Perché discriminiamo? Cosa accade nel nostro cervello per scatenare questa reazione

Possiamo parlare di discriminazione quando il pregiudizio si concretizza in un comportamento specifico. Questo atteggiamento ha molto a che fare con il modo in cui funziona la mente umana. E proprio per questo possiamo imparare a riconoscerlo, per evitare di metterlo in pratica.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Dott.ssa Samanta Travini Psicologa Psicoterapeuta
11 Novembre 2022 * ultima modifica il 11/11/2022

Quando il pregiudizio si traduce in un comportamento specifico possiamo parlare di discriminazione.

A differenza delle generalizzazione degli stereotipi e dei giudizi di valore dei pregiudizi, la discriminazione è un vero e proprio comportamento. I primi due, infatti, influenzano i nostri atteggiamenti nei confronti delle persone appartenenti a un determinato gruppo sociale che possono essere sia positivi che negativi. Attraverso questi comportamenti si mette in atto un'esclusione non motivata in base a una caratteristica non rilevante di una persona o di un gruppo. La discriminazione può colpire diversi fattori come il genere, l'etnia, la disabilità, la fede religiosa, l'orientamento sessuale o l’età.

Cos’è

Con questo termine si intende un trattamento diverso riservato a un particolare gruppo sociale da parte di un altro gruppo sociale. Lo scopo della discriminazione è stabilire una differenza tra i due o più gruppi a favore del proprio.

Uno dei risultati dei meccanismi della discriminazione è che le persone contro cui essa è diretta possono sperimentare un abbassamento dell’autostima.

Chi è vittima di discriminazione si può sentire inferiore, uno che non vale nulla, può scegliere di rinunciare a ogni sforzo per ottenere dei successi, può avere tendenze all’autolesionismo.

Inoltre, le vittime della discriminazione spesso sono indotte a comportarsi in modo da giustificare il pregiudizio o la discriminazione.

Perché la mettiamo in pratica?

La paura del diverso è quell’insieme di emozioni negative e sfavorevoli innescate quando ci si trova davanti a persone con caratteristiche differenti rispetto alle proprie, come il colore della pelle, il credo religioso o l’orientamento sessuale.

Nonostante vi è la tendenza a credere che il disprezzo per il diverso sia solo dovuto da cattiveria e poca umanità, tali atteggiamenti hanno anche a che fare con il modo in cui funziona la mente umana, che cerca sempre di difendersi dal mondo esterno e di definirsi.

Vari studi hanno dimostrato che quando ci si trova davanti un individuo diverso da se, a livello psicologico vengono attivati dei meccanismi simili a quelli che si verificano a livello biologico in seguito all’incontro di agenti estranei, ritenuti dannosi alla salute: il sistema immunitario protegge il corpo da eventuali alterazioni patogene.

Analogamente avere davanti una persona considerata diversa, come uno straniero, implica l’attivazione di una certa quantità di ansia, derivante dalla minaccia che qualcosa di esterno e differente da sé possa mutare l’equilibrio interno e la propria identità sociale. Questo meccanismo può dar vita a due tipi di reazione: una condizione di “eccessiva uguaglianza”, ovvero la consapevolezza che lo straniero è assolutamente identico a sé o, appunto la paura di ciò che è ignoto e sconosciuto, percepito come pericoloso. Pur trattandosi di due situazioni antitetiche, la conseguenza è la stessa: il radicarsi di un’assoluta omogeneità o di un eccessiva diversità causa l’irrigidimento delle due parti, che non considerano la possibilità di mettere in atto cambiamenti positivi attraverso l’incontro tra differenze.

Tuttavia il dato di fatto per cui i nostri meccanismi mentali ci portano ad avere timore della diversità e a evitarla, non deve essere una giustificazione alla discriminazione e al disprezzo nei confronti di ciò che non conosciamo. Al contrario, essere consapevoli di essi ci permette di contenere determinati meccanismi e di avere una flessibilità tale, attraverso cui riconoscere le situazioni in cui la diversità non è un qualcosa di dannoso di cui aver paura, ma è invece un “mondo nuovo” da scoprire, a cui è possibile avvicinarsi con curiosità, confronto e interesse.

Non sempre è facile rendersi conto degli stereotipi, dei pregiudizi o dei comportamenti discriminatori perché molto spesso sono parte integrante della nostra cultura. Per questo, può essere utile analizzare le semplificazioni che mettiamo in atto nei confronti di altri gruppi sociali e cercare di individuare pregiudizi e stereotipi in modo tale da poter ridurre i nostri comportamenti discriminatori.

Sta a noi identificare situazioni simili, che fin troppo spesso mettiamo in atto quasi inconsapevolmente. Dovremmo, quindi, impegnarci per evitarle o per porvi rimedio.

Laureata in psicologia clinica dello sviluppo e neuropsicologia, si occupa di sostegno psicologico per individui, coppie e famiglie con particolare attenzione altro…