Il Kendo, l’arte marziale giapponese che eredita dai samurai il combattimento con la spada

Il Kendo, o “via della spada”, è un’arte marziale che ha le sue origini nel paese del Sol Levante. Si combatte con una spada di bambù e indossando un’armatura leggera che protegge corpo e testa.
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Gaia Cortese 9 Aprile 2023

Il kendo è un’arte marziale giapponese, derivante dall’antica scherma dei samurai. Il termine kendo significa, infatti, “via della spada”, dove “ken”  è tradotto come spada e “do” come via. Il kendo però si pratica utilizzando lo shinai, un bastone formato da quattro canne di bambù, usato in sostituzione dell'antica spada, o katana.

Il kendo è uno sport che disciplina il carattere attraverso le regole della spada. Questa arte marziale, infatti, porta con sé i principi della filosofia antica del combattimento, l’accettazione di una vittoria come di una sconfitta, la giustizia, la correttezza e la saggezza: chi pratica kendo deve sempre tenere conto di questi aspetti.

Insomma, il kendo richiede un allenamento fisico intenso, ma anche una preparazione mentale e spirituale basata sul rispetto, sull’etichetta e sulla disciplina.

Origini e storia del Kendo

Il kendo giapponese fonda le sue origini nelle più antiche tecniche di combattimento con la spada che, per come la intendiamo noi, la troviamo nell’era medievale, in pieno periodo Heian (794 – 1185 d.C.) con il nome nohon-to. La spada era anche un simbolo per il popolo giapponese e aveva anche un significato per il buddismo Zen, tant’è che in numerose scuole zen, venivano proprio impartite lezioni di combattimento con questa arma.

Nel successivo periodo Edo (1603-1867 d.C.), un’epoca tutto sommato di grande pace, la classe guerriera assume il comando del paese. In questo periodo la spada acquista un valore ancora più simbolico per il popolo e da qui iniziano ad essere impartiti nuovi metodi di insegnamento e di allenamento del kendo, che vedono il definitivo passaggio alla spada di bambù e a un’armatura più leggera, i cosiddetti antenati dell'attrezzatura del kendo moderno.

Agli inizi del Novecento il kendo è ormai molto popolare nel Paese del Sol Levante, ma dopo la Seconda Guerra Mondiale questa disciplina sportiva viene proibita in tutta la nazione dal governo americano di occupazione, seppure continui ad essere insegnata segretamente.

A partire dal 1952 il kendo viene reintrodotto ufficialmente, con l'eliminazione di alcuni aspetti particolarmente marziali della disciplina, ma ciò nonostante, non si perdono i principi di autodisciplina e del rispetto reciproco.

Oggi il kendo unisce gli aspetti più tradizionali con quelli più sportivi. Non è una disciplina olimpica, ma procede nel suo sviluppo sotto la guida della Federazione Giapponese (All Japan Kendo Federation) e delle Federazioni di tutto il mondo. In Italia la federazione di riferimento è la Confederazione Italiana Kendo

Principi fondamentali e regole

Principi

I principi fondamentali del kendo sono stati definiti da due documenti pubblicati il 20 marzo 1975 dalla All Japan Kendo Federation (AJKF). Nella pratica il kendo si pratica in un dojo o in uno shiai-jo (campo da gara), dove i due soggetti si affrontano con lo shinai cercando di colpire quattro parti del corpo protette dal bogu (armatura): la testa (men), il polso (kote), il torace (do) e la gola (tsuki).

Regole

L'area in cui si svolge il combattimento (shiajo) di kendo ha forma quadrata e misura da 9 a 11 metri; al centro di questo quadrato è disegnata una X che rappresenta il punto centrale dell’area di gara, a distanza di circa 1.40 m da quest’ultima sono invece disegnate due strisce parallele (kaishi-sen) che rappresentano il punto su cui si posizioneranno i combattenti e da cui avrà inizio e fine l’incontro.

Il combattente che esce da questo quadrato o lo lascia completamente subisce fallo (hansoku). All'inizio della sfida i due combattenti ricevono un nastro identificativo (rosso o bianco) che viene attaccato alla schiena durante il combattimento. Ogni nastro indica un lato del campo per iniziare il combattimento. In questo modo, il combattente con il nastro rosso inizia il combattimento posizionandosi alla destra del giudice e il combattente con il nastro bianco inizia alla sua sinistra.

Lo scontro è arbitrato da tre arbitri (shimpan): l'arbitro principale e altri due arbitri. Questi tre sono posizionati formando un triangolo, per poter seguire tutti gli angoli del combattimento.

Una sfida di kendo si vince al meglio delle tre riprese, dove ciascuna ripresa dura dai tre ai cinque minuti. Il primo tra i due che effettua due punti (ippon) validi, o che ne avrà realizzato almeno uno all’interno del tempo limite, sarà decretato vincitore.

Benefici

La pratica di un'arte marziale come il kendo assicura molteplici benefici. Un paio di allenamenti settimanali aiutano indubbiamente a mantenersi in una buona forma, ma è soprattutto l'aspetto più caratteriale e spirituale che fa la differenza tra chi pratica kendo e chi no.

La pratica di questa antica arte di combattimento ha nel rafforzamento dello spirito uno degli obiettivi fondamentali. Migliora la coordinazione, la prontezza dei movimenti e l'agilità, ma allena anche la concentrazione e aiuta ad alleviare lo stress accumulato.