“Dal monitoraggio dell’aderenza alle terapie all’agritech”: per Caironi la batteria commestibile alimenterà una buona fetta di futuro

Mario Caironi, ricercatore dell’IIT e coordinatore del gruppo che ha sviluppato la batteria commestibile, ci ha spiegato quali potrebbero essere i potenziali ambiti di applicazione. Oltre all’Health, questo sistema di alimentazione sembra destinato a trovare spazio nell’agritech e nei sensori per il monitoraggio dele condizioni ambientali di un terreno agricolo.
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Kevin Ben Alì Zinati 9 Novembre 2023
* ultima modifica il 11/11/2023
In collaborazione con Mario Caironi Coordinatore del Printed and Molecular Electronics Laboratory del Centro dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano

Quello di circolarità è uno dei concetti più importanti attorno a cui ruota l’idea della batteria commestibile, l’invenzione tutta italiana che la prestigiosa rivista Time ha inserito tra le migliori invenzioni del 2023.

Te lo abbiamo raccontato: si tratta del primo prototipo al mondo di batteria ricaricabile realizzato dall’Istituto Italiano di Tecnologia a partire da materiali completamente edibili, che di solito troveresti sulla tua tavola.

Questa circolarità la vediamo scalata in tre forme. Una legata al riutilizzo di alimenti di scarto, un’altra connessa alla capacità di questa ricerca di innescarne altre e un’ultima, un po’ più ideale, che riguarda invece le sue potenziali applicazioni tra Health e Green.

La batteria commestibile è composta da materiali completamente edibili. Photo credit: IIT Milano.

Come dicevo, la prima forma di circolarità, più diretta e lineare sta proprio nella sua costruzione a base di cibi che anziché finire nella spazzatura ritornano a nuova vita come materia per i componenti di un innovativo sistema di alimentazione.

“C’è molta ricerca prima di noi che punta sulla circolarità – ha raccontato Mario Caironi, coordinatore del Printed and Molecular Electronics Laboratory del Centro dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano e ideatore del progetto – Si tratta di un trend che investirà diverse filiere industriali. La nostra idea per contrastare lo spreco alimentare, come quella di buona parte del mondo della ricerca, è cercare di riutilizzare ciò che solitamente viene buttato. Noi puntiamo a ricuperare lo scarto dello scarto”.

Mario Caironi, ideatore della batteria commestibile, è coordinatore del Printed and Molecular Electronics Laboratory al Centro dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano

Il cuore della batteria, infatti, è composto da due molecole che sono abbondantemente presenti nella nostra alimentazione quotidiana. Una è la riboflavina (nota anche come vitamina B2), contenuta largamente in moltissimi alimenti come le mandorle, l’altra è la quercitina, venduta anche come supplemento alimentare e molto presente nei capperi.

Queste due molecole realizzano i due poli della batteria, il «+» e il «-» insomma, “perché sono in grado di ricevere una carica elettrica, trattenerla e rilasciarla quando la batteria viene collegata a un dispositivo”.

Come materiale per trasportare la carica elettrica viene utilizzato il carbone attivo vegetale, presente in alcuni prodotti per lo stomaco e utilizzato in cucina anche per colorare il pane. “Da questa sostanza vengono prodotti due inchiostri successivamente mescolati con le molecole che costituiscono il polo positivo e il polo negativo”.

Questi due inchiostri vengono poi appoggiati su un supporto fisico che permette il collegamento esterno della batteria con dei dispositivi, realizzato con delle foglie di oro alimentare, usato da alcuni chef per decorare torte e prodotti di pasticceria.

Le foglie d’oro, a loro volta, vengono fissate su un sottilissimo strato composto da un additivo alimentare. Per metterli in comunicazione, i due elettrodi della batteria vengono poi immersi in una miscela di acqua e sale e per evitare che si tocchino viene impiegato un separatore creato con alga nori, quella impiegata del sushi.

“L’intera struttura deve essere poi tenuta insieme da qualcosa di più rigido: nel primo prototipo abbiamo usato cera d’api per l’incapsulamento”. La batteria, insomma, è completamente edibile e può essere costruita davvero partendo da prodotti altrimenti scartati.

Estendendo il concetto, circolare in un certo senso è anche la natura della ricerca scientifica che l’ha progettata. Studiare nuovi sistemi e applicazioni, sperimentarli e progredire nello sviluppo di un progetto così ambizioso e sfidante innesca inevitabilmente altri progressi in altri ambiti di ricerca.

Il sistema di alimentazione è composto principalmente da riboflavina, quercitina, carbone attivo vegetale, foglie i doro vegetale e cera d’api. Photo credit: IIT Milano.

Un po’ come è successo con la famosa corsa allo spazio: l’obiettivo finale era portare l’uomo sulla Luna ma trovare il modo per riuscirci ha permesso di sviluppare tecnologie e competenze collaterali che oggi fanno parte della nostra quotidianità. Pensa, per esempio, ai microchip, all’elettronica miniaturizzata e quindi ai computer.

“Quello dell’elettronica commestibile è un fronte di ricerca attivo che risponde alla richiesta di vari ambiti, soprattutto Health, di realizzare pillole commestibili da ingerire totalmente sicure perché fatte con cibi e derivati e supplementi alimentari. Dal momento che non ci si può permettere di recuperare le molecole necessarie con tecniche di raffinamento tossiche o impattanti, serve sviluppare metodiche scalabili su grandi volumi e a basso costo. Lo sviluppo di una tecnica porta allo sviluppo di un’altra e così via” ha spiegato Caironi.

L’idea innovativa è l’utilizzo di prodotti altrimenti scartati Photo credit: IIT Milano.

Approfondendone segreti e vantaggi con il coordinatore del progetto, ci è parso di vedere una forma circolarità anche nel disegno delle possibili applicazioni della batteria commestibile.

Un cerchio che congiunge la salute e il mondo dell’Health con quello del Green e dell’agritech nell’ottica di contribuire concretamente a rendere la vita dell’uomo sempre più sana, sicura e sostenibile.

Caironi, infatti, ha spiegato che con questa tecnologia si potrebbero per esempio sviluppare strumenti per monitorare l’aderenza alle cure. “Se un farmaco classico venisse decorato con elementi di elettronica commestibile si potrebbe certificare l’avvenuta somministrazione dello stesso con una semplice comunicazione direttamente sullo smartphone. Si potrebbero anche sviluppare dei sensori per analizzare il PH dello stomaco e altri parametri fisiologici. Una pillola simile può anche aiutare a monitorare il transito degli alimenti nel nostro stomaco rivelando così informazioni utili per studiare patologie metaboliche”.

Pensare alla batteria e all’elettronica commestibile nel campo della biomedica oggi necessita comunque di tempi lunghi dal momento che servono sistemi complessi che ancora non abbiamo.

Un po’ più breve, forse, potrebbe essere l’impiego di questi dispositivi nei sistemi di monitoraggio e tracciamento degli alimenti deperibili, complice anche il fatto che l’ingestione di questi oggetti non sarebbe necessaria a tutti i costi. “Questi dispositivi possono restare a contatto con il cibo perché non lo altererebbero e anche se ne rimanessero tracce non rappresenterebbero un problema. Oggi invece i dispositivi vengono applicati sul packaging, chiaramente con dei limiti perché di fatto si certifica il contenitore e non il contenuto”.

Per provare a vedere questi sistemi di alimentazione al lavoro già domani, il gruppo del dottor Caironi sta lavorando a come impiegarli all’interno di meccanismi elettronici già esistenti, sostituendo quindi le batterie non commestibili, che oggi rappresentano una problematica non indifferente.

Il loro impatto a fine vita è importante: sia nel caso venissero abbandonate nell’ambiente, perché al loro interno contengono materiali tossici, sia se si considera la loro produzione. In questo senso, ha continuato il ricercatore dell’IIT, il primo campo d’interesse è l’agritech. “Si sta lavorando, infatti, per realizzare sensori diffusi in grado di monitorare le condizioni ambientali del terreno. Sensori che, anche se dispersi, non avrebbero alcun impatto e non rappresenterebbero un problema nemmeno per gli animali se dovessero ingurgitarli”.

Al momento non esistono prodotti commerciabili ma Caironi ha specificato che è già stato dimostrato come dispositivi per il monitoraggio della temperatura, dell’umidità e dell’esposizione alla luce funzionino tali e quali se si sostituisse la batteria commestibile a quelle a bottone.

Portare questo sistema di alimentazione in oggetti più quotidiani, più vicini all’uso della popolazione comune non è impensabile, anzi. Qui la sfida da superare è la durata della batteria. “Adesso dura molto meno di una batteria stilo, circa 100-1000 volte meno. Stiamo comunque lavorando per aumentare la capacità: rispetto al prototipo mostrato l’abbiamo già raddoppiata ha precisato Caironi, aggiungendo che allo stesso tempo si sta lavorando anche per ridurne le dimensioni. “Il primo prototipo era un parallelepipedo di 3 centimetri per 1 centimetro. Oggi l’abbiamo già dimezzato, raddoppiando la capacità”.

Una delle applicazioni possibili nel breve termine sono i giocattoli, come quelli dei bimbi che non possono avere batterie perché a rischio ingerimento.

So cosa stai pensando. Probabilmente lo stai pensando dall’inizio, da quando ti ho raccontato delle potenziali applicazioni green della batteria commestibile. Purtroppo però devo smorzare il tuo entusiasmo: no, con molta probabilità non alimenteranno mai delle auto elettriche.

“Al momento l’alimentazione delle auto non è nei piani: il riferimento ora sono le batterie di consumo, di casa. Quelle delle auto sono batterie diverse, non è ragionevole pensarci oggi”. Il ricercatore dell’IIT è stato chiaro: non c’è nulla che dica che non si possa fare ma oggi non ci sono le basi per avere una ragionevole speranza che nel giro di un tempo finito potremmo davvero farcela.

Circolarità, ti dicevo. Dopo averne parlato all’inizio, chiudo con lo stesso concetto. Sì, perché il lavoro del team di Mario Caironi potrebbe servire a chi si metterà al lavoro per sviluppare batterie sostenibili ad alta capacità: “Parte della nostra ricerca, in futuro potrebbe contribuire allo sviluppo di batterie di maggiori capacità, come quelle necessarie per l’alimentazione delle auto. Potremmo contribuire così”.

Tutto serve e nulla dev'essere sprecato, insomma.

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