Cos’è e come si affronta l’eco-ansia, la paura dei cambiamenti climatici che colpisce i più giovani

Qualcuno l’ha già definita la “malattia del secolo”, anche se da un punto di vista medico sarebbe più corretto parlare di disturbo psicofisico. Parliamo dell’eco-ansia, ovvero l’insieme di quei sintomi che proviamo anche solo a sentir parlare di cambiamenti climatici e disastri ambientali. Vediamo come riconoscerla e come gestirla.
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Rubrica a cura di Letizia Proserpi
28 Settembre 2022 * ultima modifica il 28/09/2022

Capita anche a te di provare sentimenti come ansia o paura avanti a un’immagine di un incendio o di un fiume prosciugato? In questo caso può essere che tu soffra di eco-ansia, un disturbo psico-fisico che accomuna davvero tanti giovani. Innanzitutto non preoccuparti: provare queste emozioni è del tutto naturale. Il problema di come affrontare i cambiamenti climatici o l’inquinamento è reale e non ce lo stiamo certo inventando. Ed è normale che la nostra preoccupazione salga quando ci accorgiamo che non tutti avvertono l’emergenza allo stesso modo, soprattutto se si tratta delle istituzioni che avrebbero il compito e la responsabilità di intervenire.

Chi soffre di eco-ansia?

Non è un caso, infatti, che a soffrire di eco-ansia siano soprattutto i giovani. Nel 2020, un sondaggio condotto da The Lancet su circa 10 mila ragazzi tra i 16 e i 25 anni provenienti un po’ da tutto il mondo, ha evidenziato come quasi il 60% di loro si dichiarasse molto o estremamente preoccupato dall'impatto dei cambiamenti climatici. Una percentuale che sale addirittura all’84% se consideriamo anche quelli che si dichiaravano “moderatamente preoccupati”. Ovviamente queste percentuali non sono uguali dappertutto, ma si presentano più alte in paesi come le Filippine o l’India, dove i cambiamenti climatici hanno un impatto molto più diretto sulla vita delle persone, per motivi legati ad esempio all’agricoltura. Al contrario, sembrano soffrire meno di eco-ansia i ragazzi di paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti o la Finlandia.

I risultati del sondaggio condotto da The Lancet sull’eco–ansia

I sintomi dell'eco-ansia

Più del 50% dei ragazzi intervistati ha detto di provare sensazioni come tristezza, rabbia, impotenza o addirittura sensi di colpa. Ci si sente in colpa perché si ha l’impressione di non fare abbastanza (impressione molto spesso infondata) e si prova tristezza perché si avverte il rischio di perdere qualcosa. Non a caso tra gli effetti dell’eco-ansia c’è la “solastalgia”, una parola coniata circa 20 anni fa per indicare quel sentimento di nostalgia che si prova per il luogo in cui si abita. Non un luogo del passato quindi, ma quello dove viviamo tuttora e che vediamo cambiare a causa dei cambiamenti climatici e dell’azione dell’uomo. Un esempio può essere l’albero intorno a cui giocavamo da bambini – e che adesso non c’è più – o la vista fuori dalla finestra rovinata dalla comparsa di una nuova fabbrica. Questo turbamento diventa ancora più evidente dopo i cosiddetti “eventi climatici estremi”. Ci sono degli studi che hanno evidenziato dei veri e propri disturbi post-traumatici nei giovani australiani in seguito agli incendi che hanno devastato il loro paese, così come un aumento del livello di stress negli abitanti della Groenlandia come conseguenza del surriscaldamento globale.

Il 15.6% degli abitanti delle aree più colpite dagli incendi australiani ha sviluppato forme di disturbo post–traumatico

In generale, ciò che accomuna tutti questi sintomi è un senso di malessere o disagio, che si ripercuote anche nella nostra quotidianità e nelle scelte che facciamo. Un esempio – che rappresenta un estremo negativo – può essere la decisione di non volere figli. Alla base di questa decisione c’è l’impatto che può avere – anche solo in termini di emissioni di CO2 – una nuova persona sulla Terra, oltre al fatto che questa persona non avrà, molto probabilmente, le stesse possibilità e opportunità che abbiamo avuto noi, proprio a causa dei cambiamenti climatici. Si tratta, come ti dicevo, di un estremo negativo, che non tiene conto del fatto che un individuo che nasce oggi può essere – potenzialmente – un individuo maggiormente informato sui temi del clima e della sostenibilità, e che potrebbe quindi contribuire attivamente alla risoluzione del problema.

Come affrontare al meglio l'eco-ansia

L’eco-ansia non deve essere vista per forza come una cosa negativa. Può diventare positiva, infatti, se ci spinge a reagire e ad attivarci per risolvere il problema. Gli psicologi che si sono interessati al tema sono già stati in grado di individuare alcune azioni che possono aiutarci ad affrontarla. Tra queste buone pratiche c’è ad esempio l’attivismo: perseguire, anche solo nel nostro piccolo, uno stile di vita sostenibile può avere un effetto immediato sul nostro benessere. Lo step successivo è poi quello di fare comunità: parlare con amici e parenti di ambiente e futuro ci aiuta a creare una rete di persone che condividono il nostro stesso obiettivo, facendoci sentire parte di qualcosa di più grande. Un’altra buona pratica è informarsi: leggere, partecipare a eventi e dibattiti, aumenta la nostra consapevolezza e ci fornisce gli strumenti utili per compiere poi azioni più efficaci. In questo senso il consiglio è quello di non focalizzarti solo sulle notizie negative, ma cercare anche e soprattutto quelle positive, che possono fare da buon esempio e rappresentare uno stimolo per attivarci. Infine, un altro modo per ridurre l'eco-ansia è quello di passare più tempo a contatto con la natura: è ciò che più di tutto ci avvicina al problema ambientale, e poi è appurato che immergersi nella natura riduce i livelli di stress e aumenta il benessere, sia del corpo che della mente.

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Laureata in Medicina e Chirurgia nel 2021 presso l’Università degli Studi di Pavia con tesi in Neurologia Pediatrica dal titolo “Impatto altro…
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