La “generazione Whatsapp” non sa più scrivere per colpa dei social? Vera Gheno: “Non è vero, il problema nasce a scuola”

Dopo la pubblicazione di uno studio dell’Alma Mater di Bologna sulle proprietà lessicali dei giovani universitari, si è riaccesa la discussione sugli effetti che le piattaforme di messaggistica potrebbero avere sulla capacità di scrittura corretta di un testo.
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Francesco Castagna 20 Dicembre 2023
Intervista a Vera Gheno Sociolinguista specializzata in comunicazione digitale

"I giovani d'oggi non sanno più scrivere", "Il linguaggio dei giovani è diventato sempre più povero", quante volte capita di sentire frasi del genere? Il dibattito sulle proprietà lessicali e linguistiche delle nuove generazioni trova sempre spazio, soprattutto quando escono nuovi dati sul tema. Di recente, infatti, è stato pubblicato uno studio dall'Alma Mater Studiorum, la prima università occidentale che si trova a Bologna.

Si tratta di un nuovo studio nel suo genere, perché per la prima volta si analizzano le capacità di articolazione dei testi scritti degli iscritti alle università. La ricerca fa parte del progetto "Univers-ita", è stata condotta dal linguista Nicola Grandi in 45 atenei e per la prima volta offre un quadro più ampio sulla formazione universitaria.

studenti

Secondo lo studio, le ragazze e i ragazzi di oggi avrebbero perso la capacità di articolare testi complessi. Ora si scrive prevalentemente con messaggi brevi, molto spesso accompagnati da emoticon. Una sintassi che lascerebbe desiderare e una notevole scarsità, se non in alcuni casi assenza, di punteggiatura. Per Grandi l'abitudine alla scrittura in ambito formale avrebbe lasciato ampio spazio a quella informale.

Per arrivare a queste conclusioni il team di ricerca condotto da Grandi ha fatto redigere a ogni persona un testo formale con un minimo di 250 parole fino a un massimo di 500. Ne viene fuori una situazione in cui per ogni elaborato sarebbero presenti in media 20 errori. Ma è proprio vero che sono gli universitari ad aver perso queste capacità nel corso dei decenni e, soprattutto, si tratterebbe realmente di una questione generazionale?

Secondo me mai come ora c'è un'enorme distanza intergenerazionale, e noi adulti non sappiamo bene nemmeno cosa insegnare alle giovani generazioni, per gestire la complessità del mondo attuale – Vera Gheno

Abbiamo voluto contattare la sociolinguista specializzata in comunicazione digitale Vera Gheno, per discutere insieme a lei di un dibattito che oramai è diventato annoso.

Gheno, è vero che le nuove generazioni non usano più un registro alto, né quando scrivono né quando parlano?

Il problema della scarsa mobilità di registro è noto da almeno trent'anni. Negli anni Novanta ne parlavano già sia Sobrero che De Mauro, e quest'ultimo aveva già fatto delle riflessioni nelle Dieci Tesi per l'Educazione Linguistica Democratica, che sono del 1975.

È corretto dire che le nuove generazioni di iscritti all'università presentano delle carenze rispetto a quelle di alcuni decenni fa?

Una volta, le persone che arrivavano all'università erano infinitamente meno; adesso l'università cerca di accogliere quante più persone possibili, e immagino che con l'allargamento dei criteri di ingresso la media delle capacità di scrittura possa essere peggiorata.

Io rigirerei il dato della ricerca in questo modo: avere aumentato i contesti in cui si digita (più che scrivere a mano, cosa che rimane importantissima), e si digitano ipotesti, come li chiama Elena Pistolesi, cioè mini-testi, non aiuta a migliorare la scrittura "alta", scientifica e non.

Rimane quindi il problema delle università che raramente preparano alla scrittura di un testo complesso, argomentativo, come la tesi di laurea. Per dire, io per vent'anni ho tenuto il laboratorio di italiano scritto a Firenze, per Scienze Umanistiche per la Comunicazione, e gli e le studenti erano molto grati.

Per quanto riguarda la forma del linguaggio, secondo lei attualmente è più povero ma più inclusivo, o non è così?

Non è più povero, è diverso. Secondo me non ha senso comparare gli universitari di oggi con gli universitari di una volta. Questa tesi che il linguaggio si stia impoverendo la sostiene chiunque continuamente da secoli e secoli e non è semplicemente vera.

Secondo me mai come ora c'è un'enorme distanza intergenerazionale, e noi adulti non sappiamo bene nemmeno cosa insegnare alle giovani generazioni, per gestire la complessità del mondo attuale.

Faccio un esempio pratico: se chiedo a un* giovane studente che cosa vuol dire "sesquipedale", probabilmente non lo sa. Ma sa, molto meglio dei suoi genitori, spiegarmi il senso di "identità di genere". Quindi a mio avviso, se è pur vero che gli e le giovani di oggi non sono così competenti a scrivere testi lunghi e complessi, mi chiedo se una volta questa competenza fosse più diffusa. Io non credo assolutamente.

Poi, c'entra la lettura? Indubbiamente. Però vorrei ricordare che i dati della lettura sono ancora più poveri tra gli adulti, che non tra i giovani. Se ben ricordo, la maggioranza dei lettori forti sta nel comparto anagrafico giovanile (dati Istat).

In ogni caso, io non direi che è "colpa dei social", piuttosto che scrivere sui social non ti insegna a scrivere meglio in altri contesti. Bisogna portare la linguistica a scuola, non basta soltanto insegnare la grammatica. Sono cinquant'anni che chi studia la lingua lo dice.