costruizione di questi invasi, trasformandoli così da semplice progetto a un vero e proprio intervento strutturale a lungo termine.