Fondo sociale per il clima e carbon tax: le novità dell’accordo sul nuovo sistema Ets dell’Unione europea

Si tratta di un accordo ancora provvisorio, ma con importanti novità: l’istituzione di un Fondo sociale per il clima destinato anche all’aiuto nei confronti di famiglie in difficoltà a causa della crisi energetica e l’imposizione di una tassa sulle emissioni anche sui prodotti da importazione.
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Giulia Dallagiovanna 19 Dicembre 2022

È stato raggiunto l'accordo (provvisorio) sulla revisione del sistema Ets, l'Emissions Trading System, che dal 2005 impone un prezzo alle emissioni di CO2. In una serie di incontri, i rappresentanti degli Stati membri hanno discusso i nuovi connotati del mercato che prova a tradurre nella pratica il principio "chi inquina, paga": sarà più grande, includerà anche i trasporti via mare e via gomma, si occuperà dei riscaldamenti e applicherà una carbon tax ai prodotti di importazione. Ma la novità più importante è l'istituzione di un Fondo sociale per il clima allo scopo di sostenere i cittadini europei di fronte agli aumenti dei costi dell'energia. Alle prime ore del mattino di ieri è arrivato il via libera dai Ventisette.

Il Fondo sociale per il clima

Il Fondo sociale per il clima sarà uno strumento a disposizione dell'Unione europea e degli Stati membri. Gli 86 miliardi di euro che verranno stanziati dovranno consentire interventi strutturali e garantire, qualora necessario, aiuti diretti a famiglie e imprese. Per interventi strutturali si intendono, ad esempio, il miglioramento degli edifici, l'aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili e soluzioni che favoriscono la decarbonizzazione.

In ottica di potenziamento della mobilità sostenibile, inoltre, l'UE ha indicato esplicitamente "gli utenti dei trasporti pubblici" come potenziali beneficiari delle agevolazioni. In generale, otterranno il sostegno economico solo quelle misure e quegli investimenti che rispetteranno il principio di "non arrecare danni significativi" e, soprattutto, che avranno l'effetto di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili.

Il Fondo fa parte della strategia Fit for 55, il piano europeo di riduzione del 55% delle emissioni inquinanti entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Sarà avviato a partire dal 2026, con un primo finanziamento da 65 miliardi di euro, costituito prevalentemente da risorse dell'Unione europea con l'aggiunta di un cofinanziamento nazionale che dovrà coprire fino al 25%.

La carbon tax

Novità importante, su cui il Consiglio dell'Unione europea aveva già espresso la propria approvazione e che ora ha ricevuto l'ok anche dal Parlamento, è la cosiddetta "carbon tax". Più precisamente, si tratta del Carbon border adjustment mechanism (Cbam), che prevede di tassare le emissioni di CO2 dei prodotti da importazione di alcuni settori, con le stesse modalità già previste per le aziende europee. Lo scopo è quello di favorire una produzione sempre più sostenibile, ma anche di rendere più corretta la competizione tra prodotti interni e importati: quelli provenienti da Paesi dove le politiche in fatto di clima risultano meno stringenti, infatti, finivano per avere un prezzo molto inferiore rispetto a quelli europei. In questo, anche la delocalizzazione dovrebbe essere in parte scoraggiata.

Gli Stati membri hanno inoltre raggiunto un accordo su alcuni dettagli riguardanti la tassa. E qui arriviamo a un primo punto dolente: il passaggio avverrà gradualmente tra il 2026 e il 2034. Una scadenza già fissata è, però, quella del 2030, quando le industrie più grandi e il settore energetico dovranno dimostrare di aver ridotto le proprie emissioni del 62% rispetto a quelle del 2005. Oggi, sono circa al 43%.

Le emissioni delle navi

Anche le navi, e quindi le compagnie di navigazione, dovranno pagare per le emissioni di CO2, metano e protossido di azoto in Europa. Un'integrazione al sistema Ets che partirà dal 2026, mentre dall'anno successivo si prevede di realizzare quello del trasporto su strada e in seguito quello dedicato agli edifici. Vale a dire, un tassa sulle emissioni inquinanti dei sistemi di riscaldamento.

Sebbene l'idea alla base sia quella di tassare le aziende produttrici, appare abbastanza evidente che i costi dell'operazione rischino di ricadere anche su cittadini e consumatori. Un'eventualità che dovrebbe essere evitata.

L'accordo è ancora provvisorio, ma l'approvazione definitiva è attesa a breve.

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