Test del QI: come funziona e cosa misura di preciso un quesito sull’intelligenza

Se non indicato espressamente, le informazioni riportate in questa pagina sono da intendersi come non riconosciute da uno studio medico-scientifico.
Non ne esiste uno solo, ma diversi. Il procedimento è lo stesso: una serie di domande alle quali devi rispondere in un determinato lasso di tempo. Il risultato dovrebbe calcolare la tua intelligenza e, in base a questa, quanto successo avrai nella vita. Ma siamo sicuri che basti un test?
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Giulia Dallagiovanna 21 Gennaio 2019

Sai cos'è l'intelligenza? E come si misura? Non sono domande così banali se pensi che nemmeno gli scienziati sono ancora riusciti a trovare la risposta. La definizione più accreditata è che l'intelligenza sia la capacità di adattare il proprio pensiero di fronte al cambiamento delle circostanze, per raggiungere determinati obiettivi.

Ma questa descrizione appare in genere molto vaga. Più che al singolare, infatti, bisognerebbe parlare al plurale. Raymond Cattell, psicologo inglese morto nel 1998, ha proposto un modello basato su due intelligenze: fluida e cristallizzata. La prima è la capacità di risolvere i problemi senza far ricorso a conoscenze pregresse, mentre la seconda si riferisce all'impiego di cultura e nozioni acquisite tramite l'esperienza per trovare una soluzione.

I test del quoziente intellettivo (Q.I.) mirano proprio a misurare queste due facoltà, utilizzando una scala e una serie di punteggi standardizzati. Nel corso del tempo, i risultati emersi hanno trovato conferme o suscitato alcune critiche. Quello che è stato evidente fin da subito, è che un solo questionario non sia in grado di determinare con certezza quando una persona sia intelligente e quanto successo potrà ottenere nella vita.

Come funziona un test del Q.I.

Non esiste un solo test del quoziente intellettivo, ma una serie di prove diverse che partono dalla stessa idea di base: un numero finito di quesiti ai quali una persona deve rispondere in un certo lasso di tempo, per ottenere un punteggio su una scala da 0 a più di 100.

  • Fra 85 e 115 punti: individuo normodotato, un range nel quale ricade la maggior parte della popolazione
  • Fra i 70 e gli 85 punti: si segnalano alcune difficoltà
  • Meno di 70 punti: si tratta di un individuo con problemi di ritardo mentale
  • Più di 115 punti: un individuo plus dotato, con una capacità oltre la media

Sembra che Albert Einstein raggiungesse addirittura i 160 punti. Superano sicuramente il punteggio normale i bambini-prodigio, di cui su Ohga ti avevamo già parlato.

Ma come si determina questo risultato? I due test più utilizzati sono le Matrici di Raven e le Scale di Wechsler. Il primo ti mette di fronte una serie di figure e ti chiede di trovare quella mancante. I quesiti aumentano di difficoltà a mano a mano che rispondi e valutano la tua capacità di analisi, codifica, interpretazione e comprensione delle circostanze. Il risultato dovrebbe misurare la tua intelligenza fluida.

Le Scale di Wechsler misurano invece anche quella cristallizzata. Si basano sempre sul completamento o la riproduzione di immagini e sequenze di colore, ma anche su nozioni apprese a scuola o sulla capacità di elaborarle verbalmente. Misurano inoltre la velocità che hai nel processare le informazioni e la memoria di lavoro, cioè per quanto tempo riesci a ricordare un dato appena appreso.

In teoria, questi test sono in grado non solo di valutare la tua intelligenza, ma anche di predire quanto successo potrai ottenere nella vita in base alle tue capacità.

Breve storia del test del Q.I.

I test per misurare l'intelligenza esistono dal 1905, quando Alfred Binet, psicologo francese, ideò e pubblicò la Scala Binet-Simon. Serviva a calcolare l'età mentale del bambino e veniva usata per capire fin da subito quali alunni avessero avuto più bisogno di sostegno a scuola.

Ma è stato lo psicologo tedesco William Louis Stern a coniare il termine "quoziente intellettivo"e a definire una formula che permettesse di ottenere un punteggio in base a una media fissata a 100. In questo modo, sarebbe stato più facile mette a confronto persone di età diversa.

Il primo test per adulti arrivò nel 1939 grazie a David Wechsler che ideò le famose scale per misurare le capacità lessicali, cioè di cultura generale, comprensione del testo e conoscenza dei vocaboli, e le abilità come quella di individuare rapidamente alcuni dettagli visivi o fare corrette associazioni logico-sequenziali.

Basta un test?

I test di intelligenza hanno in realtà raccolto più critiche che applausi. Un punteggio ottenuto grazie a una serie di quesiti uguali per tutti non tiene conto, ad esempio, dei fattori ambientali e dell'educazione che un bambino ha ricevuto.

Nel 2013 l'Università di Western, in Canada, ha condotto un esperimento online, al quale hanno partecipato oltre 100mila persone da tutto il mondo. I ricercatori son arrivati alla conclusione che un unico test è fuorviante e per misurare davvero l'intelligenza di una persona sono necessarie prove che valutino diversi aspetti.

Le differenze nei risultati infatti dipendono da tre parametri: memoria a breve termine, capacità di ragionamento e abilità di parola. Significa in sostanza che se non sei in grado di ricordarti in quale anno è caduto l'Impero Romano d'Oriente, non significa che tu non sia intelligente.

E quella razionale poi non è l'unica forma di sapere che possiedi. David Goleman, psicologo e docente dell'Università di Harvard, negli anni '90 ha formulato la teoria dell'intelligenza emotiva: le capacità di gestire le tue emozioni e di trasmetterle agli altri, di modulare i tuoi stati d'animo, di motivare te stesso, di controllare i tuoi impulsi, di rimandare la gratificazione e di essere empatico ti hanno aiutato nella tua vita esattamente come il tuo intelletto. L'intelligenza è quindi un insieme di cognizione ed emozione.

Se ci pensi bene, il successo che hai ottenuto è stato, certo, grazie alle tue conoscenze e alla tua abilità di ragionamento, ma è anche merito della tua capacità di lavorare assieme agli altri, di creare dei legami sinceri, di essere determinato e di trovare il supporto di altre persone. Insomma, non ottenere un gran punteggio in un quesito teorico, significa davvero poco nella realtà.