Conferenza Onu di Bonn sui cambiamenti climatici, è nulla di fatto. Nubi in vista della Cop27 di Sharm El-Sheikh

Si è conclusa con un generale nulla di fatto la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici di Bonn. Il meeting doveva affrontare a livello tecnico preliminare i temi su cui poi si dovrà decidere alla Cop27 di Sharm El-Sheikh, al via il prossimo 7 novembre. Ma sia sul tema della giustizia climatica che su quello del finanziamento ai Paesi più vulnerabili, non è stato raggiunto alcun accordo. Duro il commento dei Paesi in via di sviluppo e delle ong ambientaliste, che mettono nel mirino Usa, Ue e Svizzera.
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Michele Mastandrea 17 Giugno 2022

Solo del bla, bla, bla. In questo modo Greta Thunberg definì i lavori della Cop26 di Glasgow, lo scorso novembre. Una valutazione che pare essere appropriata anche per la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici, incontro preparatorio verso la Cop27 di  Sharm el-Sheikh, appena terminata a Bonn, in Germania.

La conferenza doveva affrontare a livello tecnico i principali temi in agenda, su cui arrivare poi a decisioni politiche nel corso della prossima Cop egiziana. Ma l'esito finale è stato uno stallo generale su tutti i principali dossier. Insomma, non è stato fatto alcun passo avanti significativo. In particolare, sulla giustizia climatica.

Vale a dire, il tema ormai ritenuto fondamentale da affrontare, se si vuole risolvere la contraddizione decisiva del nostro tempo. Quello per cui i Paesi in via di sviluppo vogliono continuare a emettere – mentre iniziano la loro transizione green – per fare progredire la propria economia e raggiungere il tenore di vita dei Paesi storicamente più responsabili delle emissioni climalteranti.

Questi ultimi, però, tentennano nel finanziare massicciamente la transizione ecologica globale, sostenendo dunque concretamente i Paesi in via di Sviluppo, ma allo stesso tempo si dicono determinati a centrare gli obiettivi dell'Accordo di Parigi. Obiettivo sempre più difficile da raggiungere, sebbene l'Ipcc nei suoi periodici report abbia più volte affermato che nulla è perduto e che l'unico elemento fondamentale è la volontà politica degli Stati.

Tutto fermo sulla finanza climatica

Nessun accordo è stato inoltre raggiunto sul fondo da 100 miliardi annui da destinare alle politiche di adattamento dei Paesi più esposti alle conseguenze future dei cambiamenti climatici, e meno in grado di farvi fronte economicamente.

Zero passi avanti anche sul fronte delle politiche di ‘Loss and Damage', ovvero sui fondi destinati a riparare i danni già subiti dai Paesi più vulnerabili agli effetti del Climate Change. Effetti, va ricordato ancora una volta, dovuti principalmente alle emissioni dei paesi più industrializzati, che oggi prendono tempo nell'affrontare le conseguenze dei loro comportamenti.

In questo senso, il meccanismo dei "Dialoghi di Glasgow", deciso nel corso del meeting scozzese, non sembra aver funzionato. L'obiettivo di questo strumento era aprire la discussione su come arrivare – entro il 2025 – a una definizione precisa di come procedere al sostegno finanziario ai Paesi più danneggiati dai cambiamenti climatici.

Nei fatti, però, sembra aver piuttosto permesso di rallentare decisioni importanti in materia di giustizia climatica. Cosa di cui si sono accorti i Paesi meno industrializzati, che hanno provato senza successo a forzare la mano affinché venisse inserito nell'agenda di Sharm El-Sheikh.

La delusione per l'esito del meeting

Un fallimento che non è stato preso bene. Nel corso della sessione conclusiva, il Pakistan ha espresso "l'insoddisfazione" dei 134 paesi in via di sviluppo che hanno partecipato alla Conferenza. Stessa delusione è stata espressa da Conrod Hunte, negoziatore capo dell'Alleanza dei piccoli Stati insulari, l'Aosis, per cui "il ritmo è troppo lento, è troppo poco, troppo tardi".

"I Paesi ricchi, in particolare l'Unione Europea, la Svizzera e gli Stati Uniti, hanno bloccato le discussioni", ha invece attaccato Climate action network, una delle principali federazioni di ong attive nel campo della giustizia ambientale. È vero, c'è tutto il tempo per invertire la rotta, mancando diversi mesi all'appuntamento egiziano. Ma senza alcun dubbio, la strada intrapresa non sembra quella giusta.