Come usare nel modo giusto le creme solari per limitare i rischi tumori della pelle e inquinamento

Le creme solari sono uno strumento fondamentale per proteggersi dai raggi ultravioletti, prevenendo scottature e malattie. Ma come funzionano e che impatto hanno sull’ambiente?
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Rubrica a cura di Letizia Proserpi
20 Agosto 2022 * ultima modifica il 06/06/2023

Quando andiamo al mare, siamo abituati a spalmare solo un velo di crema solare, ma per una protezione efficace dovremmo usarne molta di più. Dagli studi sperimentali effettuati per una persona di circa 1.60 m dovrebbero essere applicati 30 g di crema per tutta la superficie corporea. In pratica, un tubo standard dovrebbe finire in sole sei applicazioni! Può sembrare un'esagerazione, ma proteggersi dal sole è molto più importante di quanto siamo abituati a credere: non solo quando andiamo al mare, ma soprattutto nella vita di tutti i giorni.

Proviamo a chiarire qualche dubbio sui meccanismi di danno dei raggi ultravioletti (UV), sulle pratiche di prevenzione che possiamo adottare per proteggerci e sull’impatto delle creme a livello ambientale.

Cosa sono i raggi UV e che conseguenze hanno sul nostro corpo?

Ma cosa sono i raggi ultravioletti? Il sole emette energia con differenti lunghezze d’onda e frequenza, che sono rappresentate convenzionalmente sullo spettro elettromagnetico. Da qui possiamo notare che più andiamo verso destra più la lunghezza d’onda si riduce. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che più la lunghezza d’onda si riduce, più la frequenza aumenta e l’intensità della radiazione cresce diventando così più “pericolosa” se entra in contatto con un tessuto biologico.

Le radiazioni UV coprono quella porzione dello spettro elettromagnetico con una lunghezza d’onda compresa tra 100 e 400 nanometri (nm), rientrando così nelle fasce dello spettro più rischiose per la salute umana. A loro volta i raggi UV si dividono in tre categorie principali: UVA (315-400 nm), UVB (280-315 nm) e UVC (100-280 nm).

La capacità di penetrazione e quindi la “pericolosità” per l’uomo dei raggi UV aumenta al diminuire della lunghezza d’onda e all’aumentare della frequenza. La maggior parte dei raggi che arrivano sulla terra sono gli UVA, tra l’80 e il 90% gli UVB, mentre tutti gli UVC sono assorbiti dall’atmosfera. Avendo una lunghezza d’onda minore rispetto agli UVA, i più rischiosi per noi sono gli UVB che, seppur arrivino in minor quantità, possono danneggiare il DNA e indurre la formazione di neoplasie. Gli UVA, invece, sono responsabili dei danni più superficiali e delle scottature.

Per quanto riguarda l’intensità degli UV bisogna tenere conto anche di alcuni fattori ambientali:

  1. Altitudine – più saliamo di quota, più i livelli di UV sono alti (ogni 1000 m di altezza i livelli di UV crescono del 10-12%)
  2. Altezza del Sole (specialmente verso mezzogiorno nei mesi estivi)
  3. Latitudine, cioè la distanza dall’equatore – più ti avvicini, più l’intensità degli UV aumenta.
  4. Nuvolosità – le radiazioni UV sono più elevate con un cielo sgombro di nuvole. Questo non vuol dire che le nuvole ci proteggono perché filtrano comunque il 90% delle radiazioni solari.

Prevenire vuol dire conoscere innanzitutto queste cose e capire come proteggerci dai raggi UV per evitare l’insorgenza di tumori ma anche di scottature, invecchiamento precoce della pelle, eritemi, danni oculari e immunosoppressione.

Come si sviluppano i tumori della pelle?

I rischi maggiori sono sicuramente quelli a lungo termine. Un’eccessiva e prolungata esposizione al sole senza le giuste protezioni, insieme a scottature frequenti e sicuramente una certa predisposizione genetica possono portare all’insorgenza di tumori – o neoplasie – della pelle.

Le neoplasie – ovvero una crescita rapida e incontrollata di un gruppo di cellule – si formano a causa di mutazioni del patrimonio genetico delle cellule, ovvero del DNA, e queste mutazioni possono essere provocate da diversi agenti, tra cui proprio le radiazioni solari. Per fortuna però il nostro organismo ha architettato dei meccanismi in grado di riparare i danni del DNA: potete immaginarlo proprio come una catena di montaggio in cui un controllore verifica la presenza di eventuali errori e li ripara, così succede lo stesso grazie ad alcune particolari proteine durante la sintesi del DNA.

In particolare, la proteina P53 – un importante oncosoppressore detta anche “guardiano del genoma” – ha una funzione importantissima: regolare il ciclo cellulare e sopprimere i tumori nascenti. Quando i danni delle radiazioni si perpetuano nel tempo, può succedere che questi oncosoppressori vengano danneggiati portando a una cascata di eventi che causano la formazione di cellule alterate capaci di riprodursi molto velocemente e diventare tumorali.

Come possiamo proteggerci?

Per fortuna esistono strumenti che ci aiutano a proteggerci dai danni degli UV, tra questi le creme solari. Ma come scegliere quella giusta? Partiamo col dire che ogni crema riesce nel suo compito grazie alla presenza di filtri solari, molecole in grado di assorbire o respingere i raggi. Le creme possono contenere due tipi di filtri solari: inorganici oppure organici. I filtri inorganici riflettono le radiazioni, come una barriera. I filtri organici, invece, le assorbono, dando infatti una sensazione di calore sulla pelle.

Ogni crema garantisce una protezione contro gli UVB, ma non sempre per gli UVA. È bene quindi cercare una crema che abbia esplicitato sulla confezione la protezione anche contro gli UVA, che per regolamento deve essere almeno 1/3 di quella verso gli UVB.

Cos'è l'SPF?

La loro capacità di protezione fin dagli anni ’30 viene descritta con il valore SPF. Si tratta del Fattore di Protezione Solare e corrisponde alla quantità di radiazione solare che passa attraverso il filtro protettivo: un SPF di 30 indica che un trentesimo della radiazione riesce a passare – ovvero lo 0,03%. Vuol dire che siamo protetti al 97%. Seguendo lo stesso calcolo una crema con SPF 50 fa passare solo lo 0,02% della radiazione e quindi siamo protetti al 98% e così via.

Detto ciò, come dicevamo all’inizio, è importante applicare la quantità corretta senza trascurare il metodo di applicazione: l’ideale, ovvero la condizione alla quale la crema solare risulta efficace, sarebbe applicare un primo strato di crema 20 minuti prima di esporsi ai raggi, massaggiare lentamente e lasciarla asciugare prima dell’esposizione al sole, riapplicandola poi una seconda volta al momento dell’esposizione e ripetendo l’applicazione circa ogni 2 ore.

Per garantire l’efficacia della protezione altri accorgimenti sono: non indossare vestiti subito dopo l’applicazione e non tuffarsi immediatamente in acqua. Considerando anche i fattori ambientali elencati prima, si capisce che la crema non va messa solo al mare, ma ogni qual volta sappiamo che rimarremo esposti al sole per qualche ora. Sfatiamo anche un falso mito: essere abbronzati non ci protegge dai raggi UV, per questo è importante continuare comunque ad applicare la lozione!

Tumori della pelle e fototipi

Entrando un po’ più nello specifico, i tumori della pelle sono principalmente 3: il basalioma, lo spinocellulare – il più diffuso – e il melanoma. I primi due si formano principalmente nelle aree fotoesposte e vedono come principale fattore di rischio proprio il sole, mentre il melanoma dipende per larga parte da altri fattori intrinseci della persona, come età, genetica, sesso e fototipo.

Sapete cos’è un fototipo? È la caratterizzazione di un soggetto in base alla qualità e quantità di melanina presente nella pelle e alle reazioni della pelle all’esposizione al sole: ne esistono 6, il primo è descritto come un soggetto con capelli biondi o rossi, occhi e pelle chiarissimi, efelidi, quantità di melanina quasi nulla, ed è quindi un soggetto che si scotta spesso e si abbronza molto difficilmente. Si arriva poi progressivamente al fototipo 6 che è un soggetto con capelli neri, occhi neri, carnagione scura, non si scotta quasi mai. Conoscere il nostro fototipo è molto importante perché ci aiuta a capire come proteggerci al meglio dai danni degli UV.

È chiaro che non siamo tutti uguali e qualcuno può essere più predisposto di altri a sviluppare determinate malattie.

Le creme inquinano?

La prevenzione è importante, ma che effetto hanno queste creme sull’ambiente? Per 78 milioni di turisti all’anno è stato stimato che circa 4-6 mila tonnellate di crema delle diecimila prodotte vengano disperse nell’ecosistema marino. Se noi possiamo stare tranquilli che le creme, alle dosi raccomandate, siano sicure ed affidabili per il nostro organismo, lo stesso non vale per il mare. In alcuni Paesi, come le Hawaii, alcune creme sono addirittura state vietate per i danni provocati agli abitanti marini. Il rilascio delle sostanze contenute nelle creme, come ad esempio oxybenzene ed octinoxate, è stato provato che provochino lo sbiancamento, l’alterazione del DNA e l’aumento di infezioni virali nei coralli. Ma anche sui pesci e sui mammiferi marini possono provocare alterazioni del ciclo riproduttivo e depressione del sistema immunitario. Addirittura anche le alghe subiscono danni nel processo fotosintetico e nella loro crescita: per questo è importante imparare a capire qual è il limite tra salute del pianeta e salute umana e dove queste possono incontrarsi senza danneggiarsi l’un l’altra. Ad oggi non esistono creme 100% sostenibili e non inquinanti, ma ci sono sicuramente degli accorgimenti che puoi prendere per ridurre l’impatto sul mare pur mantenendo una protezione adeguata.

Vediamone insieme alcuni:

  1. Prediligi filtri inorganici a quelli organici, che dagli studi scientifici effettuati sembrano avere un profilo di tossicità minore per l’ambiente
  2. Acquista le protezioni in crema e non in spray: si disperderanno meno nell’ambiente intorno
  3. Non esporti nelle ore più calde al sole e usa protezioni fisiche come vestiti in tessuto tecnico protettivo contro gli UV, ombrelloni, cappelli, occhiali da sole e zone d’ombra per proteggerti
  4. Non immergerti in acqua subito dopo l’applicazione della crema per evitare di disperderla in mare e di ridurne l’efficacia sulla tua pelle.
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Laureata in Medicina e Chirurgia nel 2021 presso l’Università degli Studi di Pavia con tesi in Neurologia Pediatrica dal titolo “Impatto altro…
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