Gli attacchi degli squali sono legati alla crisi climatica? L’esperta: “Tra i fattori in gioco c’è anche l’aumento delle temperature”

Nel 2023 ci sono stati 69 attacchi di squalo a livello globale, 10 dei quali fatali: un leggero aumento rispetto alla media annuale di 63 eventi e ai 57 registrati nel 2022. Tra i fattori che influenzano la vita e quindi il comportamento di questi predatori c’è anche la crisi climatica. L’aumento della temperatura delle acque, unito ad altri eventi, determina lo spostamento dei pesci di cui si cibano gli squali e la loro migrazione in altre zone del globo aumenta di fatto, la probabilità di incontri tra questi animali e l’uomo.
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Kevin Ben Alì Zinati 2 Luglio 2024
Intervista alla Prof.ssa Emanuela Fanelli Biologa marina dell’Università Politecnica delle Marche ad Ancona

Per diversi giorni, il nome della leggenda del surf Tamayo Perry è stato in cima alle pagine di cronaca di mezzo mondo, e non perché abbia cavalcato un'onda gigante. E nemmeno per una sua nuova apparizione televisiva, dopo quella in uno dei film del franchise dei «Pirati dei Caraibi». Il mondo ha parlato di Tamayo Perry perché sfortunatamente il 23 giungo 2024 è rimasto vittima di un attacco di squalo alle isole Hawaii. Aveva 49 anni.

Le Hawaii non sono nuovi a questi eventi: considera che solo nel 2023 le autorità isolane avevano confermato 8 attacchi e quello di Perry è il nono attacco mortale avvenuto negli ultimi 20 anni.

Nei giorni successivi, poi, il copione sfortunatamente si è (quasi) ripetuto. Nella Florida orientale un uomo ha riportato ferite gravissime all'avambraccio per le quali stava perdendo molto sangue e rischiava davvero di morire dissanguato. Ha perso il braccio e ha subìto pesanti danni all'anca ma è stato soccorso in tempo e, a quanto raccontano le autorità sanitarie, dovrebbe riprendersi.

Lo stesso giorno, a poche miglia di distanza, è toccato anche ad altre due ragazze, che sono state attaccate mentre erano in acqua, riportando ferite decisamente serie.

Secondo l’International Shark Attack File dell'Università della Florida, il più completo database sui morsi e le vittime di attacchi di squalo al mondo, in tutto il 2023 ci sarebbero stati 69 attacchi “non provocati dall’uomo” a livello globale, 10 dei quali fatali.

Un leggero aumento se si considera la media annuale di 63 attacchi non provocati: nel 2022 ne sono stati registrati 57, il numero più basso degli ultimi 10 anni. Le acque delle Hawaii e della Florida spesso sono il teatro di questi incidenti.

Questi episodi non ci hanno lasciati indifferenti. Prima di tutto ci siamo chiesti come bisogna leggere questi numeri: siamo davvero di fronte a un aumento di attacchi di squalo? Non solo.

Ogni giorno studiamo e monitoriamo l'evoluzione della crisi climatica e più volte ti abbiamo raccontato che uno dei suoi effetti è la rivoluzione della «geografia» a cui siamo abituati: da quella della malattie virali, trasportate dalle zanzare in luoghi dove prima non c'erano, a quella delle coltivazioni che necessariamente migrano alla ricerca di territori e climi più favorevoli fino all'inevitabile spostamento delle popolazioni marine, costrette a fare i conti con acque sempre più calde.

E allora, insieme alla professoressa Emanuela Fanelli, biologa marina dell’Università Politecnica delle Marche ad Ancona, abbiamo provato a capire se questa geografia rivoluzionata coinvolga anche gli squali. E se, insomma, esista un collegamento tra il climate change e gli incontri ravvicinati tra questi antichissimi e misteriosi predatori e l'uomo.

Professoressa Fanelli, gli attacchi di squalo stanno davvero diventano sempre più frequenti?  

Se prendiamo il dato assoluto del numero di attacchi riportato dal Global Shark Attack File, la curva sembra in netta crescita nel tempo, con addirittura un picco di 111 attacchi non provocati da un comportamento umano nel 2015. Questi numeri però vanno contestualizzati: mettendoli in rapporto con la popolazione globale, si vede che non c’è alcun aumento. Anzi, i dati ci indicano una decrescita. Ci sono poi dei fattori che contribuiscono a una maggior percezione di questo aumento. Per esempio oggi i casi di attacchi sono più documentati, c’è più turismo marino e il ping-pong social amplifica sicuramente il fenomeno. C’è però anche un altro dettaglio da sottolineare.

Cioè?

Noi non siamo e non saremo mai le prede preferite dei grandi squali. Questi animali preferiscono i mammiferi marini, che sono più soddisfacenti dal punto di vista nutrizionale. La strategia degli squali è chiara: si avvicinano a una potenziale preda e le danno un primo morso di prova per saggiarla e capire se è soddisfacente o meno. Purtroppo però quando capita a un essere umano, la situazione spesso degenera in fretta, anche perché se avviene al largo, spesso la vittima, se non soccorsa in tempi brevi, muore dissanguata. Ci tengo a dire che gli attacchi mortali sono pochissimi: su 50-60 attacchi non provocati all’anno, ce ne può essere uno fatale.

L’aumento delle temperature delle acque di mari e oceani come sta influenzando la vita, e quindi il comportamento degli squali?

Il cambiamento climatico, unito ad altre pressioni come l’overfishing (e la pesca accidentale così come lo shark finning il consumo alimentare di pinne di squalo, ndr), sta riducendo e cambiando la distribuzione dei pesci, che rappresentano una risorsa primaria non proprio dei predatori apicali ma delle loro prede, come le foche. Questa riduzione della disponibilità alimentare determina quindi la diminuzione di alcune specie di squali in alcune aree e una maggior presenza di altre. Questo fenomeno di spostamento delle popolazioni di animali marini, compresi gli squali, determina quindi una maggior probabilità di contatto con l’uomo.

La mappa degli attacchi di squalo nel 2023. Photo credit: Florida Museum.

Dove si stanno spostando gli squali, di preciso? 

Dipende dalla specie. Un recente studio dedicato al Carcharhinus leucas, specie di squalo che può raggiungere anche dimensioni consistenti e in grado di riprodursi molto sotto costa, spiega per esempio che l’aumento della temperatura ha determinato una maggior presenza di questa specie nelle aree estuarili, specie in Alabama. Altri studi si sono concentrati sull’aumento di osservazioni di squali sulle coste del New England notando che fenomeni di risalita di acque profonde ricche di nutrienti come azoto fosforo determinava una crescita di fitoplancton responsabile dell’attivazione della catena trofica marina: aumenta, lo zooplancton, poi i pesci, e segurie i loro consumatori come foche e i leoni marini e quindi gli squali.

Dopo quella delle malattie e delle coltivazioni, dobbiamo prepararci anche a una nuova geografia delle popolazioni marine, insomma.

Questo riguarda le specie che possono muoversi. Quelle bentoniche invece restano ancorate sul fondo e purtroppo muoiono. Stiamo assistendo a eventi di mortalità di massa, come lo sbiancamento dei coralli. Due anni fa, tra Alaska e Canada, le temperature altissime hanno causato morie massive di stelle marine e altre specie. Alle nostre latitudini abbiamo assistito a morie di cozze, coralli, gorgonie e spugne.

Vedremo più squali alle nostre latitudini?

La situazione nel Mediterraneo è abbastanza disastrosa. Abbiamo delle specie che sono già scomparse a livello locale come gli squali angelo, dichiarati localmente estinti nelle acque italiane. A livello generale si stanno riportando avvistamenti di verdesche, il famoso squalo azzurro, e di squali Mako, ma di nuovo potrebbero essere legati alla maggiore attenzione mediatica, all’uso dei social, perché in realtà si tratta di specie minacciate di estinzione. Infatti, in generale, il rapporto uomo-squalo è a parti inverse.

In che senso?

Gli attacchi di squalo non stanno aumentando e anzi, questi animali stanno diminuendo. Abbiamo una situazione tragica: il rischio di estinzione per gli squali attualmente è aumentato di quasi 18 volte dal 1980, con un terzo delle specie di squali e razze seriamente minacciate se non quasi a rischio di estinzione. E sì, la colpa è anche del cambiamento climatico. Nel tempo probabilmente avremo la scomparsa di specie legate alle acque fredde, come lo squalo bianco. Gli squali hanno una crescita molto lenta, raggiungono la maturità sessuale molto lentamente e danno vita a pochi cuccioli, rispetto ad esempio ai peci che producono da migliaia a milioni di uova: qualche specie arriva a 10, 15 o al massimo 40 cuccioli per ogni parto, ma niente di più. Tutte caratteristiche, insomma che li rendono specie poco resilienti e molto sensibili alle pressioni antropiche e ai cambiamenti.