Il riscaldamento globale sta mettendo in serio pericolo l’Umanità: lo dice la bozza del nuovo report dell’Ipcc

L’Agenzia di stampa francese ha diffuso una versione “riservata” e non definitiva del documento, che sarà pronto per febbraio 2022. Secondo gli scienziati saremmo destinati a superare i +2°C portando circa 410 milioni di persone in più a rischio di scarsità d’acqua a causa di gravi siccità ed esponendo oltre 400 milioni di persone in più a ondate di caldo estremo.
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Kevin Ben Alì Zinati 24 Giugno 2021

Ci siete tu e i tuoi figli. Ci siamo noi. Ci sono gli animali e tutto il mondo vegetale. Nella sfida al cambiamento climatico, insomma, a rischio c'è la vita sulla Terra: nel modo più reale e concreto che tu possa immaginare.

E ad oggi non siamo messi molto bene.

Se non rispetteremo l’Accordo di Parigi sul clima e non conterremo il riscaldamento globale entro +1,5°C che la scienza ci ha indicato come soglia limite, innescheremo conseguenze drammatiche e irreversibili per il Pianeta e per l’Umanità.

Il punto, però, è che siamo lanciatissimi nella direzione opposta, verso un aumento delle temperature ancora più grande e vicino ai +3°C.

I toni allarmistici arrivano dalla bozza del nuovo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (l’Ipcc) diffuso dall’Afp. Un documento che nasce per influenzare le decisioni politiche mondiali e che dovrebbe vedere la luce ufficialmente “solo” nel febbraio 2022.

È una bozza

Quando ti parlo di Ipcc mi riferisco al Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, un organo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite istituito per rendere conto dell’emergenza climatica.

I suoi report descrivono la situazione nel modo più aggiornato possibile e contengono dati, previsioni e scenari necessari per orientare le politiche climatiche internazionali.

Come puoi immaginare, il “leak” della bozza del rapporto non è piaciuto. L’Ipcc ha fatto sapere che tali bozze vengono fornite ai governi e ai revisori “come documenti di lavoro riservati e non devono essere distribuite, citate o citate pubblicamente. Questo per rispetto degli autori e per dare loro il tempo e lo spazio per finire di scrivere prima di rendere pubblico il lavoro”.

Per questo, il Gruppo intergovernativo ha deciso per il no-comment sui contenuti mentre i lavori sono ancora in corso.

È chiaro dunque che tutto ciò che è stato riportato e che ti riassumerò qui di seguito non può essere preso come “verità” o come informazione ufficiale. Bozza è e, per ora, bozza rimane.

Il climate change è già tra noi

Il primo punto su cui batte la bozza del rapporto è una triste presa di coscienza: il cambiamento climatico è già realtà.

Con l’accordo di Parigi, ratificato nel 2015, quasi 200 paesi si sono impegnati per limitare le proprie emissioni inquinanti al fine di contenere il riscaldamento sotto i +2°C. Anzi: l’obiettivo era rimanere entro i +1,5°C.

Secondo i modelli realizzati all’epoca, seguendo questa strada non avremmo visto cambiamenti climatici capaci di modificare la Terra prima del 2100.

Il climate change però, come il tempo, corre sempre più veloce di quanto pensiamo. Gli scienziati, infatti, avrebbero calcolato che ad oggi le temperature globali sarebbero cresciute di 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali.

Un aumento che, di fatto, certifica come il clima stia già cambiando. Portando con sé già molti effetti sulle nostre vite.

Non solo. La bozza del rapporto dell’Ipcc avrebbe lanciato anche uno sguardo indietro, verso la famosa soglia dei +1,5°C, considerandola praticamente "inadeguata". Anche un aumento di un grado e mezzo, scrivono gli scienziati, potrebbe comunque alterare pesantemente le condizioni di vita sulla Terra insieme alle nostre capacità di adattamento.

Mezzo grado in più

Secondo la bozza, inoltre, in questa corsa con il climate change staremmo andando veloci ma nella direzione sbagliata. Nel senso che le soglie che ti ho raccontato siamo destinati a lasciarcele ben distaccate alle spalle dal momento che puntiamo dritti verso +3°C.

Il problema però è che non siamo pronti nemmeno per affrontare lo scenario leggermente meno spaventoso di mezzo grado in più rispetto al +1,5°C.

Pensa che a +2° decine di milioni di persone in più rischiano di affrontare la fame cronica entro il 2050 e che nel giro di una decina d’anni 130 milioni di persone in più rispetto ad oggi potrebbero vivere in condizioni di povertà estrema.

Nel 2050, poi, le città costiere e le sue centinaia di migliaia di persone rischieranno inondazioni e maree mortali a causa dell'innalzamento del livello degli oceani e dei mari.

Circa 410 milioni di persone in più che vivono nei centri urbani rischieranno la scarsità d'acqua a causa di gravi siccità e quasi 420 milioni di persone in più saranno esposte a ondate di caldo estremo.

E poi, una volta superato il “punto di non ritorno” lo scioglimento delle calotte glaciali della Groenlandia e all’Antartico occidentale potrebbe gettare negli oceani abbastanza acqua da farli innalzare di 13 metri.

In uno scenario simile, avverte la bozza, le attuali capacità di adattamento che possediamo sono totalmente inadeguati per rispondere ai rischi climatici.

La vita sulla Terra, si legge nel documento, può riprendersi dai grandi cambiamenti climatici evolvendosi in nuove specie e creando nuovi ecosistemi. L’umanità, invece, non può.

Cosa fare?

Nonostante i toni allarmistici e gli scenari poco rassicuranti, nella bozza ci sarebbe spazio anche per possibili soluzioni, da mettere in campo subito. Gli esperti lo chiamano “cambiamento trasformativo": un processo che in sostanza ridefinisca il nostro modo di vivere e interagire con il Pianeta.

Le azioni riguardano per esempio la conservazione e il ripristino dei cosiddetti “ecosistemi del carbonio blu”, ovvero gli ecosistemi costieri e marini in grado di stoccarlo, come le foreste di alghe e mangrovie.

Che, in più, proteggono anche dalle mareggiate e forniscono habitat naturali, mezzi di sussistenza costieri e sicurezza alimentare.

Il documento si concentra anche sulle diete a base vegetale, sulla costante necessità di dare sempre meno spazio agli allevamenti intensivi per ridurre le emissioni legate al cibo e sull’urgenza di spingere forte sulle fonti di energia rinnovabili.

Ciò di cui abbiamo bisogno, e in fretta, è dunque un cambiamento trasformazionale che operi su processi e comportamenti a tutti i livelli: individuo, comunità, imprese, istituzioni e governi.