La transizione ecologica ed energetica è un percorso ormai avviato, sarai d'accordo con me. La direzione sembra essere finalmente stata presa, nonostante gli interessi dell'industria fossile rimangano fortissimi ed eventi come la guerra in Ucraina abbiano rallentato la marcia. Seppure accidentata, la strada ci porterà – speriamo prima possibile – a raggiungere l'obiettivo.
Come ogni itinerario, però, è possibile accelerare o rallentare mentre si raggiunge la meta prefissata. Abolire i Sussidi Ambientalmente Dannosi, o Sad, è considerata da molti una delle strade per avvicinare il risultato della transizione ecologica. Ma a cosa ci riferiamo quando ne parliamo? Te lo spiego in questo articolo.
I Sad sono sostanzialmente tutti gli investimenti economici, gli incentivi o le agevolazioni in favore di tecnologie o attività con impatto negativo sull'ambiente. Ci si riferisce insomma a tutte quelle misure che riducono il costo dell'utilizzo di fonti fossili, o che incentivano lo sfruttamento delle risorse naturali. Possono essere ricompresi all'interno di questi sussidi anche specifici tagli alle tasse. Ad esempio, incentivi fiscali alle aziende estrattrici di petrolio possono essere considerati Sad, così come gli sgravi fiscali per l'acquisto di una caldaia a gas. Per non parlare dei finanziamenti a impianti inquinanti come le centrali a carbone.
Le motivazioni affinché questi sussidi vengano eliminati sono molteplici. Si può trattare di finanziamenti reputati economicamente inefficienti, e dunque distorsivi del mercato. Oppure di incentivi capaci di provocare danni ambientali sia direttamente, sostenendo attività dannose, che indirettamente, rendendo più conveniente portare avanti un’attività inquinante rispetto a un'altra dall'impatto nullo.
Va poi considerato anche il fattore geografico, con alcune attività (come ad esempio le emissioni di CO2) i cui effetti non sono limitati al territorio dove sono svolte, ma hanno impatto internazionale. Va poi considerato che finanziare attività inquinanti significa perdere opportunità di investimento in altri settori, come ad esempio in strutture sanitarie o nella mobilità sostenibile.
Ma se questi sussidi sono dannosi, perché esistono? Ci sono alcune ragioni, basate principalmente su considerazioni economiche. Ad esempio, in questo momento i tagli al prezzo dei carburanti decisi dal governo sono in teoria considerabili dei Sad. Hanno però l'effetto di rendere più abbordabile l'acquisto di benzina e gasolio, evitando grossi problemi alle migliaia di persone che devono recarsi al lavoro in macchina. Ovviamente non è possibile cancellare questi sussidi di colpo, perché ciò avrebbe conseguenze pesanti.
Il punto decisivo sta però nell'avere una strategia temporale precisa per l'eliminazione dei Sad, realizzabile attraverso tabelle di marcia dettagliate. Ad esempio, decidere che dal 2035 non si potranno vendere più auto alimentate a combustibili fossili è un provvedimento che permetterà di risparmiare i fondi attualmente destinati ad abbassare il prezzo della benzina. Inoltre, investire nelle tecnologie per la produzione di energia rinnovabile come solare e eolico aiuterà a ridurre i Sad alle aziende produttrici di energia da fossile, o gli incentivi per l'acquisto di prodotti energetici necessari alle imprese. Fa ben sperare ad esempio il fatto che l'energia rinnovabile sia sempre più conveniente ogni anno che passa: serve però investirci con decisione.
Da anni le istituzioni internazionali hanno raccomandato l'eliminazione progressiva dei Sussidi Ambientalmente Dannosi, anche grazie alla spinta delle associazioni ambientaliste. Tra i 169 target Onu inseriti da raggiungere nell'Agenda 2030 è presente infatti anche la razionalizzazione "degli inefficienti sussidi ai combustibili fossili che incoraggiano lo spreco".
L'Italia ha risposto a questa sollecitazione con la legge 211 del 2015, ma attualmente sono ancora – secondo il rapporto annuale di Legambiente in materia, relativo al 2020 – 34,6 i miliardi di euro impiegati nel nostro paese nel sostegno a attività dannose, in particolare legati a settori come trasporti, energia, edilizia e agricoltura. Di questi, più della metà sarebbe eliminabile da qui al 2025. Nel mondo, sempre secondo l'associazione ambientalista, saremmo invece oltre quota 500 miliardi di Sad.
Per il nostro Ministero della Transizione Ecologica, che ha il compito ogni anno di preparare il ‘Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli‘, i Sad ammontano adesso invece a 21,6 miliardi di euro. Come mai questa differenza? Perché ovviamente la classificazione non è oggettiva, ma riflette le analisi di chi la quantifica e dunque decide cosa considerare Sad o no.
Quello che manca all'attuale, da parte dell'esecutivo, è piuttosto un piano definito per l'eliminazione dei Sad. Un impegno richiesto anche a livello internazionale, che sarebbe il caso di prendersi quanto prima, anche in vista del raggiungimento dei target europei e globali di decarbonizzazione. Il Ministero alla Transizione Ecologica dovrebbe presentare il suo piano entro la metà del 2022. È il momento di accelerare, sul serio.