Discariche abusive: come funziona e come bloccare il business illegale dei rifiuti che distrugge l’ambiente

Lo smaltimento illecito dei rifiuti “pianificato e abituale” da tempo fa guadagnare le mafie e altri soggetti disonesti. A farne le spese siamo noi, a livello ambientale ed economico.
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Gianluca Cedolin 7 Aprile 2020

Ogni anno, paghiamo i danni provocati dalle discariche abusive. Un conto salato, a livello economico, per via delle sanzioni dell’Unione europea, e soprattutto ambientale, con conseguenze devastanti per la nostra salute. Purtroppo lo smaltimento illegale dei rifiuti è un business redditizio, con cui si arricchiscono le mafie, ma alimentato anche da imprenditori e, qualche volta, dai pubblici amministratori, che scelgono vie illecite perché meno costose e laboriose.

Cosa sono le discariche abusive

Partiamo da una definizione: discarica abusiva indica un’attività di gestione illegale dei rifiuti pianificata e abituale, fatta da soggetti consapevoli e in accordo tra loro e finalizzata alla sparizione dei rifiuti prodotti, con forme di smaltimento non regolamentari e dietro adeguata contropartita economica. È una pratica consolidata e continua, quindi, diversa dall’abbandono occasionale di rifiuti (per il quale comunque si rischiano conseguenze penali).

Le pene previste

Uno dei motivi per cui le mafie hanno messo le mani sul business dei rifiuti illegali è che fa guadagnare molto e rischiare poco, perché le pene sono molto meno severe rispetto a quelle per il traffico di droga, di armi, ecc. Come si legge nel Codice dell’Ambiente: “Per la realizzazione o la gestione di una discarica abusiva è prevista la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da 2.600 a 26mila euro; ove si tratti, anche solo in parte, di rifiuti pericolosi, si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e l'ammenda da 5.200 a 52mila euro. Alla condanna consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi”.

I numeri

Secondo un report dell’Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, ci sono in tutto 22mila siti di smaltimento illecito in Italia e nel 2018 sono stati sequestrati rifiuti per 54 milioni di tonnellate. Il report di Legambiente “Rifiuti zero, impianti mille” parla di 200 discariche abusive. Lo stesso numero per cui siamo stati condannati dall’Unione europea per mancato rispetto degli obblighi: 200 siti non a norma, di cui 14 con rifiuti pericolosi.

Le sanzioni europee

Siamo sotto osservazione dal 2003, nel 2007 siamo stati condannati e dal 2014 una sentenza europea ci ha obbligati a pagare 42,8 milioni di euro ogni sei mesi, anche se alla fine di ogni semestre vengono detratti 200mila euro per ogni sito messo a norma (400mila se si tratta di rifiuti pericolosi). Dopo molti interventi, ora paghiamo circa 8 milioni a semestre nel 2019, ma la situazione non è risolta. E va detto che le situazioni individuate dall’Unione europea sono quelle di cui sono considerate responsabili le istituzioni italiane, quindi non le mafie.

La mappa delle discariche

Una volta i rifiuti viaggiavano da nord e sud, soprattutto in Campania, dove la camorra gestiva il business nella tristemente nota Terra dei Fuochi, in cui i rifiuti venivano sotterrati o bruciati, con danni enormi per l’aria e l’acqua, contaminata da sostanze pericolose. Adesso invece il flusso principale è inverso: i rifiuti viaggiano verso il nord, con la Lombardia che è diventata il centro di smaltimento illecito dei rifiuti e teatro di molti, pericolosi roghi. L’azione di mafie, imprenditori e professionisti del settore si snoda su tre livelli: il trasporto, lo smaltimento e la bonifica (con l’assegnazione illegale dei bandi per risistemare il luogo danneggiato).

Come risolvere il problema?

Servono innanzitutto tanti controlli, per individuare la filiera illecita a qualsiasi livello. Bisogna inoltre rendere meno costoso e complicato lo smaltimento dei rifiuti per le aziende, aumentando il numero di impianti: meno ce ne sono, più costa gestire gli scarti, e maggiore sarà quindi il guadagno della criminalità organizzata. Ma, soprattutto, servono interventi decisi e lungimiranti verso un’economia più circolare, basata non solo sul riciclo, ma anche sulla minor produzione di rifiuti.