Quando si sente parlare di psicologia infantile si ragiona su tutti quegli aspetti legati al mondo dell’infanzia, periodo estremamente importante per il processo di formazione dell’individuo.
La psicologia infantile non si occupa solo della cura di eventuali traumi dell’infanzia, ma anche dell’educazione e dell’assistenza ai bambini, legandosi dunque alle metodologie pedagogiche, allo scopo di non far nascere traumi e paure, o per lo meno di ridurne il numero. La psicologia infantile nasce all’interno degli studi sulla materia di quelli che vengono considerati i pionieri del genere: il Professor Arnold Gessel e il Professor Alfred Binet.
Lo Psicologo infantile si interessa delle problematiche dello sviluppo dei bambini fino all’adolescenza. Nel suo iter formativo ha scelto si proseguire studiando la Psicologia Clinica o la Psicologia dello sviluppo e successivamente ha svolto un periodo di formazione pratica all’interno di strutture che trattano l’infanzia. Le strutture territoriali come la neuropsichiatria infantile o un Day Hospital (DH) di Neuropsichiatria. Spesso ha proseguito lavorando all’interno dei centri di riabilitazione per l’infanzia però con poco focus sulla diagnostica testistica.
Lo “Psicologo dei bambini” si occupa delle difficoltà incontrate dal bambino durante le varie fasi della crescita e del suo sviluppo neuro-cognitivo, psicodinamico ed emotivo.
Le fasi della crescita portano difficoltà come l’ADHD (DDAI), o disturbi Oppositivi o DSA; che incrinano lo sviluppo della personalità. Lavorando su queste criticità si può arrivare ad una personalità più armonica. Ma col cambiare delle età anche problemi come la depressione, le ossessioni e le compulsioni, le anoressie o le “psicosi infantili”.
L’iter lavorativo prevede colloqui psicologici con la famiglia e i genitori, colloqui psicologico clinici con il bambino, osservazioni in coppia genitore-bambino, osservazioni nell’ambiente del bambino e somministrazione di test psicodiagnostici e neuropsicologici.
Stranamente a quanto si pensa le problematiche che si osservano riguardano tutte le età di sviluppo a partire dalla fascia 0-2 anni, quella 3-5, la 6-8, quella 9-11 e 12-17 e 11 mesi.
Il sostegno psicologico con i bambini si avvale di una varietà di tecniche e metodi che possono essere utilizzati per aiutare i più piccoli che esprimono sintomi di malessere e disagio, sia a livello comportamentale che emotivo.
Attraverso tale supporto è possibile dare nuovi significati a quello che viene considerato il problema, alla luce della storia familiare, dello sviluppo del bambino e delle relazioni all'interno dei suoi contesti di appartenenza. Il bambino e la sua famiglia ricevono un supporto emotivo, imparano a riconoscere le proprie emozioni, hanno la possibilità di trovare nuovi modi di comunicare, individuando nuove soluzioni ai vecchi problemi.
Il professionista nelle fasi iniziali potrà avvalersi di specifiche tecniche di osservazione e test da somministrare al bambino, in base ai quali definire obiettivi e strategie di intervento.
Il lavoro con i bambini, proprio per la particolare età dei pazienti, utilizza poi principalmente strumenti che permettono l’emergere di contenuti verbali e non verbali utili al professionista per la comprensione del funzionamento psichico del bambino, ma allo stesso tempo che non siano percepiti come “invasivi”.
Il gioco riveste una grande importanza, solitamente sono presenti nella stanza materiali ludici come bambole, personaggi che rappresentino una famiglia, costruzioni, plastilina ed anche giochi strutturati come puzzle o giochi da tavolo. Altro importante strumento è quello dell'attività grafica, matite e colori permettono al bambino di utilizzare un linguaggio a lui familiare e attraverso il quale i contenuti emotivi possano emergere con maggiore facilità.
Per i bambini giocare, disegnare, costruire sono infatti degli strumenti comunicativi molto importanti: attraverso l'espressione di sentimenti ed emozioni si può così andare a lavorare sull'elaborazione e la risoluzione dei conflitti
Il primo colloquio avviene generalmente con i genitori, o con chi si prende cura del bambino, vengono valutate le motivazioni per le quali è stato contattato il professionista e la reale necessità di un percorso. Si prosegue poi all'interno di una prima fase di accoglienza e valutazione, incontrando sia i genitori insieme al bambino che il piccolo paziente da solo. Vengono poi definiti gli obiettivi e condivisi con i genitori. Lungo il percorso, oltre alle sedute individuali, potranno essere proposti degli incontri con i genitori insieme al bambino o ai soli genitori.
In alcuni casi può essere suggerito a questi ultimi di intraprendere un percorso parallelo a quello del bambino, per far sì che i cambiamenti possano essere rinforzati anche a casa e per il benessere generale di tutti i componenti della famiglia.
Per prima cosa è bene sottolineare che richiedere l’aiuto di uno psicologo infantile non deve spaventare e che quando si percepisce un problema in un bambino è bene intervenire subito e non lasciare che la situazione si aggravi.
Durante l’età evolutiva, i disagi che i bambini manifestano possono essere molteplici, alcuni passeggeri, altri invece possono durare nel tempo. Non è facile per un genitore valutare la gravità della situazione e i comportamenti di un bambino: atteggiamenti di timidezza, isolamento o iperattività, ansia, difficoltà del sonno o mancanza di appetito, difficoltà scolastiche come lentezza nell’apprendimento, nel linguaggio e nella scrittura, problemi con l’accettazione delle regole e altro ancora.
La psicologia infantile può aiutare i genitori e capire gli atteggiamenti del bambino e insieme individuare le cause dei comportamenti o dei disturbi.
Alcune delle situazioni più frequenti nel campo della psicologia infantile sono:
Oltre a queste, esistono molte altre situazioni difficili per i bambini e al tempo stesso per i genitori. Lo figura dello psicologo è molto utile in questi casi, anche se capita spesso che i genitori non vogliano ricevere aiuto, principalmente per due motivi: cercare di minimizzare i comportamenti dei figli; paura di fronte alla possibile diagnosi del professionista.
La psicologia infantile ci ricorda che la cosa più importante, in questi casi, è il benessere del bambino: lasciamo da parte paure e pregiudizi e chiediamo aiuto a uno psicologo.
Molti genitori esprimono il timore di comunicare al proprio figlio l’incontro con lo psicologo. Innanzitutto se il bambino manifesta sintomi di disagio, il fatto stesso che il genitore si accorga di questo e chieda aiuto, lo mette già nella condizione di sentirsi ascoltato.
Sentirsi supportato dai propri adulti di riferimento, che mostrano la loro fiducia nella figura del professionista, permetterà al bambino di vivere l'incontro con lo psicologo senza particolari paure. Il fatto che i genitori vengano primariamente accolti da soli dallo psicologo e possano così affrontare il più serenamente possibile il percorso, aiuterà il proprio figlio a sentirsi all'interno di un clima di fiducia, rassicurandolo su ciò che sta accadendo intorno a lui.
Nello specifico, il colloquio iniziale con i genitori può essere utile anche per trovare insieme le modalità migliori per comunicare al bambino il successivo incontro con lo psicologo.