Ecco i motivi per cui l’inquinamento dell’aria è un problema per la Pianura Padana

Per la prima volta uno studio pubblicato e ripreso dalla rivista Atmosphere dimostra come in Europa esistano zone che inquinano di più della Pianura Padana, ma che per fattori geografici sono meno inquinate. Com’è possibile e quali sono le altre cause dell’inquinamento atmosferico di Torino e del Piemonte? Ne abbiamo parlato con Angelo Robotto, Direttore generale Arpa Piemonte.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Francesco Castagna 12 Dicembre 2022
Intervista a Angelo Robotto Direttore generale Arpa Piemonte

La questione dell'inquinamento atmosferico in Piemonte, come ti ho già raccontato con la storia di Chiara, dura da parecchio tempo. Quel problema che sembra irrisolvibile dipende da diversi fattori, non c'è solo l'attività delle fabbriche. Dietro quella nube che staziona sopra la città di Torino si nascondono anche cattive abitudini dei cittadini e dei contadini; sicuramente la posizione geografica non gioca a favore.

Ma indagare le origini del perché non riusciamo a liberarci di questa situazione nella Pianura Padana non è semplice. Per questo motivo abbiamo voluto studiare questo fenomeno direttamente con l'agenzia che si occupa del monitoraggio -su scala nazionale e territoriale- degli agenti inquinanti.

Insieme al Direttore generale di Arpa Piemonte, Angelo Robotto, Ohga ha analizzato punto per punto le cause che si celano dietro l'annoso problema dell'inquinamento atmosferico di questa regione.

Direttore Robotto, quali pareri e indicazioni date o avete dato in passato alla regione Piemonte in tema di controllo della qualità dell'aria?

Partiamo da qualche anno addietro, nel 2000 noi avevamo nella stazione di rilevazione della Consolata (in centro a Torino) 264 sforamenti dei limiti di PM10 all'anno circa. Oggi siamo a 73 sforamenti, e le condizioni non sono le migliori. Sono tanti perché superiamo i 35 che ci sono concessi dalla norma europea e nazionale. Rispetto a 264 sono meno, ma l'anno non è ancora finito. L'anno scorso (2021), nello stesso periodo, eravamo a 44 sforamenti, l'anno era stato piovoso e quindi la situazione era senz'altro migliore. Nel 2020, anno del lockdown, sempre nello stesso periodo, eravamo a 66 sforamenti. Da anni a questa parte la qualità dell'aria a Torino e in Piemonte è migliorata. Siamo sempre fuori, ma in 30 anni gli inquinanti sono cambiati e bisogna parlarne in maniera diversa.

Ad oggi gli inquinanti che continuano a dare problemi sono le polveri PM10/PM2,5 e gli ossidi di azoto. Un altro inquinante di cui meno si parla -anche perché si può intervenire poco- è l'ozono nei bassi strati  dell'atmosfera, che nel periodo estivo supera i valori-obiettivo per la protezione della salute umana.

E come interviene Arpa?

Arpa è un ente terzo, in particolar modo Arpa Piemonte da un anno a questa parte è stata anche individuata dal consiglio regionale, attribuendole il ruolo di ente di ricerca. Il nostro compito non è fare le politiche ambientali, ma abbiamo la proprietà, la gestione e le competenze per gestire tutta la rete di monitoraggio di tantissimi parametri. Forniamo delle indicazioni sulla costruzione di linee guida per le delibere di giunta, le leggi e in questo caso per il protocollo antismog, atti che però poi devono essere definiti dalla giunta.

Può farci un esempio di indicazioni che fornite?

Per esempio, quelle che sono state recepite nel Protocollo Antismog. Il protocollo scatta con le previsioni che fa Arpa nei tre giorni successivi. Noi diamo l'allerta a seconda se il protocollo è verde, arancione o rosso. Rimane verde se le previsioni di concentrazioni di PM10 sono sotto i 50 mg3, se invece sono tra i 50 e i 75 mg3 noi diamo l'avviso di protocollo arancione, se invece sono sopra i 75 mg3 è rosso. All'interno dei tre protocolli ci sono tutta una serie di misure che attengono alla riduzione del traffico. Si va bloccare alcune categorie delle macchine, che inquinano maggiormente rispetto ad altre.

Sul protocollo Antismog non si parla solo di blocco delle auto, ma di un pacchetto di misure sviluppate da Arpa e dalle agenzie ambientali che sono stati presi d'utilità dalla politica. Quindi interventi sul riscaldamento e sulla combustione di legno (che provoca lo sviluppo di polveri sottili). Tra l'altro, non tutti sanno che se utilizziamo un tipo di legna di alta qualità o stufe che non sono conformi alle normative buttiamo fuori fino a 10 volte tanto il PM10 che potremmo buttar fuori con una caldaia a gas ben controllata. C'è poi un altro aspetto, che riguarda il controllo della caldaia: tutti i cittadini dovrebbero essere molto ligi nel far fare una manutenzione perfetta a tutti i nostri sistemi di riscaldamento.

Il protocollo Antismog dice che non si possono utilizzare tali sistemi di riscaldamento quando ci sono i vari livelli di semaforo (verde/arancione/rosso), che bisogna attenersi alle regole di temperature di 19°. Inoltre aggiunge delle misure, proposte da Arpa, che vanno a impattare sull'agricoltura, un'altra fonte importante di inquinamento di polveri. I lettori e i cittadini devono capire che, nel momento in cui si espandono i liquami del letame, si sviluppa dell'ammoniaca che genera delle reazioni chimiche in aria e diventa anch'essa polvere, questa sostanza può viaggiare anche per 20 km prima di ricadere. È importante che le misure che vengono imposte sono misure che vanno a toccare l'agricoltura perché quelle polveri possono ricadere esattamente sulla città.

Come è stato modificato il Piano della qualità dell'aria nel corso del tempo? 

L'ultimo piano è quello realizzato dalla giunta Cirio, che riprende quello della giunta Chiamparino e che è stato migliorato sotto molti profili sui cosiddetti piani stralcio: piano del riscaldamento, piano dell'agricoltura etc.

Il protocollo Antismog è un'altra novità, figlia di quel piano della giunta Chiamparino. È un lavoro intenso che ha impegnato molto Arpa, che su questo tema ovviamente lavora tantissimo con la regione. Nel nostro piano regionale migliorato con l'attuale giunta -al di fuori di discorsi di colore politico- il discorso è che ci sono delle importanti indicazioni per il contenimento dei gas climalteranti per i cambiamenti climatici.

Abbiamo fatto inoltre dei controll, su indirizzo della regione, sulla bontà del pellet che vendono i punti di vendita e fatto le adeguate segnalazioni in caso di difformità all'autorità competente. Anche questo è un deterrente. Nell'arco dell'anno ci occupiamo dei controlli sugli impianti di riscaldamento e le centrali termiche. In media troviamo il 30% di impianti che non sono rispettosi della norma anche ai fini delle manutenzioni. È importante perché, se non sono correttamente manutenuti, emettono ossidi d'azoto e polveri in qualità ben superiori se fossero perfettamente funzionanti.

C'è una risposta da parte del mondo della politica sui temi ambientali? 

Sono molto contento del fatto che la politica si rivolga sempre più spesso agli enti tecnici. Non sfugga che, quando è stato detto che le polveri presenti in aria provenivano dalla legna e dai caminetti, qualcuno non ci credeva. Quando poi abbiamo rilevato nel 2020, il 27 di marzo quando c'era il lockdown assoluto, che le concentrazioni di polveri sottili erano più alte rispetto all'anno precedente nello stesso periodo abbiamo potuto dimostrare che le nostre analisi non erano sbagliate.

E le fabbriche? 

L'insieme di norme ha fatto sì che con tutti i controlli che noi facciamo nell'industria, l'impatto è molto più basso rispetto a quello che c'era 20-30 anni fa. Non solo, è molto minore rispetto alle sorgenti che abbiamo menzionato finora, perché il controllo è minore. Se un cittadino si chiede "chissà cosa fanno nelle fabbriche?" sappia che abbiamo dei sistemi in quelle più impattanti, come i sensori nei camini, per cui i dati vengono inviati direttamente alla centralina, che è continuamente controllata dagli ispettori di polizia giudiziaria. L'industria è molto più portata a rispettare questi limiti, perché rischia il sequestro degli stabilimenti.

È stato un bel risultato quindi poter mettere i sensori all'interno delle fabbriche…

Certo, ci abbiamo combattuto per anni. Non ci sono dappertutto, però in impianti importanti li abbiamo prescritti e credo che i cittadini debbano essere informati di ciò. Tante cose sono state fatte e altre se ne devono fare, ma non è neanche giusto che le persone pensino che non si stia facendo nulla. Spesso è opinione comune pensare che la qualità dell'aria in Pianura Padana sia peggiore che in altri posti.

Mi sento di dire questo: la cosa è talmente vera, che -come ente di ricerca- abbiamo realizzato la prima e unica pubblicazione scientifica ripresa dalla rivista scientifica Atmosphere. Nello studio siamo andati a prendere tutti i dati e a misurare lo strato di atmosfera, che permette di diluire il cocktail di inquinanti. Abbiamo visto che lo strato di  atmosfera su Torino è alto 1/5 di quello che c'è a Hessen (Germania) o in Polonia, che sono le zone considerate tra le più impattate d'Europa.

E quindi? 

Faccio un esempio. Se una persona fuma una sigaretta e lo fa in ascensore, sicuramente la persona accanto a un certo punto tossisce. Se invece la stessa persona si accende una sigaretta in una stanza cinque volte più grande chi è affianco non l'avverte, ciò che cambia è il grado di concentrazione. Con il nostro studio abbiamo dimostrato che, con tutte le misure che la politica sta mettendo in atto, non si riesce a superare il problema anche perché abbiamo una situazione più sfortunata dal punto di vista meteo-orografico: montagne, pianura e massa d'aria sopra che non permette di diluire gli inquinanti.

Ad oggi per dimostrare una situazione del genere ci sono grafici e dati, così che gli scienziati si sono convinti e hanno deciso di pubblicare il nostro studio.