Perché un parto prematuro è pericoloso per la mamma e per il bambino?

Si parla di parto prematuro quando la nascita del bimbo arriva prima delle 37 settimane di gestazione, ma i problemi di salute più gravi si presentano per i piccoli che vengono alla luce prima della 32esima settimana o con un peso alla nascita uguale o inferiore a 1,5 kg.
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Gaia Cortese 17 Novembre 2018
* ultima modifica il 16/05/2021

Secondo un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno nel mondo nascono 15 milioni di bambini prematuri, con un rapporto di oltre una nascita pretermine ogni dieci. I neonati che muoiono ogni anno a causa di complicazioni legate al parto pretermine sono oltre un milione e, tra quelli che sopravvivono, si riscontrano spesso disabilità permanenti di natura fisica o neurologica.

Un parto prematuro, o parto pretermine, si verifica prima del completamento della 37esima settimana di gestazione. Anche se il bambino non raggiunge le canoniche 40-41 settimane, a questo punto della gestazione è pronto per venire alla luce: i suoi organi sono completamente formati e ha un peso corporeo idoneo alla vita extrauterina (il peso corporeo dei nati tra le 37 e le 41 settimane è di circa 3.400 grammi). I problemi si presentano per i bambini con un’età gestazionale uguale o inferiore alle 32 settimane o con un peso alla nascita uguale o inferiore a 1.500 grammi.

Un bambino su 10 nasce pretermine

I neonati che vengono alla luce prima della 32esima settimana di gestazione possono avere serie difficoltà respiratorie e sono più a rischio di infezioni. Oggi queste complicanze vengono gestite molto meglio rispetto a un’epoca passata, ma il rischio è ancora alto per i bimbi con meno di 28 settimane, perché rischiano di avere problemi cardiocircolatori e respiratori e hanno un’alta probabilità di arresto del respiro e abbassamento della pressione subito dopo la nascita; possono poi avere anche danni alla retina che, se non trattati, possono portare alla cecità, e problemi neurologici.

Dopo la nascita i prematuri vengono messi nell’incubatrice, una culla termica che garantisce loro il giusto grado di ossigenazione, temperatura, umidità per replicare il più possibile le condizioni di vita dentro la pancia della mamma. A volte possono bastare pochi giorni, a volte sono necessari mesi interi in incubatrice prima che il bambino sia pronto per vivere in condizioni normali. L’incubatrice non è la panacea di tutti i mali. Una nascita prematura rappresenta comunque un forte impatto sia per la mamma che per il papà; ma, da un punto di vista clinico, è soprattutto la mamma la metà della coppia più sensibile perché, in questo particolare momento, può non essere nelle migliori condizioni per affrontare un evento di questo tipo.

Una mamma di un prematuro, infatti, dopo il parto potrebbe incorrere nell’aggravamento delle condizioni che hanno portato al parto pretermine (ipertensione difficile da gestire, anemia, diabete, insufficienze cardio-respiratorie, traumi e infezioni uro-ginecologiche). In questo momento la donna è poi soggetta anche a forti sbalzi ormonali conseguenti al parto che, sommati al trauma del parto pretermine, possono portare a problemi di natura psicologica, o anche alla depressione post-partum.

Oggi, per aiutare i genitori a superare il trauma di una nascita prematura e lo sconforto nel vedere il proprio bambino in un'incubatrice, in tutte le terapie intensive neonatali è sempre presente uno psicologo di reparto, e per aiutare il bambino (ma anche i genitori) a stare meglio, si usa sempre di più la terapia del contatto pelle a pelle, per aiutare i genitori a stabilire una relazione più intima con il proprio bambino.

Fonte| Associazione Ostetrici Ginecologici ospedalieri italiani

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