Norvegia, si trivellerà per la ricerca del petrolio nell’Artico: Greenpeace perde la battaglia

La Corte Suprema norvegese ha rigettato la richiesta di Greenpeace di annullare una serie di nuove licenze per la trivellazione nel mare di Barents. Per l’organizzazione ambientalista si rischia di provocare seri danni all’ecosistema artico e di alterare un equilibrio naturale estremamente fragile.
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Federico Turrisi 24 Dicembre 2020

Duro ko per chi si batte in favore della conservazione della natura: la Norvegia potrà condurre le sue indagini esplorative nell'Artico per cercare nuovi giacimenti petroliferi.

Con 11 voti contro 4, la Corte suprema norvegese, riunita in sessione plenaria, ha infatti respinto il 22 dicembre il procedimento intentato da Greenpeace e da altre associazioni ambientaliste contro il Ministero del petrolio e dell'energia per chiedere l'annullamento di una serie di licenze assegnate a compagnie petrolifere nel 2016 per la trivellazione nel mare di Barents (la porzione del mar Glaciale Artico localizzata a nord della Norvegia). Il nodo principale della questione riguardava la possibile violazione dell'articolo della Costituzione norvegese che stabilisce il diritto a vivere in un ambiente salubre.

Il ministro del petrolio e dell'energia norvegese Tina Bru ha espresso soddisfazione per la decisione dei giudici. Per gli ambientalisti invece in questa battaglia legale non ci sono vincitori, ma solo vinti. Autorizzare le esplorazioni nella regione artica è una sconfitta per tutti e avrà ripercussioni in futuro sul fragile ecosistema artico. "Fa davvero male al cuore – ha affermato Frode Pleym, responsabile di Greenpeace Norvegia – , e non perché abbiamo perso, ma per le conseguenze che ci troveremo a pagare".

Per quanto sia all'avanguardia in settori come la mobilità elettrica e l'approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili, la Norvegia non riesce ancora a separarsi dai combustibili fossili (gas naturale e petrolio). L'attività di estrazione di idrocarburi non contribuisce certo a ridurre le emissioni di gas serra e mette a rischio il raggiungimento degli obiettivi climatici fissati con l'Accordo di Parigi del 2015. Ancora una volta, invece, sulla tutela dell'ambiente hanno prevalso le ragioni economiche.