Una terapia con melatonina potrebbe aiutare a limitare i danni neurologici a cui vanno incontro i neonati pretermine

la melatonina potrebbe diventare un alleato fondamentale per proteggere i bambini pretermine dai danni al cervello. Lo dicono i primi risultati di Mnesys, un imponente progetto di ricerca sullo studio del neurosviluppo dei bambini finanziato con uno stanziamento record di 115 milioni di euro derivati dal Pnrr.
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Kevin Ben Alì Zinati 21 Giugno 2024
* ultima modifica il 21/06/2024

La melatonina è il nuovo potenziale alleato per la popolazione dei neonati, specialmente quelli che nascono pretermine e vanno quindi incontro a un maggior rischio di lesioni a carico del cervello.

Questo ormone potrebbe diventare determinante nel contrasto all’encefalopatia ipossico ischemica, una delle maggiori cause di morte e disabilità neurologica nei bambini che nascono prima della 37esima settimana di gravidanza.

Lo dicono i primi risultati di Mnesys, un imponente progetto di ricerca sullo studio del neurosviluppo dei bambini finanziato con uno stanziamento record di 115 milioni di euro derivati dal Pnrr e capace di mettere insieme oltre 200 progetti e 500 scienziati di 25 fra atenei pubblici e privati, enti di ricerca e imprese.

La nascita pretermine non è solo un evento frequente – tieni conto che circa il 5-10% di tutti i neonati necessità di cure rianimatorie al momento della nascita e che tra questi, 1 bambino su 10 nasce prima del tempo  – ma è anche assai rischioso.

Un bambino pretermine presenta infatti un alto rischio di patologie croniche, ritardi nello sviluppo, paralisi cerebrale, disturbi neurologici dell’apprendimento, comportamentali e psichiatrici. Tra queste patologie e disturbi, una delle più frequenti e temute è la cosiddetta encefalopatia ipossico ischemica.

Si verifica quando non arriva abbastanza sangue ossigenato al al cervello del feto, che va così incontro a danni neurologici permanenti e anche morte. Secondo l’istituto Superiore di Sanità, colpisce circa 1-2/1000 nati a termine e fino al 60% nei neonati prematuri di peso inferiore a 1500 grammi.

Ad oggi l’ipotermia terapeutica è l’unica possibilità di trattamento delle forme moderate o gravi di questa patologia: iniziata entro 6 ore dalla nascita e proseguita per 72 ore, può ridurre dal 60% al 46% la morte o disabilità a 18 mesi.

Parallelamente però i ricercatori hanno messo sotto la lente d’ingrandimento un potenziale trattamento con la melatonina, un ormone noto per il suo ruolo nella regolazione del ritmo circadiano del nostro corpo.

Ebbene, gli studi hanno dimostrato che la melatonina sarebbe in grado di intervenire nei processi di crescita e proliferazione cellulare dopo un evento di asfissia. Ciò la renderebbe una potenziale terapia aggiuntiva da utilizzare in combinazione con l'ipotermia terapeutica.

Il risultato è stato prima ottenuto in un gruppo di ratti, in cui si è visto che se prima l’ipossia-ischemia provocava un aumento significativo dei livelli circolanti di miR-126 e miR-146a, frammenti di RNA, il successivo trattamento con melatonina ne ripristina i valori. Successivamente, la bontà dei risultati è stata confermata anche analizzando il siero di neonati con encefalopatia ipossico-ischemica sottoposti a ipotermia terapeutica e melatonina.

Fonte | Ansa

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