Verso il Global Climate Strike del 15 marzo 2019: intervista a Mariagrazia Midulla del WWF

Il 15 marzo, in diverse città del mondo, avrà luogo il Global Climate Strike. Una marcia per il clima con cui i cittadini, e soprattutto i giovani, vogliono imporre ai loro governi un’azione più concreta per salvare il pianeta e garantire loro un futuro. Ne abbiamo parlato con Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia.
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Sara Del Dot 4 Marzo 2019

Inizia tutto da una ragazzina di quindici anni. È svedese, ha la sindrome di Asperger e oggi è su tutti i giornali e su tutte le televisioni. Perché, a differenza della gran parte delle persone, lei si rivolge direttamente ai grandi leader mondiali, parla con loro, li ammonisce, li rimprovera di non fare abbastanza per salvaguardare il luogo in cui i loro figli e i loro nipoti cresceranno, vivranno, si riprodurranno. Questa giovane ambientalista, Greta Thunberg, è diventata un personaggio storico ancora prima di finire il liceo. E pensare che è tutto cominciato, più che da un’azione, da un’assenza.

La sua storia ormai la conoscono tutti: a partire da settembre 2018, Greta ha deciso di dedicare ogni venerdì a uno sciopero: invece che andare a scuola, si posiziona con un cartello davanti alla sede del Parlamento svedese per spingere il suo Governo ad agire contro il cambiamento climatico. Greta forse non pensava che la notizia di questa sua abitudine avrebbe raggiunto e colpito milioni di persone in così poco tempo, soprattutto giovani studenti come lei. Fatto sta che, molto presto, in tutta Europa e non solo, sono state organizzate decine di Climate Strikes, al grido di #Fridaysforfuture. Manifestazioni senza bandiere, senza simboli politici, messe in piedi completamente dal basso, con un solo concetto a fare da padrone: il futuro. Che è di tutti, ma soprattutto dei giovani.

Da realtà più ampie come le città metropolitane fino a piccoli paesi di provincia, tantissimi cittadini, soprattutto studenti, hanno quindi iniziato a dedicare il proprio venerdì, alcuni saltando la scuola altri raggiungendo il gruppo dopo le lezioni, allo sciopero per il clima. Una rete sempre più grande, destinata a crescere di settimana in settimana, tanto che, il prossimo 15 marzo, in tutto il mondo migliaia di persone scenderanno in piazza in prima persona per partecipare al primo Global Climate Strike. Sciopero, manifestazione, marcia, chiamatela come volete. Ma finalmente gli abitanti della Terra si sono svegliati e hanno capito che, avanti così non si può andare. La cosa bella? Sono i giovani i primi a preoccuparsi per il loro futuro. Proprio come dovrebbe essere. Perché se non loro, chi?

Per comprendere al meglio la reale portata di questo movimento che, se continuasse a crescere, potrebbe modificare radicalmente il dibattito mondiale sul clima, ci siamo rivolte a Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia.

“Il surriscaldamento globale sta proseguendo in modo velocissimo, e ce ne rendiamo conto tutti. Nel corso di un recente sondaggio è emerso che la prima minaccia globale percepita dagli italiani è proprio il cambiamento climatico. A questa situazione, però, non corrisponde un’azione politica adeguata, che non deve essere tesa a mediare, bensì a tagliare rapidamente e drasticamente le emissioni dei gas serra che provocano un’intensificazione dell’effetto serra e, di conseguenza, causano il cambiamento climatico. Agire contro il riscaldamento globale è un dovere di tutti i Paesi, che devono agire allo stesso tempo sia come singoli sia come un’unione. E il fatto che questi studenti si stiano mobilitando sia come singole comunità sia tutti insieme in modo collettivo, è paradigmatico di ciò che andrebbe fatto a livello governativo. Per questo io ritengo che sia importantissima una mobilitazione degli studenti iniziata da singoli individui che si è poi estesa a migliaia di persone in tutta Europa e in tutto il mondo. È importante che siano i giovani a mobilitarsi, perché è lapalissiano che in gioco c’è il loro futuro. Un futuro che si decide oggi, non domani. Mi auguro davvero che questi ragazzi si facciano sentire, non si facciano strumentalizzare da nessuno e acquisiscano quella voce pubblica che attualmente manca nel dibattito climatico. Oggi, purtroppo, non c’è ancora nessuno che sia in grado di imporre pubblicamente un’azione decisa. Spero che loro ci riescano.”

Ma questo tipo di azione e partecipazione può davvero fare la differenza?

“Del cambiamento climatico se ne occupano tutti a parole, solo che poi mancano i fatti. I giovani ora si stanno conquistando uno spazio pubblico per quanto riguarda il tema del clima, e questo significa che la politica sarà sempre meno nella condizione di fingere di occuparsene. Perché sì, alcuni cambiamenti sono in corso d’opera, ma vengono portati avanti troppo lentamente. E siccome, purtroppo, sulla fisica non si media, per riuscire a evitare le conseguenze più catastrofiche bisogna tagliare rapidamente le emissioni. Emissioni che, entro il 2030, dovrebbero essere almeno dimezzate dai paesi più sviluppati, di cui l’Italia fa parte. E questo se vogliamo arrivare un 2050 a emissioni zero nette, ovvero una situazione in cui alla natura sarà messa nelle condizioni di ricominciare ad assorbire l’anidride carbonica in eccesso nell’atmosfera.”