L’inquinamento atmosferico potrebbe giocare un ruolo nello sviluppo dell’Alzheimer, lo dice un nuovo studio americano

Mettendo a confronto l’esposizione al PM2,5 di oltre 220 pazienti deceduti con i segni della malattia di Alzheimer ritrovati nei loro cervelli, ricercatori statunitensi hanno scoperto un’associazione tra la pessima qualità dell’aria legata al traffico veicolare e lo sviluppo del morbo.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Kevin Ben Alì Zinati 23 Febbraio 2024
* ultima modifica il 23/02/2024

Gli occhi della scienza da anni ormai sono fissi sugli effetti dannosi a cui ci espone l’inquinamento atmosferico.

L’attenzione della parte italiana verso lo smog oggi è ancora più forte perché, come avrai sicuramente sentito, la Pianura Padana e la città di Milano sono recentemente finite nelle prime posizioni delle classifiche riguardo le aree più inquinate del mondo.

Ogni giorno di più finiamo per respirare una pessima aria e con il passare del tempo i sintomi e gli impatti di questa esposizione prolungata si fanno sempre più drammatici.

L’ultimo rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente, per esempio, ha raccontato che solo nel 2021 il particolato fine era collegato a 253mila morti premature in Europa, il biossido di azoto ad altri 52mila decessi e concentrazioni eccessive di ozono a 22mila morti.

Ora però c’è uno studio della Emory University di Atlanta che ha analizzato il possibile legame tra il PM2,5, quelle particelle inquinanti più piccole di 2,5 micron sospese nell’aria, e il morbo di Alzheimer.

E il risultato che hanno descritto sulle pagine della rivista Neurology non lascia troppo tranquilli. Chiariamolo subito: lo studio non dimostra che l’inquinamento atmosferico causi la malattia, mostra solamente un’associazione. Ma è comunque significativo.

I dati, insomma, raccontano che le persone con una maggiore esposizione all'inquinamento atmosferico legato al traffico avrebbero maggiori probabilità di avere elevate quantità di placche amiloidi nel cervello, quelle caratteristiche associate al morbo di Alzheimer.

“Questi risultati si aggiungono alla prova che il particolato fine derivante dall'inquinamento atmosferico legato al traffico influisce sulla quantità di placca amiloide nel cervello”, ha precisato il dottor Anke Huels, autore dello studio.

Per la loro indagine, i ricercatori statunitensi hanno esaminato il tessuto cerebrale di 224 persone che hanno accettato di donare il proprio cervello alla ricerca dopo la morte. Tutte erano decedute a un’età media di 76 anni.

I ricercatori hanno esaminato l’esposizione all'inquinamento atmosferico legato al traffico in base all'indirizzo di casa delle persone coinvolte, considerando che i livelli medi nell’anno precedente alla morte erano di 1,32 microgrammi per metro cubo (μg/m3) e di 1,35 µg/m3 nei tre anni prima.

Mettendo a confronto queste rilevazioni con i segni della malattia di Alzheimer presenti nel cervello (le placche di beta amiloide e grovigli di proteina tau), hanno così scoperto che una maggiore esposizione all’inquinamento atmosferico uno e tre anni prima della morte aveva aumentato le probabilità di avere livelli più elevati di queste placche.

Nello specifico, chi aveva avuto un’esposizione superiore a 1 µg/m3 a PM2,5 nell’anno prima della morte aveva quasi il doppio delle probabilità di avere livelli di placche più elevati, chi invece era stato esposto ad alti livelli nei tre anni prima raggiungeva l’87% di probabilità in più di avere livelli di placche più elevati.

Nelle loro analisi, i ricercatori hanno anche provato a esaminare il ruolo della variante genetica principale associata alla malattia di Alzheimer, il gene APOE e4.

Hanno provato a vedere, inosmma, se avesse qualche effetto sulla relazione tra inquinamento atmosferico e segni di Alzheimer nel cervello, scoprendo però che il legame era maggiore in quelle persone sprovviste della mutazione genetica.

“Ciò suggerisce che fattori ambientali come l'inquinamento atmosferico potrebbero contribuire all'Alzheimer nei pazienti in cui la malattia non può essere spiegata dalla genetica” ha concluso il dottor Huels.

Fonte | "Association of PM2.5 Exposure and Alzheimer Disease Pathology in Brain Bank Donors—Effect Modification by APOE Genotype" pubblicato il 21 febbraio 2024 sulla rivista Neurology

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.