Tra i leader che notoriamente non hanno a cuore la questione del cambiamento climatico, Boris Johnson di certo non si discosta dal compiere scelte discutibili a livello ambientale. Come quella recente di appoggiare in pieno l’apertura di una nuova miniera di carbone in Cumbria, una zona a nord-ovest dell’Inghilterra.
La nuova miniera dovrebbe poter produrre carbone destinato all’esportazione almeno fino al 2049. Quello di Johnson è un atteggiamento decisamente controcorrente rispetto agli sforzi promossi a livello mondiale (o almeno a ciò che si dice si dovrebbe fare), che si pone in una situazione quasi di provocazione se consideriamo che a novembre proprio nel Regno Unito, precisamente a Glasgow, dovrebbe tenersi il summit delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, il più importante dopo quello tenutosi a Parigi nel 2015 (da cui, come sappiamo, è poi nato l’accordo di Parigi).
Ricercatori, ambientalisti e altre personalità hanno condannato la mossa di aprire una miniera, anche se solo per l’esportazione, dal momento che un Paese come l’Inghilterra dovrebbe dare l’esempio e impegnarsi sempre di più nel raggiungimento degli obiettivi climatici fissati dalla comunità internazionale di riduzione delle emissioni e di spinta alle fonti di energia rinnovabile. In questo modo il Paese rischia di perdere credibilità.