Dentro le Comunità Energetiche Rinnovabili, “una novità che viene dal passato”. Intervista alla prof.ssa Marisa Meli

Una soluzione al problema della decarbonizzazione, ma anche dell’autonomia energetica. Sono le Comunità Energetiche Rinnovabili (Cer), associazioni tra persone o tra persone e enti locali che si occupano di produrre e distribuire energia da fonti rinnovabili. Un grande aiuto per le piccola realtà locali, ma che lo sarà sempre di più in futuro anche per le grandi città e le aziende. Ne abbiamo parlato con la professoressa Marisa Meli dell’Università di Catania.
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Michele Mastandrea 6 Aprile 2022
Intervista a Prof.ssa Marisa Meli Docente di diritto privato dell'Università di Catania e coordinatrice del progetto Trepesl

Conosci le ‘Cer‘? Parlo delle Comunità Energetiche Rinnovabili: qualcosa di forse ancora poco noto a te e in generale al grande pubblico, ma di cui gli esempi si moltiplicano sempre più nel nostro Paese. Si tratta di una forma di collaborazione tra persone, o tra persone e istituzioni, che finora si è realizzata quasi sempre su piccola scala locale. Da questa relazione si crea un nuovo soggetto giuridico, il cui obiettivo è auto-produrre e poi distribuire energia rinnovabile a tutti gli appartenenti alla Comunità. Ne abbiamo già parlato in passato, quando però la loro diffusione era ancora ai primi passi.

Il tempo ha permesso alle Cer di superare alcuni limiti tecnici e giuridici, e di potersi così iniziare a espandere. Di recente a Ferla, comune del siracusano, ne è stata inaugurata una, chiamata "CommOn Light". Una Cer che è nata a partire dall'impegno dell'amministrazione locale e dalla relazione con il mondo del sapere. Con l'aiuto teorico e pratico di vari docenti di diritto e ingegneria, il comune siciliano, sentiti i cittadini, ha installato un impianto fotovoltaico dalla potenza di 20 Kw che assicurerà al paese l'energia necessaria. I benefici sono notevoli: in primis, l'abbattimento dei costi di trasporto, che rende molto più economica l'energia che viene prodotta.

Tra i docenti che hanno seguito la nascita della Cer c'è anche Marisa Meli, docente di diritto privato dell'Università di Catania e coordinatrice del progetto Trepesl, ‘Transizione energetica e nuovi modelli di partecipazione e sviluppo locale'.  Meli si è occupata delle fasi evolutive del progetto, e definisce le Cer "un tassello importante per la de-carbonizzazione e per l'autonomia energetica". L'abbiamo intervistata per andare oltre il progetto di Ferla, ragionando insieme sul perché le Cer possano essere importanti nell'ottica della non più rinviabile transizione ecologica.

Professoressa Meli, cosa sono e come funzionano le Comunità Energetiche Rinnovabili?

Mi piace dire che le comunità energetiche sono una novità che viene dal passato. Le prime comunità energetiche sono nate in Italia a partire dagli inizi del secolo scorso, nel nord e in particolare nell'Alto Adige, spesso nell'ambito di comunità montane. Erano una forma di sfruttamento e condivisione dell'energia, soprattutto idroelettrica. Oggi invece si ripropone questo modello in forme innovative: si tratta allo stesso modo di una forma di condivisione di energia, prodotta da fonti rinnovabili attraverso la costituzione di un nuovo soggetto giuridico, la Comunità appunto.

Perchè le comunità energetiche possono essere importanti nell'ottica del passaggio a una società a zero emissioni?

Proprio perchè si strutturano a partire dalle rinnovabili. Andando così a inserirsi nel processo verso l'azzeramento delle emissioni di carbonio entro il 2050. Una Cer può riguardare tutte le fonti rinnovabili, anche se in particolare le comunità energetiche – come nel caso di Ferla – finora si rivolgono allo sfruttamento del fotovoltaico. Però poi c'è un'altra ragione della loro importanza, per cosi dire indiretta: danno luogo a un vero e proprio soggetto giuridico (a un'associazione, o a una cooperativa) il tuo obiettivo è realizzare progetti che comportino benefici ambientali, economici e sociali.

E questo cosa può significare?

Che questo soggetto giuridico si struttura per realizzare progetti di comunità, ma in riferimento alle specificità e alle esigenze del territorio si possono realizzare ulteriori progettualità. Queste vanno anch'esse nella direzione della transizione ecologica. Si va dal realizzare colonnine di ricarica degli autoveicoli, al recupero di zone del territorio, alla piantumazione di alberi. I benefici quindi possono essere variabili, a seconda della determinata tipologia di area. Questa è anche una ragione per cui il Pnrr si focalizza sulle amministrazioni concentrate nelle aree interne (concedendo fondi per 2.2 miliardi di euro NdR). Non è una bacchetta magica sul tema dello spopolamento di quelle aree, ma è anche vero che queste Comunità, a partire dal tema della transizione energetica, possono permettere di realizzare tanti altri progetti.

Le comunità energetiche possono essere una soluzione solo per piccoli comuni e piccoli edifici, o in futuro potranno imporsi anche nelle grandi città e nelle grandi costruzioni (aziende, uffici)?

Si è avuta fino a oggi un'attuazione parziale di una direttiva europea, sperimentale, che ha stabilito limitazioni geografiche e di potenza degli impianti. Queste limitazioni hanno fatto sì che vi si incentrassero principalmente i piccoli comuni. Queste limitazioni però verranno a breve meno con il Decreto Legislativo 199/2021 che è entrato in vigore a dicembre: ora serve solo aspettarne i decreti attuativi. Si potranno dunque applicare i modelli giuridici delle Cer in contesti più rilevanti, dentro le grandi città. In un momento storico in cui si parla di dipendenza del gas, di aumento di costo dell'energia, magari questa non sarà la soluzione ma sicuramente si tratta di un tassello importante in vista della decarbonizzazione ma anche della conquista dell'autonomia energetica.

E a livello di tempi, è semplice partire con un progetto simile?

Su questo, è chiaro che non sono brevissimi i tempi. Fare sorgere il soggetto giuridico non è complesso, però ci deve essere a monte il coinvolgimento della comunità, quindi serve l'azione da parte dell'ente locale. C'è da pensare alla parte ingegneristica e quella giuridica, con la prima necessaria per preparare progetti di fattibilità, per creare la struttura della futura comunità energetica. C'è poi da realizzare la convenzione con il Gse, ovvero con il Gestore dei Servizi Energetici. Ma i tempi sono così anche perché si tratta di una novità. Più si andranno a rodare le esperienze, più i tempi si accorceranno. A Ferla abbiamo aspettato alcuni mesi per riuscire a partire col progetto, ci sono tempi tecnici da rispettare: ma in futuro si ridurranno sempre di più.