
Come e quanto mangiamo influenza la nostra longevità: ecco perché seguire alcune accortezze, come ridurre l'apporto calorico e non mangiare mai troppo tardi la sera potrebbe aiutarci a vivere più a lungo e in salute. A ribadirlo sono gli esperti della Società italiana di medicina interna, che hanno sintetizzato alcuni suggerimenti a partire dalla letteratura scientifica esistente sul tema.
Per contribuire alla giovinezza cellulare è fondamentare curare la propria alimentazione, in modo che sia contenuta, ma comunque ricca di tutti i nutrienti essenziali. "Limitare l’apporto di cibo infatti – spiegano gli esperti – fa entrare le cellule in modalità ‘protezione’ e questo consente loro di resistere meglio agli insulti esterni; allo stesso tempo le cellule ‘a dieta’ soddisfano le proprie necessità attraverso una sorta di auto-cannibalismo (autofagia) delle componenti invecchiate e poco funzionali. In pratica dunque la restrizione calorica attiva una sorta di ‘pulizia interna’ (come quella che si fa periodicamente sull’hard drive del computer) che, oltre a rimuovere componenti deteriorati e potenzialmente pericolosi, stimola anche la rigenerazione cellulare".
Una premessa è doverosa: ogni individuo ha le proprie esigenze nutrizionali ed energetiche, quindi qualsiasi modifica nella dieta va effettuata sotto il consiglio e la supervisione di un medico. Inoltre la restrizione calorica – ovvero la riduzione dell'apporto calorico introdotto attraverso la dieta – può essere effettuato secondo diversi approcci.
Inoltre, sebbene non abbiamo prove scientifiche della loro efficacia nel migliorare la longevità degli uomini, le estrapolazioni teoriche di quanto osservato su modelli cellulari e animali oltre che su marcatori surrogati di longevità in salute sembrano andare in questa direzione: "Al momento infatti – specifica Giorgio Sesti, presidente della Società italiana di medicina interna – per nessuno di questi approcci esiste la dimostrazione scientifica che ne documenti in modo definitivo l’efficacia nell’allungare la vita in salute, perché i risultati degli studi in corso si potranno osservare solo tra qualche decennio".
I primi risultati in questo senso arrivano però dallo studio "Calerie" recentemente pubblicato su Nature Aging: "Una restrizione calorica del 25% rallenta – aggiunge Sesti – i processi di metilazione del Dna (legati a tanti processi di invecchiamento) già dopo appena due anni".
A prescindere dalle specifico del singolo caso, ci sono però alcuni suggerimenti universali. Ad esempio, gli specialisti consigliano di eliminare, o ridurre in modo importante, gli alimenti ultra-raffinati.
Un'altra strada possibile, anche se molto dibattuta, potrebbe essere il digiuno intermittente, che consiste nell'alternare giorni di quasi digiuno, a giorni in cui ci si alimenta in quantità normale. "L’argomento è al centro di tante controversie (anche non strettamente scientifiche), ma è serissimo. Tanto da trovare spazio anche su pubblicazioni del gruppo Nature", spiega Sesti.
C'è anche suggerisce la dieta mima-digiuno, che consiste nell'effettuare cinque giorni di dieta ipocalorica ogni 3-4 mesi. Così facendo si dovrebbe riuscire a riprodurre gli effetti metabolici del digiuno.
Si chiama "time-restricted eating" ed è uno degli approcci alimentari individuati di recente per riprodurre la riduzione calorica. Questo modello si basa sul principio chiave secondo cui bisogna nutrirsi mentre è ancora giorno e non mangiare troppo tardi la sera.
"Visto che il primo induttore di attività cellulare è la luce – aggiunge Alessandro Laviano, associato di Medicina interna presso l'Università Sapienza di Roma – questo approccio suggerisce di restringere la finestra temporale nella quale ci si può alimentare a meno di 12 ore, meglio se a 8-10 ore, sincronizzandola con la luce solare (una sorta di ‘dall’alba al tramonto’)".
Questa regola dovrebbe essere applicata almeno cinque giorni a settimana, per il principio secondo cui mangiare tardi – ricorda Laviano – sarebbe associato a un maggior rischio di patologie cronico-degenerative, mentre mangiare con la luce naturale sembrerebbe aiutare nella riduzione dello stato infiammatorio e nel dimagrimento.