Il nuovo record di concentrazione di CO2 nell’aria è l’ennesima prova di cosa stiamo facendo al Pianeta

Superate le 420 parti per milione, un altro indicatore di quanto sia grave la crisi climatica e ambientale causata dall’uomo.
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Gianluca Cedolin 12 Aprile 2021

L'Osservatorio di Mauna Loa, alle Hawaii, che da quasi settant'anni monitora il livello di anidride carbonica (CO2) nell'aria, lo scorso 3 aprile ha rilevato una concentrazione record di 421,21 parti per milione (ppm). Si tratta della prima volta di sempre in cui si superano le 420 ppm, un ennesimo campanello d'allarme di un trend in fase ascendente purtroppo sin dalla rivoluzione industriale. Da quando abbiamo iniziato con la combustione delle fonti energetiche fossili, per i trasporti, per l'industria, per scaldare le case e produrre energia, la concentrazione di CO2 nell'aria non ha fatto altro che aumentare.

Ci sono i numeri, chiari, incontrovertibili, che dimostrano come siamo noi i responsabili. Negli anni '50, quando l'osservatorio hawaiano ha iniziato a misurare, c'erano circa 315 ppm di CO2. All'inizio dell'era industriale, invece, verso il 1870, erano 278 le parti per milione. I livelli odierni sono i primi responsabili della crisi climatica che minaccia l'esistenza nostra e del nostro pianeta.

Una buona parte dell'anidride carbonica (e di altre sostanze nocive come metano e il protossido di azoto) generata dall'azione umana rimane nell'atmosfera, provocando l'effetto serra. Un fenomeno importante per scaldare il pianeta, ma che su questa scala sta causando un eccessivo riscaldamento globale. Una parte dell'anidride carbonica viene assorbita dagli oceani, dando origine al problematico fenomeno dell'acidificazione delle acque mondiali. Aggiungiamo la massiccia deforestazione, che non permette di assorbire CO2 e ne genera lei stessa di nuova, ed ecco spiegato il continuo aumento delle temperature, per il quale l'unica soluzione rimane un taglio deciso e immediato ai combustibili fossili.