Tumore delle vie biliari, un nuovo farmaco aumenta la sopravvivenza: come si riconosce questa neoplasia?

Un nuovo studio avrebbe dimostarto che la combinazione dell’immunoterapico durvalumab con la chemioterapia aumenterebbe la sopravvivenza a tre anni dopo la diagnosi nei pazienti colpiti da una forma avanzata di tumore delle vie biliari.
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Kevin Ben Alì Zinati 24 Aprile 2024
* ultima modifica il 24/04/2024

Una sopravvivenza maggiore. È il cuore di in nuovo studio dedicato alla ricerca di un alleato terapeutico contro il tumore delle vie biliari.

Il farmaco immunoterapico durvalumab, combinato con la chemioterapia, avrebbe garantito un beneficio clinicamente significativo in termini di sopravvivenza dopo la diagnosi a tre anni nei pazienti colpiti da una forma avanzata.

Presentati alla Cholangiocarcinoma Foundation Conference 2024 a Salt Lake City, negli Stati Uniti, i risultati dello studio di Fase III TOPAZ-1 sono il più esteso follow-up di sopravvivenza registrato in uno studio globale randomizzato di Fase III e, cosa più importante, rappresentano una nuova possibilità terapeutica per una neoplasia che solo nel 30% dei casi può essere operata.

Il tumore delle vie biliari colpisce i dotti che nel tuo organismo trasportano la bile dal fegato fino all’intestino ed è una patologia rara. Considera che secondo le stime rappresenta l’1% di tutti i tumori diagnosticati negli uomini e l’1,5% di quelli nelle donne.

Eppure, sarebbe in forte aumento: solo in Italia, per esempio, ogni anno vengono registrati circa 5.400 nuovi casi.

Ad oggi, inoltre, non abbiamo test di screening capaci di identificare il tumore quando ancora si trova in una fase primordiale e quindi potenzialmente asportabile.

La combinazione dell’immunoterapia con durvalumab alla chemioterapia con cisplatino e gemcitabina sembra però un alleato importante perché secondo lo studio TOPAZ-1, in 3 anni avrebbe ridotto del 26% il rischio di morte per i pazienti con tumore delle vie biliari in stadio avanzato rispetto a quanto offerto dalla sola chemioterapia.

“Il miglioramento portato dal durvalumab nei dati di sopravvivenza a tre anni in pazienti con tumore delle vie biliari avanzato è una buona notizia – ha spiegato ad Ansa Paolo Leonardi, Presidente Associazione Pazienti Italiani Colangiocarcinoma (APIC) – È un risultato che accresce la speranza nella ricerca delle cure per i pazienti con questi tumori rari e difficili da trattare. Il percorso che porta alla diagnosi è troppo spesso tardivo, rendendo ancor più drammatica la vita delle persone che la ricevono. Due cose ci sembrano fondamentali: che si diffonda la conoscenza della malattia, così che si arrivi a sospettarla prima, e che chi ha una diagnosi di colangiocarcinoma sia indirizzato precocemente a centri di riferimento, dove è possibile una presa in carico completa da parte di un team multidisciplinare dedicato, in grado di definire al meglio il percorso diagnostico e terapeutico".

Il sintomo più classico con cui si manifesta il tumore delle vie biliari  è l’ittero. Si tratta di quella condizione per cui, la pelle e gli occhi di chi ne soffre assume una colorazione giallastra a causa dell’ostruzione della bile nell’intestino provocata dal tumore.

Altri sintomi da cui riconoscere questa neoplasia sono il dolore nella zona addominale unito all'ingrossamento della cistifellea, nausea e vomito e perdita di peso insieme a uno strano gonfiore nella zona addominale.

Fonte | Ansa

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