Violenza psicologica, esclusione e minacce: il bullismo in età adulta cambia modalità ma il veleno è sempre lo stesso

Oggi è la Giornata contro bullismo e cyberbullismo. Bullismo significa arrogarsi il diritto di essere migliore di qualcun altro e di mostrarglielo in tutti i modi, con la forza, le parole o l’esclusione. Come accade tra gli adolescenti, con violenza verbale o fisica, così può avvenire tra gli adulti, con frecciatine, umiliazioni o minacce. Raccontiamo qui la storia di Anna, costretta a combattere contro i bulli dai tempi della scuola e che ora ha trasmesso il suo stesso coraggio al figlio Emanuele.
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Evelyn Novello 7 Febbraio 2024
Intervista a Anna, mamma di Emanuele, e Martina Migliore, psicoterapeuta di Serenis

Quando senti la parola "bullismo", forse la prima scena che ti viene in mente è ambientata a scuola, con bambini o adolescenti che vessano i coetanei caratterialmente "più deboli" o con diversità fisiche o psichiche. Beh, non è solo questo. Bullismo significa sentirsi esclusi, inferiori, manchevoli di qualcosa. Significa sentirsi sui gradini più bassi della scala sociale, esclusi dal gruppo di maggioranza. Se pensi a queste sensazioni potrai accorgerti di come, in effetti, possano ripetersi ad ogni età. Le dinamiche restano le stesse, cambia il contesto sociale, le modalità di espressione della violenza, la maturità e la consapevolezza della vittima, che magari ha sì più strumenti per affrontare la situazione, ma non per questo proverà meno sofferenza. Te lo dimostra la storia di Anna (nome di fantasia) che è stata emarginata e ridicolizzata da adolescente, per via il suo corpo non conforme, e ora, da adulta, per le problematiche del suo unico figlio, Emanuele. Il filo conduttore è sempre uno, la presa di mira di qualcuno per alcune sue caratteristiche che si discostano dagli standard imposti dalla società e la conseguente disparità di potere che si viene a creare. Per esaminare la testimonianza anche da punto di vista clinico, ne abbiamo parlato con la dott.ssa Martina Migliore, psicologa e psicoterapeuta.

"Il bullismo a scuola – spiega la dott.ssa Migliore – consiste in sopraffazioni da parte di gruppi di ragazzi contro altrui più deboli, timidi o che tendono a essere esclusi. Se osserviamo i meccanismi possiamo identificare elementi che valgono anche negli adulti. C’è lo squilibrio di potere, la sopraffazione, atteggiamenti che mirano all’umiliazione. Tutte le volte in cui qualcuno si arroga il diritto di avere potere o ce l’ha davvero e sopraffà qualcun altro che considera o che è inferiore gerarchicamente con l’intento di umiliarlo allora c'è bullismo".

Un bambino diverso

Emanuele è nato con un pull di peculiarità: disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), disturbo oppositivo provocatorio (DOP) e una disregolazione emotiva. Anna si è accorta che qualcosa non andasse fin dalla nascita. "Ho avuto un parto difficile – ci racconta. – Il bambino urlava e basta, non dormiva mai. Ogni volta che andavo dalla pediatra mi sentivo come rimproverata finché una volta non mi ha detto una frase che mi è rimasta come scolpita nella mente: "il problema non è il bambino, è lei che ha un cattivo rapporto col il bambino". L’aggressività che Anna ha sempre ricevuto da ragazza per via del suo peso, l'ha ritrovata da adulta più sfumata ma ugualmente tagliente, "non c'è più la presa in giro esplicita, la stessa violenza è mascherata da battute e frecciate velenosissime" precisa.

Questa situazione fa sentire malissimo Anna, già provata per le condizione critiche di Emanuele. "Mi sentivo sempre inadeguata. Mio figlio aveva delle evidenti problematiche, era molto aggressivo con gli altri bambini, però vivere in un piccolo centro non ha aiutato. Mi sentivo sempre il genitore speciale ma in negativo, quello manchevole. Mi sentivo in colpa per qualsiasi cosa. Per me è stato un incubo. Ero la mamma del mostro e lui era escluso da tutto". 

Le critiche più frequenti arrivavano dal mondo scolastico, dai genitori dei compagni di scuola di Emanuele, in particolare. "Ho sentito tantissima esclusione e accusa – continua Anna. – Gli altri genitori mi chiamavano per dirmi di far cambiare scuola a mio figlio, facevano riunioni per chiedere che mio figlio fosse escluso dalla classe. C'è stato un momento in cui lui era enormemente peggiorato nel suo ritardo funzionale e relazionale e io mi sono sentita dire che lo trascuravo, che non passavo abbastanza tempo con lui. Queste cose me le ricordo bene. Ho sempre fatto tutto ciò che potevo rinunciando anche a buone opportunità di carriera".

Quando manca l'inclusione

Le problematiche di Emanuele non accennavano a diminuire, lui stesso percepiva gli effetti del clima di ostilità che circondava lui e la sua famiglia, fino alla decisione di cambiare scuola. "Abbiamo cambiato insegnanti, abbiamo attivato un supporto importante tra psicologa privata e insegnante di sostegno e tutto ciò ha dato i suoi frutti. Adesso Emanuele fa la prima media e ha recuperato tantissimo in termini di socialità e riesce ad avere rapporti normali con i suoi compagni. Pensa che adesso lo chiamano il gentlemen. Questo dimostra che è perfettamente possibile intervenire se evitiamo di considerare questi bambini come irrecuperabili".

"L'inclusione è una sfida – conclude Anna. – e i condizionamenti sociali rimangono impressi nonostante sia migliorata la situazione. Il senso di colpa rimane sempre perché qualsiasi cosa faccio sento che non va mai bene. Ho, però, la consapevolezza di aver fatto tanto e continuo a fare ciò che posso".

Quello che ha provato Anna e che provano tantissimi altri genitori è figlio di una cultura antiquata, intrisa di ignoranza mescolata a paura. Il bullismo, e l'emarginazione più in generale, cambiano solo nome a seconda del medium e del luogo in cui si realizzano. "Se accade al lavoro si chiama mobbing – continua Migliore, – se avviene online parliamo di cyberbullismo. Sui social ci sono tantissimi esempi, pensiamo anche solo a quei commenti distruttivi e svalutanti sotto un post o una foto e a tutta quella serie di voci altrettanto distruttive che si innesca, le shitstorm. Possono avere a che fare con il bodyshaming, con le minoranze LGBT o con la genitorialità, per l'appunto. Il motivo è sempre lo stesso, alcuni si arrogano il diritto di essere migliori di qualcun altro e lo umiliano e questo può avvenire con l'aggressività o anche solo con l'esclusione".

La storia di Anna è quella di una combattente, di una donna che ha lottato contro un mondo fatto di prepotenza e mortificazioni alle quali ha sempre reagito, dall'adolescenza all'età adulta, con dignità e coraggio, gli stessi valori che ha trasmesso a Emanuele, costretto a scontrarsi fin da piccolo con mostri più grandi di lui.