Ucciso dalla polizia mentre protesta per l’ambiente: la morte di Manuel Terán fa scoppiare lo stato d’emergenza in Georgia

Un’altra morte in difesa dell’ambiente. Questo è quanto accaduto ad Atlanta, nello stato della Georgia il 18 gennaio, durante una protesta di un gruppo di attivisti: “Stop Cop City”. Proviamo a ricostruire la storia di quanto è successo e continua a succedere in un Paese dove, adesso vige lo stato d’emergenza.
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Mattia Giangaspero 1 Febbraio 2023

Era il 18 gennaio, quando Manuel Esteban Paez Terán, attivista ambientalista di 26 anni, è stato ucciso da un agente di polizia della Georgia, negli Stati Uniti, a “Intrenchment Creek Park”, un sito pianificato per l'Atlanta Public Safety Training Center e soprannominato localmente "Cop City”.

Da quel momento in America, e soprattutto nella città di Atlanta, è scoppiato il caos. Manifestazioni, proteste, scontri con la polizia. In campo è scesa l’agenzia di investigazione della Georgia, la GBI, per analizzare la situazione e infine è intervenuto anche il governatore repubblicano Brian Kemp, il quale ha dichiarato, il 26 gennaio, lo stato di emergenza:

"La sera del 21 gennaio 2023, le proteste sono diventate violente nel centro di Atlanta quando attivisti mascherati hanno lanciato pietre, lanciato fuochi d'artificio e bruciato un veicolo della polizia davanti all'edificio degli uffici della Atlanta Police Foundation. Sono accusati di molti crimini, tra cui il terrorismo interno”

Il governatore ha poi incentrato il suo discorso sul lato umano dei cittadini dello Stato della Georgia, tralasciando l’accaduto di qualche giorno prima riguardante la morte di Paez Terán:

"I georgiani rispettano le proteste pacifiche, ma non tollerano atti di violenza contro persone o proprietà. Sono state chiamate circa 1000 guardie nazionali e durante questo periodo avranno gli stessi poteri di arresto di altri agenti delle forze dell’ordine. Lo stato di emergenza continuerà fino a giovedì 9 febbraio alle 23:59”.

Perché si è arrivati a questo tipo di scontro, cosa sta accadendo? Com’è stato possibile che, anche in uno Stato ampiamente democratico, si possa morire per difendere la natura e lottare contro i disastri ambientali?

La protesta del movimento Stop Cop City e la Foresta di Weelaunee

Manuel Esteban Paez Terán era laureato in psicologia e viveva a Tallahassee, in Florida,  da oltre due anni. Fuori dalle aule universitaria era ben noto dagli ambienti di attivismo locale. Infatti Terán ha partecipato a più di una mezza dozzina di organizzazioni, dagli orti comunitari e Food Not Bombs, al Comitato di azione comunitaria di Tallahassee (gruppo sindacale). Terán ha anche fondato un gruppo di aiuto per il quartiere Greater Bond, della città.

Teran, soprannominato Tortuguita, il giorno in cui ha perso la vita, aveva partecipato ad una mobilitazione svolta dal movimento di attivismo ambientaleStop Cop City” di Atlanta.

La protesta era rivolta contro lo Stato e le varie strutture di polizia della città, le quali avevano e hanno l’interesse di disboscare un’area forestale confinante di 85 acri per costruire una nuova struttura di addestramento delle forze dell’ordine.

La foresta di cui ti sto parlando è la “Weelaunee Forest” o anche “South river forest”. E la sua storia è al quanto tormentata, da ben prima dell’accaduto, ormai da troppo tempo. Da oltre cento anni.

Fino a circa metà del diciannovesimo secolo, quindi ti parlo dell’Ottocento, la foresta era considerata la casa di una tribù americana che però proprio in quel periodo fu allontanata dai militari che decisero di sfruttare l’area verde per piantagioni di cotone e negli anni a venire da altri raccolti.

Attualmente la macro zona presente intorno alla foresta di Weelaunee è popolata da afroamericani  che si sentono abbandonati dall’amministrazione cittadina fino a essere quasi emarginati dal resto del contesto sociale. Il movimento nato si poneva l’obiettivo di difendere la zona e la foresta da nuovi attacchi istituzionali ai danni della natura.

Manuel Esteban Paez Teran, la versione istituzionale della morte

Il “Georgia Bureau of Investigation” (GBI) ha affermato che Terán durante la protesta  "non ha rispettato" i "comandi verbali" degli agenti di polizia, ma non solo. Le proteste pacifiche sono degenerate e secondo le autorità l’attivista 26enne ha sparato a un agente. L’ufficiale è stato colpito alla zona pelvica (in questo momento si trova sotto osservazione all’ospedale di Atlanta e non è in pericolo di vita). Questa presunta azione di Terán però ha portato le altre forze di polizia a rispondere al fuoco, uccidendolo.

Manuel-Paez-Terán-atlanta-georgia-stop-cop-city-foresta-gbi-america-stati-uniti
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Qualche giorno dopo l’accaduto proprio la GBI ha rilasciato una foto della pistola che secondo loro era in possesso di Terán e che corrispondeva al "proiettile recuperato dalla ferita del soldato".

La pistola trovata sulla scena è stata poi identificata e corrisponderebbe a quella acquistata legalmente da Terán nel settembre 2020 – afferma la polizia.

Gli attivisti hanno messo in dubbio, però, il resoconto dell'incidente delle forze dell'ordine – incidente che non è stato catturato dalla telecamera-  etichettandolo come un "omicidio"e chiedendo con forza di fare altre indagini indipendenti.

Questa vicenda, anche narrata in questo modo da parte delle autorità, ha generato scompiglio, a sua volta degenerato nelle azioni sovversive di questi giorni ad Atlanta.

Il cordoglio della famiglia di Terán 

Dopo che Manuel ha perso la vita, la famiglia ha deciso di creare una pagina di donazioni in sua memoria:

“I fondi andranno alle spese funerarie e a sostenere la famiglia con viaggi, cibo e in generale durante questo periodo di immenso dolore"

Si, anche viaggio e cibo, perché la mamma di Terán è attualmente a Panama e deve richiedere un visto di emergenza per andare negli Stati Uniti, in modo da poter stare con suo figlio e la sua famiglia. Ha bisogno, quindi, anche di sostegno finanziario per raggiungere questo obiettivo.

Le proteste per la morte di Terán non si sono, ovviamente, fermati agli attivisti di Stop Cop City, molte persone sono scese in piazza e anche la sua famiglia ha contestato la versione dei fatti della polizia, accusando le autorità di omicidio.

La pagina della donazione infatti continuava:

"Non ci sono filmati dell'omicidio con la telecamera del corpo, e quindi sarà più difficile stabilire cosa sia realmente accaduto il 18 gennaio. Ma quello che sappiamo è che Manny non è più con noi nel regno materiale e che la vita di un essere umano è stata violentemente presa”.

La madre di Manuel Terán ha poi parlato con i media locali e ha aggiunto:

"Sto per cancellare il nome di Manuel. L’ hanno ucciso come se abbattessero alberi nella foresta – una foresta che Manuel amava con passione".

Una morte per l'ambiente, non c'è pace per protestare

L’organizzazione Global Witness, ha evidenziato come, negli ultimi dieci anni, siano morti oltre 1700 attivisti che protestavano per la lotto al cambiamento climatico. Molte di queste scomparse sono avvenute particolarmente in America Latina e riguardano soprattuto minoranze indigene. Un'atto di censura fisica, di repressione disumana e che continua a essere impunita. Una vera vergogna per un mondo civile che ha il compito di difendere tutti i suoi cittadini, nel bene e nel male delle azioni. Non si sa ancora se la versione delle autorità, riguardante la morte di Manuel Terán sia vera, ma anche se lo fosse, resta il fatto che al fuoco, non bisogna rispondere con altro fuoco, ancor di più quando da una parte c'è lo Stato che può avere la forza di arginare questi eventi senza l'uso di violenza e senza generare altra violenza.

Fonte immagini di copertina presa da Twitter