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Chi era Paulinho Paiakan, il capo indigeno che aveva salvato la foresta amazzonica dalla speculazione

Una personalità importante, leader di lotte e battaglie in difesa della sua terra, l’Amazzonia. Quella di Paulino Paiakan, stroncato a sessant’anni dal Covid-19, è una storia importante, una preziosa testimonianza di difesa ambientale.
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Sara Del Dot 18 Giugno 2020

Una vita passata a lottare per la foresta amazzonica, stroncata dal virus del Covid-19 che in questi mesi sta devastando la sua terra. Il capo della tribù Kaiapò, Paulinho Paiakan, è morto all’età di sessant’anni in un ospedale dello Stato di Parà, dopo aver contratto il Coronavirus. Nel corso della sua esistenza, Paiakan è stato un leader molto apprezzato dalle comunità indigene, soprattutto per aver salvaguardato la foresta dalla distruzione causata dalle attività speculative attorno all’Amazzonia intera e per aver restituito ai nativi il diritto sulle loro terre grazie alla Carta costituzionale del 1988. Una carriera brillante da guida dei popoli, arrestata poi da un’accusa di stupro che lui ha sempre negato, additandola come un tentativo di silenziarlo e fermare le sue lotte.

Chi era Paulinho Paiakan

Il ruolo fondamentale di Paiakan è stato di media tra le comunità indigene e le istituzioni brasiliane. Infatti, nel 1971, ancora bambino, fu assunto dal governo brasiliano per mediare tra istituzioni e indigeni per la costruzione della Transamazzonica, una strada che avrebbe tagliato a metà l’intera foresta. Una volta visti gli effetti che la costruzione avrebbe avuto sull’ambiente amazzonico e sui suoi abitanti, Paiakan rinunciò all’incarico e mobilitò tutte le comunità contro il progetto. Una volta tornato nel villaggio Aukre, diffuse mediaticamente le informazioni che aveva acquisito, mostrando la distruzione dell’Amazzonia e delle tradizioni indigene perpetrate dal governo brasiliano.

Nella sua storia, riuscì a tenere lontani i minatori e cercatori d’oro, combatté contro i progetti di centrali idroelettriche sul fiume Xingu, riuscendo a bloccare il prestito che doveva essere elargito dalla Banca Mondiale al Governo per la realizzazione delle costruzioni, e non smise mai un secondo di combattere per la propria terra e per il diritto delle comunità indigene a vivere e gestire le proprie terre.

Infine, nel 1992, l'accusa di stupro a una studentessa diciottenne e la conseguente condanna, a cui Paiakan si oppose sempre strenuamente, definendola una trappola costruita ad hoc per screditarlo e metterlo a tacere.