Adaptive skateboarding, sfidare rampe e rail per superare i limiti imposti dalla disabilità

Con il progetto di Adaptive skateboarding, lo skatepark diventa un posto aperto a tutti. Abbiamo intervistato Sebastiano Rossi, presidente della Poison Wave ASD e referente per il Wave skatepark di Palazzolo sull’Oglio, dove lo scorso aprile si è tenuto il primo evento al Nord per promuovere questo sport tra le persone con disabilità.
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Gaia Cortese 19 Maggio 2022

"Nel 2015 mi sono ritrovata in terapia intensiva. Da quel momento ho deciso che qualunque cosa avessi desiderato fare, l'avrei fatta. Che in ogni caso avrei vissuto la mia vita pienamente. Non mi sono quindi mai tirata indietro davanti all'opportunità di vivere nuove esperienze ed emozioni, e non potevo quindi non mettermi alla prova anche con l'Adaptive skateboarding. Al Wave skatepark ho trovato persone disponibili e attente alle mie esigenze e rispettose dei miei tempi. Partecipare è stata la scelta giusta e l'idea di tornare c'è già".

Sono le parole di Veronica, 29 anni, affetta da una patologia neuro muscolare sconosciuta, non si è tirata indietro nemmeno davanti alle rampe, ai muretti e ai rail di un classico skatepark, che di tradizionale però, forse ha poco (per fortuna) perché ha dato la possibilità di provare l'ebbrezza di compiere evoluzioni da skater anche alle persone con disabilità. Come, ce lo spiega Sebastiano Rossi, Presidente della Poison Wave ASD e referente per il Wave skatepark di Palazzolo sull'Oglio.

Cosa si intende per Adaptive skateboarding?

Si intende riuscire a includere a tutte le persone con deficit e non, all’utilizzo dello skatepark. La WCMX è quella disciplina sportiva che, attraverso l’utilizzo di una carrozzina da freestyle prevede di eseguire delle figure scivolate (slide o grind) sulle strutture poste all’interno di uno skatepark. Questa disciplina può considerarsi parte dell’Adaptive skateboarding. Ultimamente sono sempre di più gli attrezzi con le rotelle realizzati per consentire anche a ragazzi che non riescono nemmeno a stare in carrozzina, di provare questa disciplina. L’Adaptive skateboarding è davvero rivolto a tutta la fascia più debole, da ragazzi con la sindrome di Down a ragazzi con disabilità motorie.

In Italia i precursori di questa attività sono a Roma. Tutto parte, infatti, dall’idea del Bunker skatepark di Roma che, insieme a Paolo Pica, istruttore e formatore della didattica “Skating in the dark” per non vedenti e referente di una commissione della Federazione italiana sport rotellistici (FISR), cercano da anni di promuovere all’interno dello skatepark l’Adaptive skateboarding e la WCMX. Quando mi è capitato di recarmi allo skatepark di Roma più volte all'anno, ho subito pensato che anche al Nord doveva essere ripetuta l’iniziativa.

Come è andato il primo evento di Adaptive skateboarding organizzato ad aprile?

Alla grande, nonostante lo scorso 2 aprile, data dell’evento, facesse davvero molto freddo. Questa cosa ha fatto sì che noi istruttori lavorassimo ancora meglio con le persone presenti, perché nonostante ci sia stato un grandissimo riscontro e moltissime iscrizioni, causa meteo e forse qualche malanno di stagione, altre persone non hanno potuto partecipare.

Ad ogni modo tutti i presenti hanno potuto usufruire del park con le carrozzine e le tavole messe a disposizione, e sicuramente hanno avuto più tempo per godersi lo skatepark. L’evento di aprile ha tutte le carte in regola per trasformarsi in un format federale, con il nome Skateboarding no limits, e da qui prenderanno il via altri eventi similari.

Come sono fatte le carrozzine e gli skateboard utilizzato per questa disciplina?

Lo skateboard è quello classico, diciamo la tavola da trick. La carrozzina invece è diversa perché ha delle ruote da skateboard, e in particolare quelle anteriori girano a 360° e sono dotate di piccoli ammortizzatori. Anche la seduta ha un grande ammortizzatore dello stesso tipo di quello montato su una mountain bike da downhill. C’è poi una cintura di sicurezza da legare alla vita e uno strep per bloccare i piedi.

All’evento abbiamo avuto gente che era interessata ad avvicinarsi alla WCMX, tra cui ragazzi che magari hanno subito un incidente e sono portatori di una disabilità agli arti inferiori. In questo caso magari hanno una muscolatura degli arti superiori che gli permette di usare la carrozzina in modo autonomo, ma in altri casi possono esserci anche persone che non hanno questa muscolatura, e quindi hanno bisogno di un pusher (una figura di supporto, ndr), che oltre a permettergli di godere del park, gli consente anche di vivere grandi emozioni.

Per quanto riguarda lo skatepark, invece, non ci sono particolari esigenze perché per iniziare va bene anche una base di cemento, o una superficie con materiale liscio, e delle piccolissime strutture.

Quali difficoltà avete incontrato nel realizzare il progetto?

Si è trattato di un progetto portato avanti tutti insieme, a partire da Niccolò Cimini e Stefano Saccomanni, che da Roma ci hanno raggiunto a Palazzolo sull'Oglio. Abbiamo collaborato anche con Sitnskate, un’associazione di Amburgo che organizza giornate ed eventi di Adaptive skateboarding. La difficoltà maggiore forse non è stata nel mettere insieme persone che credessero nel progetto, quanto nel trasferimento di almeno una ventina di persone tra atleti e pusher italiani e tedeschi.

Devo però ringraziare anche il Comune di Palazzolo dall’Oglio per la disponibilità e l’interesse mostrato nel progetto. Abbiamo partecipato al bando Bilancio Partecipativo e dopo averlo vinto nel 2019 siamo riusciti a costruire nel park un’ulteriore rampa per bambini e disabili, un’area giochi e a realizzare un impianto di illuminazione.

Quanto può far bene a una persona con disabilità superare limiti e barriere in uno skatepark?

Spesso le persone con disabilità sono accompagnate da altre persone che evitano di fargli provare situazioni adrenaliniche o un po' estreme, semplicemente perché tendono a proteggerli, anche da una piccola discesa di una struttura da skatepark. La cosa bella della WCMX è che consente a una persona che per una serie di motivi viene a volte "messa da parte", di vivere un momento di normalità. Questo è possibile anche con lo skateboarding, uno sport che fino a qualche anno fa non era considerato per tutti, mentre adesso lo è diventato anche grazie alle Olimpiadi e alla diffusione degli skatepark.

Nel nostro paese a che punto siamo sul tema dell’inclusività nello sport?

Diciamo che grazie ai social si intravede qualcosa, nel senso che eventi come quello organizzato lo scorso aprile si fanno conoscere proprio attraverso la condivisione di post, video e immagini. Secondo me, da qui in avanti aumenterà l'interesse per lo skateboarding e pian piano saranno realizzati skatepark sempre più inclusivi.