Esibizionismo e narcisismo digitale: cosa nasconde chi si sovraespone sui social

Decine di foto di sé o video di comportamenti scorretti o pericolosi. La volontà di apparire sui social si manifesta in diversi modi ma quando diventa sovraesposizione, cioè una presenza eccessiva, pubblicare diventa una dipendenza. Potremmo chiamarlo narcisismo digitale ma spesso non ha a che fare con il disturbo clinico. Ecco cosa ne pensa lo psicologo.
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Evelyn Novello 6 Settembre 2023
Intervista a Dott. Federico Fortunato Psicologo e psicoterapeuta della clinica Santagostino

Lo stiamo vedendo. Alcune persone sui social sembra che si trovino nel loro ambiente naturale. Documentano continuamente ogni passo compiuto durante la giornata, ogni locale visitato, ogni persona incontrata e ogni panorama a cui assistono. Ma la volontà di apparire non si conclude qui. Soprattutto i più giovani usano i social media come strumento per emergere e, per far parlare di sé, si inventano bravate anche pericolose o illegali. Filmarsi mentre si guida in auto ad alta velocità, recarsi in posti molto alti e non protetti per scattarsi un selfie, girare video in situazioni intime per poi vantarsene pubblicamente. Questa mania, quel desiderio di essere costantemente presente sul web con i propri contenuti, potremmo chiamarlo narcisismo digitale. Ma chi lo attua ha davvero una personalità narcisista? Forse alcuni aspetti sono sovrapponibili a pensarci bene, ma per saperne di più abbiamo intervistato il dott. Federico Fortunato, psicologo e psicoterapeuta esperto in disturbi d'ansia e dell'umore.

Sovraesposizione sui social

Un dettaglio che dobbiamo tenere in considerazione è il feedback immediato che danno i social. Pubblico, ottengo like, e, in base a quanti ne accumulo, capisco in poco tempo se quel contenuto è apprezzato o meno. Se ha successo, sono portato a pubblicare altre foto o video di quel genere. Questo meccanismo, in persone fragili o bisognose di attenzioni, può innescare una vera e propria dipendenza.

"I social danno un riscontro positivo che può diventare nutrimento per l'autostima – spiega Fortunato – di per sé non è negativo ma se coinvolge una persona che non crede di avere un valore, questa sarà sempre più dipendente dagli altri. Questo comportamento chiaramente è inconscio, chi lo fa non è detto che sappia la vera ragione dei suoi gesti, ma sa che è un meccanismo immediato ed efficace per stare meglio con sé stesso. Non si tratta comunque di un valore costante nel tempo. Bisogna sempre continuare a pubblicare per avere rifornimenti quindi il rischio dei social è il fatto di doversi sempre mettere alla prova, come fare sempre un esame ed essere obbligati a prendere 30".

Esiste il narcisista digitale?

Ma quindi, possiamo parlare di narcisismo digitale? Il narcisismo è un disturbo della personalità patologico e chi ne soffre è continuamente in lotta tra due necessità: il bisogno di mantenere un’immagine di sé ideale e la ricerca costante di ricevere l'ammirazione degli altri. "L’esposizione social non sempre è collegata a un narcisismo clinico – precisa l'esperto – però possono esserci alcuni tratti comuni. Degli studi hanno rilevato, analizzando un campione di utenti che postava molte foto di sé e uno che non ne postava, che il gruppo che lo faceva aveva il 25% in più di tratti narcisistici rispetto all'altro campione. Io, in effetti, vedo delle caratteristiche che possono accomunare narcisista clinico e narcisista digitale, come l'atto del nascondersi. Come il primo tenta di nascondere una parte di sé, quella fragile e bisognosa di aiuto, così il secondo, di solito, mostra sui social solo la versione ideale di sé in cui ostenta i successi della propria vita".

Nell'atto del nascondersi, però, un narcisista clinico può fingere solo in parte, perché nella realtà ci sono molti elementi che parlano oltre alla voce: la gestualità, la prossemica, lo sguardo. Sui social, invece, può essere omesso molto di più. Nel web manca l'ambito autentico della relazione: si può accettare il riconoscimento positivo anche da chi non si conosce, non occorre instaurare forzatamente una relazione, così facendo il "narcisista digitale" può percepire gli altri solo come puro rifornimento di like. Ribadiamo, il narcisista patologico ha un disturbo della personalità conclamato che non è detto abbia chi si sovraespone sui social, ma "se una persona si trova bene in quel luogo qualche affinità con quel luogo ce l'ha. I social sono un ambiente le cui caratteristiche possono incontrare quelle di persone che hanno già tratti narcisistici" precisa lo psicologo.

narcisismo digitale

Conseguenze dell'iperconnesione

Il fatto di avere a portata di mano h24 device con connessione a internet ha portato all'assunzione di alcuni comportamenti simili a quelli dati dalle dipendenze. Il phubbing (da "phone" e "snubbing") è la tendenza a ignorare l'interlocutore che ci parla perché assorti e incollati a uno schermo. Il flusso continuo di contenuti dei social può alienare dalla realtà e farci immergere in un mondo alternativo. Un mondo in cui, per emergere, bisogna sempre superare il limite, altrimenti non si viene notati. A livello ideologico lo vediamo nella polarizzazione: vince la discussione chi propone un'opinione estrema, perché la pacatezza e la moderazione non pagano. E lo vediamo a livello comportamentale con ragazzini che pensano che raggiungere il successo sia un atto facile e immediato, basta postare un video che susciti clamore. Si tratta di un ambito in cui, mancando senso critico, studio e impegno, tutto sembra facile e veloce e trasmette all’utente la convinzione che nella vita si possa usare la stessa impulsività nel raggiungimento degli obiettivi.

A ben vedere, si può notare una doppia immediatezza: appena vedo un contenuto, cerco di ricrearlo, magari in modo anche più pericoloso, e, appena lo pubblico, pretendo subito un riconoscimento da parte degli altri utenti. Insomma, quando ho un bisogno lo voglio soddisfare subito. Se, come abbiamo detto, alla base ci può essere un carattere insicuro, " i like degli altri riscattano fragilità e insuccessi della vita reale – conclude Fortunato – per fare un'efficace sensibilizzazione su un uso responsabile dei social, bisogna innanzitutto valutare come si comporta quella persona nella vita reale, se ha un impoverimento delle relazioni sociali, perché è da segnali come quelli che poi possono scaturire comportamenti sbagliati".

Evidente che le persone insicure sono sempre esistite ma ora hanno un'occasione in più per mettere in atto alcuni comportamenti pericolosi. Ma il monito non deve essere solo risolto a chi lo fa, deve essere per chiunque frequenti i social perché incentivare con like o commenti contenuti chiaramente pericolosi o moralmente scorretti o inopportuni, non farà altro che alimentare la fame di autostima dell'autore che, ignaro dello conseguenze, pensa di aver trovato solo un modo sbrigativo per trovare un valore a sé stesso. Sulla pelle sua o degli altri.