Dissalazione: un processo di produzione di acqua dolce fondamentale contro la siccità ma pericoloso per l’ambiente

Siamo in grado di recuperare acqua dolce dal mare, ma dobbiamo ancora migliorare nella gestione dei rifiuti prodotti da questo processo. Si chiama dissalazione, produce 95 miliardi di litri d’acqua dolce al giorno ma anche molte scorie pericolose per l’ambiente, in grado di seppellire l’Italia sotto 17 centimetri di salamoia.
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Sara Del Dot 13 Agosto 2020

Immagina di trovarti su una spiaggia deserta o a bordo di una barca nel bel mezzo del mare e di trovarti improvvisamente a corto di acqua in bottiglia. Il caldo e l’afa fanno salire la sete e tu senti la gola secca e una gran voglia di bere acqua fresca a grandi sorsate. La cosa più ironica di tutto questo è che in quel momento, dall'acqua, sei letteralmente circondato. Unico problema, è salata. Tuttavia, qualcuno ha pensato anche a questo, certo non per dissetarti durante una gita in barca ma piuttosto per generare maggiori risorse idriche per le persone che, di acqua potabile, non ne vedono spesso.

Si chiama “dissalazione” ed è una tecnica attraverso la quale è possibile separare la parte salata dall’acqua di mare, o l’acqua salmastra, trasformandola in un prodotto perfettamente utilizzabile per l'essere umano. La dissalazione avviene attraverso degli strumenti chiamati “dissalatori”, appunto, presenti in numero di circa 16.000 in tutto il mondo. In Italia, il tema dei dissalatori è molto dibattuto, e presto te ne spiegherò il motivo. Per portarti un esempio concreto, basta tornare indietro di qualche giorno quando, al suo arrivo nel Parco nazionale dell’Arcipelago toscano, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha trovato ad accoglierlo a Mola alcuni manifestanti che protestavano contro la costruzione di un dissalatore.

Appena poco più di un anno fa, era avvenuto presso il Senato della Repubblica un convegno finalizzato a evidenziare la carenza di una normativa e di un coordinamento a livello nazionale sulla gestione di questo procedimento. Ma qual è il problema, soprattutto per i cittadini italiani che vivono quasi completamente circondati dal mare?

Dissalazione: qual è la situazione?

Come ho già detto, attualmente nel mondo esistono circa 16.000 impianti di dissalazione, che producono dal mare acqua potabile e utilizzabile per le attività umane, in numeri incredibili. Ogni giorno, infatti tutti questi impianti riescono a produrre 95 miliardi di litri d’acqua dolce, poco meno della metà della portata delle cascate del Niagara.

Solo in Israele, ad esempio, attraverso i 4 impianti di dissalazione presenti sul territorio viene prodotta il 40% dell’acqua necessaria per approvvigionare i cittadini.

Ma non illuderti. Non tutta quest’acqua dolce è destinata a dare da bere a chi, di acqua dolce, non ne ha molta a disposizione. Infatti, in molti casi l’utilizzo che viene fatta di questo prodotto così prezioso come bene primario, riguarda attività agricole o industriali, insomma modi per fare profitto. E, naturalmente, un’attività come questa non può essere esente da controindicazioni. Anche perché altrimenti difficilmente troveremmo delle persone a manifestare contro la costruzione di un nuovo impianto.

Un rischio ambientale

Ma qual è, quindi, l’altro lato della medaglia di questa procedura per generare acqua dolce? Il punto principale non è altro che la risposta a una domanda molto semplice, la prima che dovrebbe venirti in mente. Che fine fanno tutto il sale e le altre sostanze che vengono separate dall’acqua nel processo di dissalazione? Bene, purtroppo ancora non è stato creato un piano che coordini le azioni in questo senso. Il problema infatti è che per ogni litro d’acqua dolce prodotta, avanza un litro e mezzo di acqua iper-salata che contiene anche sostanze chimiche tossiche. Quando questa sostanza, chiamata anche salamoia, non viene smaltita correttamente, spesso va a finire dritta da dove è arrivata, ovvero nel mare, dove la sua eccessiva salinità finisce per alterarne gli ecosistemi mettendo in pericolo l’intero habitat. Facendo un rapido calcolo, per tutta l’acqua dolce prodotta ogni giorno dagli impianti di dissalazione, vengono prodotti scarti di “salamoia” per una quantità di 142 milioni di metri cubici ogni giorno, 51,8 miliardi di metri cubici di acqua iper salata ogni anno.

Risorse dagli scarti

Rigettare in mare la salamoia di scarto dei dissalatori non è il solo modo per smaltire la quantità di materiale prodotto. Infatti, questa sostanza potrebbe essere utilizzata in modo efficace per migliorare le tecniche di acquacoltura, recuperare metalli o altri materiali o ancora irrigare specie resistenti al sale come ad esempio l’alga spirulina. Ciò che sarebbe necessario, quindi, non è altro che una maggior lungimiranza e una collaborazione per gestire meglio le scorie di questo processo tanto controverso quanto utile e utilizzato.

Per questo, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha informato i manifestanti di Mola che, nei limiti delle competenze regionali e comunali, entro fine estate arriveranno le linee guida ministeriali proprio per tracciare un perimetro normativo in cui inserire la gestione degli impianti di dissalazione e delle loro scorie, per tutelare un mare, il nostro, già fortemente compromesso.