Il decreto Caivano è legge, ma risolverà davvero il problema delle baby gang?

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Anche la Camera ha detto sì al decreto Caivano, varato dal governo di Giorgia Meloni per contrastare la crescente criminalità minorile, come dimostra il fenomeno delle baby gang. Dal daspo a chi ha più di 14 anni al contrasto agli episodi di violenza, diverse le misure previste, ma saranno davvero efficaci?
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Maria Teresa Gasbarrone 8 Novembre 2023

Con il voto a favore anche della Camera, il decreto Caivano è legge. Il governo lo aveva varato per contrastare il fenomeno delle baby gang, la criminalità e il disagio giovanili, in seguito ai terribili fatti di cronaca avvenuti nel comune campano: lo stupro di gruppo da parte di alcuni minorenni su due bambine di 10 e 12 anni.

Si tratta di un pacchetto di misure piuttosto eterogeneo che coprono materie diverse, dalla situazione di degrado di Caivano, alla dispersione scolastica, al fenomeno delle "baby-gang", passando per lo spaccio di droga e altre tematiche che interessano i giovanissimi.

Anche se, almeno nelle parole della premier Giorgia Meloni, questo insieme di misure avrebbe dovuto avere un "intento preventivo, ma non repressivo", diversi sono stati i dubbi e le critiche sollevate da più parti sull'effettiva efficacia educativa di misure punitive come quelle previste dal decreto.

Già in occasione dell'emanazione del decreto, Ohga ha intervistato Marco Dugato, criminologo e ricercatore presso il Centro Transcrime, polo di ricerca interuniversitario su criminalità e innovazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Alma Mater Studiorum Università di Bologna e Università degli Studi di Perugia.

Le misure per i minorenni

Al fine di aumentare il livello di sicurezza pubblica e di rafforzare la tutela di alcuni ‘luoghi-chiave' del contesto urbano e della vita comunitaria, il decreto prevede il "Daspo urbano" – in termini tecnici (D.A.C.U.R.) -, anche per i minori ultra quattordicenni. Nello specifico, si elimina "la procedura di convalida da parte dell’autorità giudiziaria per l’ipotesi “aggravata” di misura del divieto di accesso a determinati luoghi a tutela del decoro urbano e della sicurezza (D.A.C.U.R.)" e si  afferma l'applicabilità della misura di prevenzione anche ai minorenni ultraquattordicenni.

Stretta contro le baby gang

Per quanto riguarda i minorenni "responsabili di violenza" di età compresa tra i 14 e i 18 anni il decreto ha stabilito il divieto di utilizzare alcuni strumenti potenzialmente pericolosi, compresi strumenti informatici e telefoni cellulari.

L'ammonimento del questore viene esteso anche a giovani di età tra i 12 e i 14 anni, per condotte più gravi, per le quali inoltre si prevede una sanzione pecuniaria per il soggetto tenuto, nei confronti del minore, alla sorveglianza o all'assolvimento degli obblighi formativi.

Quanto alla custodia cautelare, si abbassa da 9 a 6 anni la soglia che consente di applicare la misura detentiva e si amplia il catalogo di reati per i quali è applicabile la misura carceraria.

Nessuna attenzione alla salute mentale

C'è però in queste misure un evidente assente: qualsiasi riferimento alla salute mentale dei ragazzi. Eppure, "alla radice di molti degli episodi criminali commessi dai giovanissimi – spiega Dugato – c'è un forte e inascoltato disagio mentale".

“Il decreto Caivano – prosegue il criminologo – contiene diversi punti, anche molto eterogenei tra loro, ma certo è che è stato pensato per agire sul piano del controllo, piuttosto che sulla prevenzione. Le misure previste sono pensate infatti per essere applicate a fatto compiuto, non prima, per impedirlo".

Sul valore educativo di queste misure, Dugato spiega come "da un punto di vista più puramente criminologico, l’inasprimento delle pene difficilmente ha portato alla riduzione dei reati. Questo è ancora più vero per i ragazzi: bisogna tener presente che la maggior parte non ha contezza delle loro azioni, né tanto meno delle loro conseguenze. Ecco, perché aumentare le pene, senza un lavoro profondo di comprensione delle cause del fenomeno della delinquenza giovanile potrebbe non raggiungere l’obiettivo della riduzione dei reati".

Fonte | Senato della Repubblica;