Gli USA metteranno sul mercato milioni di barili di petrolio e di metri cubi di gas: i problemi per la transizione ecologica

Le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina rischiano di farci perdere di vista l’urgenza della transizione ecologica. Gli Stati Uniti metteranno sul mercato miliardi di metri cubi di gas e milioni di barili di petrolio nei prossimi mesi e anni. Fattori di politica interna ed estera alla base della decisione, che va nella direzione opposta a quanto raccomandato dalle istituzioni politiche e scientifiche a livello internazionale.
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Michele Mastandrea 1 Aprile 2022

Ormai sai benissimo che la guerra tra Russia e Ucraina non è solo un conflitto militare, ma anche uno scontro con grandi ripercussioni di politica energetica. Tra le conseguenze dell'invasione russa c'è anche la volontà dell'Unione Europea di rendersi indipendente dal gas di Mosca, per evitare di finanziare in futuro le azioni di governi come quello di Vladimir Putin.

Un tema che non è indifferente nemmeno agli Stati Uniti. Durante il suo recente viaggio nel Vecchio Continente, il presidente Joe Biden ha infatti firmato un accordo per fornire alla Ue fino a 50 miliardi di metri cubi di gas da qui al 2030. Indebolire la Russia e guadagnare risorse ingenti per il proprio bilancio: un doppio colpo non da poco per l'amministrazione americana. Che però non sembra accordarsi con l'imperativo della fuoriuscita dalle fonti fossili, richiesta a gran voce dalle istituzioni scientifiche del pianeta.

E sempre in chiave di contrasto alla Russia va letta la decisione dello stesso Biden di sbloccare 180 milioni di barili di petrolio dall'Us Strategic Petroleum Riserve. Si tratta dell'ente statunitense che conserva riserve necessarie a fare fronte a improvvise carenze di forniture. Una decisione utile a far abbassare il prezzo del petrolio, aumentando l'offerta rispetto alla domanda. Gli Stati Uniti piazzeranno così sul mercato, da qui ai prossimi sei mesi, un milione di barili al giorno. "Serviranno come ponte sino alla fine dell'anno, quando la produzione domestica aumenterà", ha spiegato l'inquilino della Casa Bianca.

Il senso della decisione del presidente statunitense è rispondere all'Opec, l'associazione internazionale che raggruppa i principali Paesi produttori di petrolio, in cui la Russia gioca un ruolo importante. L'Opec ha infatti deciso nella sua ultima riunione di aumentare pochissimo la produzione giornaliera, proprio per fare pagare di più il greggio agli acquirenti. L'azione di Biden ha avuto il risultato che sperava: sui mercati il prezzo del petrolio si è già abbassato. Ma è difficile considerarla una buona notizia, se pensiamo al fatto che i combustibili fossili non dovrebbero essere resi svantaggiosi in termini economici.

Ma non si tratta solo di politica estera. A spaventare Biden sono i possibili rincari dei carburanti, un tema molto sentito storicamente negli Stati Uniti. Spesso il controllo dell'inflazione è stato decisivo per vincere le elezioni, come quelle di MidTerm previste a novembre. Elezioni che, se perse, potrebbero paralizzare l'azione di Biden da lì alla fine del suo mandato nel 2024.

La mossa di Biden tradisce dunque una visione dei rapporti tra politica ed energia molto vecchia. E soprattutto, inadeguata alle necessità della transizione energetica, per la quale i mercati dovrebbero contare meno della salvaguardia del pianeta. Gli Usa, nei fatti, venderanno quantità enormi di gas e inseriranno sul mercato milioni di barili di petrolio proprio nelle settimane in cui il presidente dell'Onu Antonio Guterres stigmatizzava duramente l'utilizzo ulteriore dei combustibili fossili.

Si dirà che è emergenza, che la situazione attuale non ci permette di fare altrimenti. Ma è proprio rinviare costantemente, per un motivo e per l'altro, che ha portato il pianeta a rischi enormi per la sua sopravvivenza.Come raccontano anche gli scienziati dell'Ipcc nei loro periodici report sullo stato sul pianeta. Del resto, un recente studio di Ember ti ha mostrato come gli investimenti nelle rinnovabili potrebbero essere in grado di farci rimanere nell'ambito degli Accordi di Parigi.

A far la differenza è la volontà politica, spiegano gli analisti del think tank indipendente. E allora rimane inconcepibile, piuttosto che misurare l'azione politica in vista delle prossime elezioni e degli obiettivi geopolitici, non avere coraggio e provare a invertire la rotta. Magari eliminando tutti i sussidi alle fonti fossili ancora esistenti, oppure utilizzando gli 80 miliardi di extra-profitti delle aziende energetiche Usa, menzionati dallo stesso Biden, per progetti su larga scala di transizione alle rinnovabili. Come dicono anche gli attivisti dei Fridays for Future, anche quella dei combustibili fossili è una guerra contro il pianeta. Perchè reputarla meno importante di un'altra?