Perché “Ansia” di Inside Out 2 può far sentire rappresentati gli adolescenti e a che età si forma questa emozione

Dopo Gioia, Tristezza, Rabbia, Disgusto e Paura arriva Ansia, il nuovissimo personaggio di Inside Out 2 che uscirà a Giugno 2024. Il fatto che arrivi proprio quando la protagonista compie 13 anni la dice lunga sullo scompiglio emotivo che qualunque adolescente prova. Il dover rispecchiare alte aspettative può causare molti disagi, non sempre gestiti nel modo giusto. Per i ragazzi la salute mentale è sempre meno un tabù ma, secondo la psicologa, “manca ancora l’intelligenza emotiva”.
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Evelyn Novello 29 Gennaio 2024
Intervista a Dott.ssa Miriam Nipote Psicologa e psicoterapeuta

Arriva con tutti i suoi bagagli mentre scatta l'allarme. Le altre emozioni sono nel panico, non capiscono cosa sta accadendo. È arrivata "Ansia". Questa è la novità di Inside Out 2, il film Disney e Pixar con protagonista la piccola Riley che ora, nel sequel, sta entrando in quella fase così complessa che è l'adolescenza. Il nuovo arrivato, dal trailer ufficiale, è agitato, logorroico, si presta bene a incarnare ciò che è l'ansia secondo i canoni più convenzionali.

La scelta di associare questo personaggio alla fase adolescenziale è sintomo di un disagio sempre più ampio tra i ragazzi. L'età dai 13 ai 18 anni è quanto mai delicata, è il momento in cui cerchiamo di capire chi siamo, cosa vogliamo e qual è il nostro posto nel mondo. È quel periodo in cui sentiamo chili di responsabilità sulle spalle e il dovere di incarnare un'identità che gli altri hanno scelto per noi. Dentro di noi qualche meccanismo inizia a incepparsi e percepiamo una distanza incolmabile tra ciò che siamo e ciò che dovremmo essere. Questa inadeguatezza costante può portare non solo all'ansia ma anche a disturbi più importanti che spesso non vengono capiti o indagati.

Queste sono un po' le caratteristiche degli adolescenti, con buona probabilità, di ogni ogni generazione. Ma quella di adesso come sta vivendo? La Gen Z è più informata, percepisce molto meno la salute mentale come un tabù ma comunque non è immune a meccanismi ansiogeni. Per capirne meglio, ne abbiamo parlato con la dott.ssa Miriam Nipote, psicologa e psicoterapeuta.

La protagonista di Inside Out, Riley, nel secondo film in uscita quest’anno è ormai adolescente. Perché, secondo lei, si è sentita la necessità di introdurre il personaggio “Ansia”?

Con "ansia" si intende l'insieme di reazioni che si hanno davanti a uno stimolo considerato minaccioso, davanti al quale non ci reputiamo sufficientemente capaci di rispondere. Nel trailer vediamo che quando arriva questo nuovo personaggio c’è tanto caos, si accende il pulsante dell’allarme, tutti si spaventano e si adoperano per aggiustare qualcosa che si rompe. Questa è la rappresentazione simbolica dello stravolgimento che avviene nell’adolescenza, ci sono diverse emozioni che si sviluppano in quell'età e ansia fa da padrone sicuramente.

L’ansia è il gap tra come siamo e come dovremmo essere.

Il target d'età del film è piuttosto basso, a che età si può iniziare a soffrirne e quali sono le ansie principali degli adolescenti?

Dipende dal tipo di ansia, a 3 anni un bambino può avere l'ansia da separazione quando va a scuola, in adolescenza ce ne sono altri. Le statistiche dicono che l’ansia è aumentata in tutte le fasce d’età, in modo particolare nell’adolescenza dopo il covid. Oggi l’adolescente ha l'ansia di non essere incluso nel gruppo, di non riuscire a fronteggiare le richieste scolastiche, di non rispecchiare la perfezione in molti ambiti, dall'alimentazione, allo sport, alla sostenibilità. Vedo i ragazzi affannati, poco consapevoli delle loro emozioni, incapaci di accoglierle come normali e spesso vanno in panico per questo. La Gen Z è informata sui disturbi psicologici ma è poco dotata di intelligenza emotiva.

Il mondo virtuale, dal canto suo, continua ad esporli a una cultura di felicità e di bellezza che li fa sentire sempre esclusi. Vedere gli altri apparentemente più felici li fa sentire diversi e questo è molto collegato all'ansia perché l’ansia è il gap tra come siamo e come dovremmo essere.

Il fatto che il personaggio "Ansia" sia logorroico e crei scompiglio, che significa? Possiamo considerarla una metafora azzeccata dell’ansia?

Come ci mostra il trailer di Inside Out 2, tutte le 5 emozioni si spaventano e si nascondono quando arriva "Ansia", questo simboleggia proprio che esiste la paura della paura. L’ansia fa paura alla nostra interiorità perché non accettiamo di provarla, ed è lì che si genera il panico e i diversi disturbi correlati.

Noto che si sta andando nella direzione di accogliere il disturbo psicologico ma l'intelligenza emotiva è un’altra cosa. Molti ragazzi non hanno sviluppato una familiarità con le loro emozioni e quando non le accettano vanno in panico. La psicologia ci ricorda che non esistono emozioni negative, esistono quelle difficili come la paura e la rabbia, che sono comunque fondamentali per vivere perché senza di loro non saremmo qui oggi.

Inside Out e Inside Out 2 possono aiutare i ragazzi (o perché no, anche gli adulti) ad accettare di provare l’ansia e invogliarli a intraprendere percorsi di psicoterapia?

Un film come questo è un evento accessibile a tutti che ha rappresentato in modo spontaneo e naturale quello che succede dentro di noi. L'intelligenza emotiva va costruita, non si nasce con la capacità innata di riconoscere le emozioni, va sviluppata. Il primo film ha dato un grande contributo a questo processo perché parla il linguaggio dei bambini. Se immaginiamo le emozioni come personaggi interni ci viene più facile riconoscere il processo.

Inside out spinge ad accettare e a chiedere aiuto. Ricordiamoci che accettare non vuol dire subire, vuol dire non farsene una colpa e in virtù di questo, se necessario, occuparsene. Tante volte non riusciamo a occuparci del disagio perché siamo impegnati in una lotta per respingerlo. È questo il grande regalo che ci ha fatto Inside Out, prendere confidenza con le proprie emozioni.

Sappiamo che la Gen Z ha caro il tema della salute mentale e col tempo sta diventando sempre meno un tabù. Ma basta questo per agevolare i percorsi di cura e di prevenzione? La società, le istituzioni, l’intrattenimento cosa possono fare di più e qual è il ruolo di ciascuno?

Se un genitore dice che non devi sentirti triste e l’insegnante che non devi provare ansia, non diffondono la cultura dell’accettazione delle emozioni. Se tutti gli enti di riferimento, tra cui scuole, oratori e famiglie, avessero una formazione psicologica, questo sarebbe un buon anticorpo naturale per i ragazzi. I percorsi di mindfulness insegnano questo, è il percorso che più aiuta a prendere coscienza di quello che accade dentro di noi.