Ritrovati resti di bambino di Neanderthal con sindrome di Down: la scoperta racconta la compassione dell’uomo

La capacità di prendersi cura di chi ha bisogno è un istinto preistorico. Lo ha dimostrato la scoperta di un bambino Neanderthal di 6 anni con la Sindrome di Down. E’ la prima volta che gli archeologi trovano tracce evidenti di questa malattia genetica e l’età del bimbo racconta anche le radici nel vero altruismo.
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Valentina Rorato 2 Luglio 2024
* ultima modifica il 02/07/2024

È stato trovato, nelle ossa di un bambino Neanderthal, il più antico esempio di Sindrome di Down. Si tratta di una scoperta incredibile che fa riflettere non solo sulla presenza, così antica, di questa malattia genetica, ma anche sulla predisposta capacità dell’uomo preistorico di sapersi prendere cura dei soggetti più fragili.

In una grotta spagnola, sono stati rinvenuti alcuni resti di 146mila anni fa, tra cui quelli di un cranio, di un bambino di circa 6 anni, con ben conservato l’osso dell'orecchio interno, lungo solo pochi centimetri. L'osso ha mostrato alcune piccole anomalie che oggi possono essere tipiche delle persone con sindrome di Down.

Le scansioni ad alta risoluzione di questo ossicino interno hanno rivelato una struttura a spirale, notevolmente più piccola rispetto ad altri Neanderthal. In combinazione con altre formazioni insolite nella complessa struttura dell'orecchio interno, i ricercatori hanno affermato che le anomalie indicano chiaramente che il bambino è nato con la sindrome.

Se confermata, la scoperta rafforzerebbe la prova che i nostri cugini preistorici più stretti si prendevano cura dei membri vulnerabili delle loro comunità. Causata da una copia extra del cromosoma 21 (i ricercatori per questo motivo stanno cercando di recuperare il Dna del bambino Neanderthal), la sindrome di Down può causare diversi problemi di salute e ritardi nello sviluppo, tra cui la perdita parziale o totale dell'udito. Questi disturbi possono variare ampiamente in gravità, ma molti sintomi potrebbero essere stati estremamente difficile da gestire per le famiglie preistoriche.

Le anomalie rivenute potrebbero essere associate a difficoltà di comunicare e di camminare a causa di problemi di equilibrio e vertigini. E non è tutto, perché la sindrome di Down spesso ha una sintomatologia non visibile nell'osso, come la difficoltà nell'allattamento. Quindi il fatto che il bimbo, soprannominato Tina sebbene non cvi siano certezze sul genere, abbia vissuto fino all'età di 6 anni suggerisce che i Neanderthal di Cova Negra abbiano dedicato risorse e tempo extra per aiutarlo a sopravvivere.

La scoperta si aggiunge anche alla già considerevole prova che i Neanderthal erano capaci di pianificazione complessa e pensiero astratto. “La sopravvivenza di questa bambina, oltre il periodo dell'allattamento al seno, implica un caregiving di gruppo, probabilmente più esteso di quello genitoriale, tipico di un contesto sociale altamente collaborativo tra i membri del gruppo. Altrimenti, è molto difficile spiegare la sopravvivenza di questo individuo fino all’età di sei anni”, ha affermato Valentín Villaverde, coautrice dello studio e professoressa emerita di preistoria all’Università di Valencia.

Non è la prima volta che gli archeologi trovano prove che i Neanderthal si prendessero cura delle persone con bisogni speciali. Uno degli esempi più noti, è un uomo di Neanderthal sepolto nella grotta di Shanidar nell'odierno Iraq, che morì all'età di circa 50 anni con problemi di vista e udito e un braccio parzialmente amputato: condizioni a cui non avrebbe potuto sopravvivere senza l'aiuto di altri.

Fonte | The child who lived: Down syndrome among Neanderthals? pubblicato su Science Advances il 26 giugno 2024

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