Smart working e presentismo: quando è necessario prendere le giuste distanze dal lavoro

Lo smart working incentivato durante e dopo il lockdown ha accentuato una forma di stacanovismo lavorativo, conosciuto come presenteismo. Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Samanta Travini, psicologa.
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Gaia Cortese 27 Gennaio 2021
In collaborazione con Dott.ssa Samanta Travini Psicologa

Lo scorso 9 marzo è scattato il primo lockdown a causa della pandemia da Covid-19. Da quel momento il mondo della scuola e il settore del lavoro si sono dovuti adattare alla nuova situazione e quindi reiventarsi. Mentre la scuola adottava (più o meno con successo) la didattica a distanza, le aziende che potevano, guardavano allo smart working come unica alternativa possibile.

Forse in un primo momento lo smart working ha entusiasmato per i suoi indiscutibili vantaggi: non solo la comodità di poter lavorare “in pigiama”, ma soprattutto il completo annullamento delle distanze e dei tempi di spostamento casa-ufficio. Tuttavia, settimana dopo settimana, le prime perplessità sullo smart working non si sono fatte attendere.

Forse nella situazione peggiore si sono trovati i genitori di figli a casa da scuola, impegnati solo per qualche ora al giorno da una didattica a distanza che stentava a prendere il via. Il problema non è stato solo quello di riempire il loro tempo, ma anche quello di doversi barcamenare tra conferenze online e tavole da apparecchiare all'ora di pranzo.

Chi sono i presenteisti

Al di là dei datori e dei dipendenti con prole fissa a casa, c'è stata, e tuttora esiste, una specifica categoria di lavoratori che ha sofferto parecchio per la situazione, ossia i cosiddetti presenteisti, vale a dire tutte quelle che persone che fino a quel momento vivevano di lavoro.

I presenteisti sono quelli che si imbottiscono di Tachipirina e Fluimucil pur di venire a lavorare in ufficio, che arrivano prima al mattino e sono gli ultimi ad andare via e che rispondono alle mail anche nel weekend o in vacanza. Sono sempre attivi e reperibili e se li metti in smart working, non possono far a meno di essere il più possibile visibili. Alcuni di loro arrivano a questo comportamento per una profonda insicurezza in ambito lavorativo, o al contrario, per una smisurata ambizione di fare carriera, o ancora per paura di essere superati da qualche collega. Altri invece, diventano presenteisti a causa del proprio datore di lavoro che riponendo poca fiducia nei propri dipendenti ne vuole controllare ogni movimento.

È sicuro che con lo smart working dovuto al lockdown, certe situazioni sono addirittura peggiorate. Come ha spiegato Lavinia Basso, Job & Life coach in questo articolo: “C’è l’approccio della visibilità, che provoca appunto il presentismo: se sei in ufficio "ti vedo e controllo se lavori". Così se "sei a casa e non ti posso vedere", significa che devi esserci sempre, perché sei in una condizione di "privilegio", a lavorare da remoto. Questo ragionamento viene fatto poi senza calcolare che le persone si sono ritrovate a dover gestire, non solo il lavoro in una condizione inconsueta, ma al tempo stesso anche la famiglia, le relazioni e i bambini”.

Chi era già presenteista, ne ha pagato maggiormente le conseguenze; chi non lo era, forse lo è diventato.

Quali soluzioni

Se ti sei identificato nella figura del presenteista (anche se non lo sei diventato per tua volontà), uscire da questa condizione non è impossibile. Se ti sei accorto che non riesci a staccarti dal tuo computer, che non hai più orari e che lo stress sta avendo la meglio, la prima cosa da fare è metterti dei paletti, iniziando dal rispetto dei tuoi orari di lavoro. Un conto, infatti, è far cadere la penna allo scoccare delle 17, altra storia è regalare ogni giorno ore di straordinari.

Se prima le pause in ufficio erano consentite, perché non crearsi un momento relax anche in casa, alzandosi dalla sedia e preparandoti un caffè in cucina? Certo non c'è il piacere di scambiare due chiacchiere con i colleghi di ufficio, ma così facendo, permetti al tuo cervello di prendersi una pausa rigenerante per riprendere il lavoro con più entusiasmo.

Un'ottima abitudine è poi quella di dedicarsi due momenti di svago nel corso della giornata: uno prima di iniziare a lavorare, uno appena si stacca. Un momento che può essere dedicato ad un'attività piacevole come lo sport, una sessione di meditazione o una passeggiata in mezzo al verde. Un momento indispensabile perché la tua vita quotidiana non sia "solo lavoro".

Il parere dell'esperto

Abbiamo sentito sull'argomento la Dottoressa Samanta Travini, psicologa: "Si parla spesso di assenteismo, ma anche il troppo lavoro ha effetti negativi. Per indicare tutte quelle persone che, pur non godendo di perfetta forma fisica e mentale, decidono di andare comunque al lavoro si usa il termine “presenteisti”. Queste persone si impongono di non mancare mai in ufficio, salvo casi del tutto eccezionali.

Oltre all’andare al lavoro malati, anticipare di molto l’ingresso in ufficio, trattenersi al lavoro ben oltre l’orario consentito, non conoscere limiti di tempo per mandare o ricevere mail, non concedersi piccole pause durante il giorno, sono tutte fattispecie che rientrano di diritto nella sfera del presenteismo.

Questa forma di presenzialismo può essere il frutto della convinzione di essere indispensabili sul posto di lavoro, dovendo svolgere delle attività importanti che vanno completate, oppure non volendo sovraccaricare i propri colleghi, o ancora temendo di essere penalizzati per essersi assentati.

Il fenomeno del presenzialismo ha evidentemente origine non solo da una disposizione psicologica del singolo lavoratore, ma anche da una cultura aziendale intrisa di concetti quali la produttività lavorativa, l’efficienza, e il mettersi in mostra a tutti i costi.

Il principale effetto del presenzialismo è la perdita di produttività. Gli studi presenti in letteratura dimostrano che i costi connessi al presenzialismo in termini di produttività sono superiori a quelli che l’azienda dovrebbe sostenere se il lavoratore rimanesse a casa. Tanto più è debilitante la malattia che il lavoratore nasconde e tanto più la sua produttività calerà. Gli effetti negativi del presenzialismo però ricadono anche sul lavoratore stesso. In primo luogo, i presenzialisti sono maggiormente esposti degli altri al rischio infortunio. Ciò a causa dei cali di concentrazione che un cattivo stato di salute spesso comporta. Inoltre, non curare con il riposo una malattia rischia di aggravarne il quadro clinico in maniera anche grave.

Il riconoscimento sociale, di gruppo e individuale può essere un buon modo per combattere il presenteismo. Se il lavoratore sente che gli altri danno valore al prodotto del suo lavoro, che l’impresa reagisce all’aumento del suo rendimento e non soltanto alle ricadute, è più facile che la motivazione arrivi a buoni livelli".