Cos’è il climate quitting: il rifiuto o l’abbandono di un lavoro poco attento agli impegni per l’ambiente

Dopo la Great Resignation, ovvero il fenomeno postpandemico di dimissioni di massa per soddisfare le ambizioni professionali, e il Quite Quitting, che consiste nel lavorare nei tempi e nei modi indicati dal contratto, ecco il climate quitting. Un nuovo modo di vivere la propria carriera professionale stando attenti al clima, al sociale e di governance.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Francesco Castagna 13 Marzo 2023

Dopo la Great Resignation, ovvero il fenomeno postpandemico di dimissioni di massa per soddisfare le ambizioni professionali, e il Quite Quitting, che consiste nel lavorare nei tempi e nei modi indicati dal contratto, ecco il climate quitting. Un nuovo modo di vivere la propria carriera professionale stando attenti al clima, al sociale e alla governance (criteri ESG).

Il mondo sta cambiando sotto i nostri occhi, con esso si modificano anche le abitudini delle persone in tutti i campi della loro vita. Se la pandemia ci ha portato ad allontanarci dai grandi centri urbani per ricercare spazi sempre più aperti, la guerra ha creato in noi un desiderio di evasione dalle notizie quotidiane (come il Covid-19). Ora, con una spinta sempre più crescente dei movimenti ambientalisti, eccoci ad affrontare un nuovo fenomeno sociale, una nuova consapevolezza. Prima però, capiamo insieme a cosa si fa riferimento quando si parla di criteri ESG.

Criteri ESG

In sostanza con l'acronimo ESG ci si riferisce a tre macro-aree, Environmental (ambiente), Social (società) e Governance. Ciò a cui spesso non si fa caso, è che le aziende creano delle campagne al pubblico ad hoc per dare un'immagine di sé green, ma poi non conducono degli investimenti che vanno nello stesso senso. Rispettare i criteri ESG è infatti il retro del palcoscenico, ciò che non si vede dell'azienda. O meglio, ciò che un comune cittadino non è abituato a controllare, anche se gli investimenti sono pubblici.

Ma soprattutto, questi parametri sono molto utili agli investitori, che possono valutare il punteggio delle aziende e, in base a esso, decidere se evitare o meno di finanziare organizzazioni o pratiche commerciali discutibili. L'insieme dei criteri quindi costituisce un vero e proprio ranking per le aziende. Secondo un report elaborato da una nota azienda nel campo della consulenza, "un numero crescente di prove mostra che le società con forti principi ESG sono sovraperformanti. In particolare, gli studi mostrano che le aziende che si concentrano sugli indicatori ESG più rilevanti dal punto di vista finanziario per il loro settore tendono a rendere meglio".

Se prima però questo parametro veniva utilizzato soltanto dalle altre aziende o dagli investitori, ora sta diventando una prerogativa anche per i lavoratori stessi. Questo può sembrare strano in un periodo storico in cui il lavoro non è retribuito al pari del costo della vita, eppure ciò che emerge è chiaro: dopo la pandemia da Covid-19, sempre più persone non accettano più di lavorare con delle retribuzioni e in ambienti che non ritengono idonei. Ecco quindi che prende vita il Climate quitting: tutto in funzione dell'ambiente, senza se e senza ma.

Climate quitting

Questo approccio al lavoro sempre più consapevole è dovuto da una parte alle azioni di sensibilizzazione dei movimenti ambientalisti, dall'altra da una maggiore coscienza di sé. Anche se si tratta di un fenomeno nuovo, apparso sui media negli ultimi anni, si è evoluto rapidamente per via della crisi climatica in corso. Così tanto da destare preoccupazione tra i dirigenti aziendali e le risorse umane delle aziende.

A ritenere più importante il rispetto di questi principi sono in larga parte gli under 40, i millennial e la generazione Z, ovvero le fasce che hanno mostrato più sensibilità verso le tematiche ambientali. Perciò sia che lavorino per un'azienda, sia che lavorino come liberi professionisti, esiste un numero consistente di persone che vuole sempre più garanzie sul rispetto degli obiettivi climatici.

A confermarlo è una recente indagine condotta da un'altra società di consulenza, che ha rilevato anche come "quasi la metà dei 6.000 adulti intervistati in questa fascia d'età desidera che il proprio datore di lavoro abbia un impegno ESG. Uno su cinque ha rifiutato un'offerta di lavoro perché ha ritenuto che non fosse così".

Contenuto validato dal Comitato Scientifico di Ohga
Il Comitato Scientifico di Ohga è composto da medici, specialisti ed esperti con funzione di validazione dei contenuti del giornale che trattano argomenti medico-scientifici. Si occupa di assicurare la qualità, l’accuratezza, l’affidabilità e l’aggiornamento di tali contenuti attraverso le proprie valutazioni e apposite verifiche.