La vitamina D potrebbe aumentare la nostra resistenza ai tumori: quali sono i suoi effetti sul sistema immunitario

Un nuovo studio pubblicato su Science ha scoperto che la vitamina D potrebbe diventare un grande alleato nella lotta ai tumori. Nei topi, infatti, sarebbe stata in grado di aumentare la risposta immunitaria al cancro favorendo anche la produzione di un batterio coinvolto in una più efficace azione di protezione.
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Kevin Ben Alì Zinati 30 Aprile 2024
* ultima modifica il 30/04/2024

Avrai sentito tanto sui benefici della vitamina D. Sicuramente avrai sentito parlare della sua capacità di rendere più sane forte le ossa prevenendo malattie come l’osteoporosi.

Sono certo che ti avranno raccontato anche di dosi di vitamina D per prevenire patologie cutanee come la psoriasi, la dermatite atopica e la vitiligine.

Spesso viene utilizzata per migliorare il tono muscolare, per contrastare il rischio di incorrere in malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson o per ridurre la pressione alta.

A un certo punto, durante la pandemia, si è pensato che visto il suo ruolo positivo nel trattamento di infezioni virali, la vitamina D potesse diventare un ottimo strumento di prevenzione anche contro la malattia da Sars-CoV-2.

Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science, la vitamina D ha tutte le caratteristiche giuste anche per diventare un grande alleato nella lotta ai tumori.

I ricercatori del Francis Crick Institute di Londra, the National Cancer Institute (NCI) del National Institutes of Health (NIH) in Usa e l'università danese di Aalborg sono convinti infatti che queste sostanza sia in grado di rinforzare la risposta immunitaria del corpo umano contro moltissimi forme di cancro.

Una convinzione che nasce dai risultati di esperimenti effettuati su modelli animali (topi nello specifico).

Dopo averli alimentati con una dieta ricca di vitamina D, i ricercatori hanno osservato che questi topi avevano effettivamente mostrato una migliore resistenza immunitaria ai tumori trapiantati sperimentalmente all’interno del loro organismo e una più efficace risposta al trattamento con immunoterapia.

Il dato più interessante riguarda però la capacità della vitamina D di far crescere nell’intestino degli animali un particolare batterio chiamato Bacteroides fragilis.

Questo microrganismo è stato in grado di conferire ai topi una risposta immunitaria contro il cancro decisamente forte e resistente. Al punto che i tumori trapiantati nei loro organismi non sono cresciuti come avrebbero fatto in condizioni normali.

Per avere un’ulteriore conferma delle potenzialità della vitamina D, i ricercatori hanno addirittura somministrato dosi di Bacteroides fragilis direttamente a una piccola coorte di topi che sono effettivamente riusciti a resistere con successo alla crescita del tumore.

Una dieta scarsa di vitamina D, al contrario, li aveva resi estremamente più vulnerabili ai tumori.

È vero, tutto questo aveva dato risultati promettenti sui topi e molto poco invece sui potenziali vantaggi della vitamina D sugli esseri umani, sebbene da tempo la scienza sia convinta di un legame tra la carenza di questa sostanza e un rischio aumentato di cancro.

I ricercatori inglesi hanno dunque provato ad estendere il raggio d’azione della propria indagine analizzando un datasse di dati provenienti da 1,5 milioni di persone in Danimarca.

L’elaborazione dei dati avrebbe poi dato un esito importante perché il legame tra livelli più bassi di vitamina D e un rischio più elevato di cancro sarebbe stato confermato.

“Questo potrebbe un giorno essere importante per il trattamento del cancro negli esseri umani, ma non sappiamo come e perché la vitamina D abbia questo effetto attraverso il microbioma. È necessario ulteriore lavoro prima di poter affermare in modo definitivo che la correzione di una carenza di vitamina D presenta benefici per la prevenzione o il trattamento del cancro” ha spiegato piega Caetano Reis e Sousa, autore principale dello studio.

Fonte | "Vitamin D regulates microbiome-dependent cancer immunity" pubblicata il 25 aprile 2024 sulla rivista Science

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